La Camera dei Deputati ha approvato una normativa che introduce nel Paese il reato di “propaganda fascista” laddove chiunque esponga o faccia uso di simboli, manifesti, slogan o altro facenti riferimento all’armamentario razzista, xenofobo e di suprematismo politico e antisociale del fascismo e del nazionalsocialismo.
Hanno votato contro le destre, il Movimento 5 Stelle e i verdiniani.
Per la verità questa materia di legiferazione doveva già essere implicita nella condanna costituzionale che ha oltre settanta anni, laddove ci si dichiara Paese antifascista, laddove si fa esplicito divieto alla ricostituzione “sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”.
Ma la verità soccombe davanti all’evidenza: i rigurgiti neofascisti avanzano, la propaganda che si rifà al ventennio più nefasto per l’Italia torna in auge supportata da qualche movimento che non nega di avere come riferimento Mussolini e il fascismo.
Si va, dunque a monte, si sciolgono questi movimenti, si fa cultura nelle scuole e si insegna per davvero cosa è stato il fascismo per l’Italia.
Non mancavano le leggi, non c’era nessuna “vacatio legis” da coprire. La vera “vacatio” è l’analfabetismo politico e civico di ritorno, quindi storico: perché molto poco si conosce, con l’avanzare degli anni e con le generazioni nuovi che emergono, la storia d’Italia, soprattutto quella recente, di mezzo e più secolo fa. Ci si ferma alla Prima guerra mondale. Tutto il resto è opinabile.
E quando non si conosce, è fin troppo facile scendere sul terreno di semplificazioni e di revisionismi di fatti che non hanno la necessità di essere provati ma solo di essere appresi.
Il bisogno di una legge simile, seppure meritoria, ci dice che il dramma che viviamo è la dimenticanza, l’oblio, la non conoscenza, l’ignoranza. Un popolo ignorante va incontro a catastrofi inimmaginabili.
(m.s.)
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