L’esplosione che ha colpito il porto di Beirut ha suscitato enorme impressione sia in chi ne è stato testimone a distanza di sicurezza, sia nella moltitudine di persone che hanno vissuto la scena attraverso i media. Il fungo di polvere, fumo e fango,terribilmente somigliante a quello atomico di Hiroshima, la devastazione delle abitazioni circostanti, gli incendi, le vittime, le richieste di aiuto provenienti dalle persone rimaste sepolte sotto le macerie hanno scosso tutti profondamente.
Come se già non bastasse, questa catastrofe si sovrappone ad un’altra già presente, dovuta alle conseguenze sulla popolazione della profonda crisi economico-sociale in cui versa da tempo il Paese dei Cedri. Il Libano è di fatto in default tecnico (non essendo riuscito a pagare l’ultima rata del debito che ammontava ad oltre un miliardo di dollari) con il conseguente corredo di ripercussioni: crollo della moneta (un dollaro che a febbraio veniva cambiato a 1500 lire libanesi adesso, al mercato nero, lo è a 9-10 mila lire), impoverimento generale della popolazione, di cui la liquefazione del ceto medio vera forza stabilizzante il Paese negli ultimi decenni è prova, tasso delle persone che vivono sotto la soglia di povertà che si avvicina e pericolosamente al 50%.
Per non parlare delle miserevoli condizioni in cui vive oltre un milione di rifugiati siriani, molti di loro presenti in Libano fin dall’inizio della guerra (2011), privi di documenti perché mai riconosciuti dallo Stato libanese, sottoposti ad ogni tipo di ricatto sia dalle forze di polizia, sia dai datori di lavoro ai quali sono legati da rapporti di tipo simil- schiavistico. Infine, la pandemia dovuta al Covid-19 ha fatto crollare, a causa del lockdown, quella parte di economia informale che permetteva ai settori più poveri della società libanese e ai rifugiati siriani di sopravvivere, fornendo così nuovo combustibile alle grandi manifestazioni popolari che avevano invaso le piazze di Beirut con la richiesta di lavoro e delle dimissioni di una delle classi politiche più corrotte a livello mondiale. Purtroppo senza esito.
Centinaia sono i morti e migliaia i feriti causati dall’esplosione al porto che ha precipitato la città nel caos e messo in ginocchio la sanità libanese facendo emergere la necessità di aiuti rapidi ed efficienti. Nel corso di un colloquio avuto da chi scrive un paio di giorni fa col segretario del ministero della Sanità libanese emergeva come la fase di emergenza sia ormai quasi alle spalle, grazie all’aiuto tempestivamente giunto da paesi dell’area (Turchia, Stati del Golfo), mentre permangono critiche le condizioni in cui si trovano gli ospedali pubblici (già falcidiati dalla politica neoliberista seguita per anni dal governo a vantaggio della sanità privata – ci ricorda qualcosa? ndr) a causa delle distruzioni provocate dalla esplosione. Essendo ormai a corto di materiali per le sale operatorie, di presidi igienici, di farmaci, di apparecchiature mediche ed incapaci di far fronte alla normale routine. Situazione ancor più grave, aggiungeva il dr. Muhammad, qualora si pensa alla prossima, futura emergenza rappresentata della sicura recrudescenza della infezione da coronavirus per il verificarsi dell’impossibilità di mantenere , a causa della tragedia, le misure di protezione necessarie .
In questo tragico contesto MEDITERRANEAN HOPE, programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane (FCEI) – che insieme alla Comunità di S. Egidio ed alla Tavola Valdese fin dal 2016 ha dato vita al progetto dei Corridoi Umanitari che ha trasferito finora in Italia circa due mila rifugiati siriani e che anima un progetto di aiuto sanitario (Medical Hope) – lancia un appello, attraverso la FCEI, per una raccolta di fondi diretti ad alleviare le sofferenze del popolo libanese. I fondi raccolti sarebbero gestiti in loco da Mediterranean Hope e sarebbero destinati:
– a finanziare un intervento sanitario seguendo la lista di priorità per la sanità pubblica che il segretario del ministro ci ha fatto pervenire (acquisto di sistemi di protezione individuale, di sanificazione e sterilizzazione, di materiale sanitario, di pezzi di ricambio di apparecchiature medicali, farmaci), da realizzare attraverso il progetto Medical Hope;
– ad assicurare un supporto economico a favore di famiglie in forte difficoltà;
– a sostenere gruppi locali che assicurano la distribuzione di pasti nei quartieri poveri;
– a sostenere singoli o famiglie che a causa dell’esplosione hanno perso la propria abitazione e si trovano adesso nella condizione di homeless;
I fondi saranno raccolti sia sul conto FCEI tramite bonifico con la seguente causale “Sottoscrizione Beirut”, sia tramite PayPal con carta di credito.
BONIFICO BANCARIO o PayPal
Intestatario conto: Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – Via Firenze, 38, 00184 Roma.
BANCA UNICREDIT, IBAN : IT 26 X 02008 05203 000104203419.
Luciano Griso, responsabile Medico Mediterranean Hope