Andrea Scanzi e il voto inutile ad Unione Popolare

«Uno degli antichi vezzi della sinistra è quello di farsi ogni volta il partitino più duropurista di tutti. Succede ad ogni elezione. Il risultato è sempre lo stesso, a...
Andrea Scanzi

L’immagine del post di Scanzi su Facebook

«Uno degli antichi vezzi della sinistra è quello di farsi ogni volta il partitino più duropurista di tutti.
Succede ad ogni elezione.
Il risultato è sempre lo stesso, a prescindere dal nome (Potere al popolo, Unione Popolare, Forza Eskimo), dai leader e dalle (tante) belle persone che ci stanno dentro: il partitino non raggiunge MAI il quorum.
Ovviamente è successo anche stavolta: De Magistris aveva zero chance, infatti ha preso l’1.4% o giù di lì.
Questo tipo di voto, e di approccio al voto, ha un nome preciso: si chiama “vellleitarismo”.
Ognuno vota chi vuole, e ci mancherebbe, ma quell’1.4% è tecnicamente un voto buttato via. Non porta a nulla in termini concreti, e se quell’1.4% fosse andato a Fratoianni o Conte (i partiti meno distanti da Unione Popolare), avremmo avuto anche solo due o tre parlamentari di sinistra in più. E invece niente.
Siete contenti così, duropuristi? Ogni volta dovete fare per forza questa gara a chi ce l’ha più lungo, anzi meno corto?
A me, il vostro comportamento, sembra infantilismo cronico. E in tutta onestà, con la Meloni oltre il 26, certi comportamenti da asilo nido avrebbero anche un po’ rotto i coglioni».

ANDREA SCANZI
da Facebook


Così scrive un giornalista che, vera, rara eccezione sul panorama della politica italiana (e non solo), ascolto sempre con grande piacere. Perché non è mai banale, sempre molto diretto nell’esprimere le sue opinioni e pungente, sagace, tremendamente sardonico e caustico nel proporsi come commentatore di quasi un po’ tutto: calcio, tennis, musica, politica, attualità, gossip.

Nonostante un mio mentore impossibile come Carmelo Bene affermasse che «ogni tuttologia è cazzata», assolvo Andrea Scanzi da questo anatema di CB, eppure non posso questa volta non criticarlo e stigmatizzarne i concetti.

Il Nostro sostiene che il voto dato ad Unione Popolare sarebbe un voto dato ad una formazione affetta da “duropurismo“, “infantilismo cronico“. Però, poche battute di tastiera prima, mette avanti una excusatio non petita: «Ognuno vota chi vuole, e ci mancherebbe, ma…». Ecco, quando fa capolino quella congiunzione avversativa si finisce sempre con lo smentire apertamente, dietro un velo di dissimulazione facile da scoprire, la presunta buona fede che si invocava nella proposizione principale.

E’ simile, fatte ovviamente le debite eccezioni, alle affermazioni dei razzisti da strada, da bar e da autobus; di quei comportamenti lessicali che esprimono con nettezza ciò che si pensa per davvero e che si tenta di mascherare da epifenomeno di un inconscio peraltro veramente malcelabile: «Io non sono razzista, ma…» e di seguito una sequela di pregiudizi e di prevenzioni che fanno da perfetto contorno al piatto freddo dell’ignoranza.

Non è una colpa, ma finisce col divenirlo se non ci si accorge delle schiocchezze che si dicono, magari mentre nel Mediterraneo sono affondati i barconi che trasportavano donne incinta, bambini, anziani, insomma chiunque cercasse una speranza di esistenza dignitosa altrove rispetto ai loro paesi che mai, veramente mai si abbandonano felicemente. A patto che non vi sia una miseria endemica e strutturale o le guerre a dominarne la scena.

Ma torniamo a bomba. Scanzi afferma che il voto dato ad Unione Popolare sarebbe, in pratica, stato sprecato, buttato al vento, buttato via in tutto e per tutto. Può essere che risulti così, ma, da buon difensore della Costituzione quale è sempre stato, Andrea Scanzi dovrebbe sapere che nessun voto dovrebbe essere qualificato in base ad una scala di valori che ne determinano la qualità e l’incisività solo in base all’appartenenza di coalizioni e alle possibilità di vittoria.

Anche chi perde deve avere il diritto alla rappresentanza istituzionale e deve, quindi, poter entrare in Parlamento se i numeri glielo consentono in base alla distribuzione dei seggi.

Mi rendo conto perfettamente che questo discorso andrebbe fatto in presenza di una legge elettorale proporzionale pura, senza altri sbarramenti se non quello naturalissimo dato dall’esaurimento dei seggi nella loro assegnazione alle liste che li possono ottenere in base ai consensi ricevuti.

Ma, al tempo della tanto maledetta (e anche tanto rimpianta) “prima repubblica“, Democrazia Proletaria entrava alle Camere con l’1,47% e otteneva, nell’ormai storicizzabile 1983, ben 7 deputati (pari a 542.039 voti, quindi 140.000 in più rispetto a quelli ottenuti da Unione Popolare).

Non attribuisco a Scanzi la colpa del Rosatellum. Tutt’altro. Ma, proprio perché lui è conscio dei danni fatti dalla legge elettorale e da chi l’ha prodotta e oggi, o potente nemesi storica, ne è stato colpito e affondato, dovrebbe riconsiderare la separazione tra il diritto di chiunque a voler costituzionalmente partecipare al cambiamento della politica nazionale e dello “stato di cose presente” e la manifesta incostituzionalità delle regole che impediscono anche a chi raccoglie quasi mezzo milione di voti di poter avere voce nel Parlamento della Repubblica.

A condannare Unione Popolare per una sorta di egoismo politico, di narcisismo delle idee e di protagonismo del suo capo politico, si fa il gioco di chi sostiene una utilità del voto che non è mai veramente risultato utile, se non per gli scopi che ci si prefiggeva nell’accaparrarsi voti e tradurli nell’esatto contrario sul piano delle alleanze post-elezioni, con giri di valzer tra gruppo e gruppo, con veri e propri cambi di casacca e trasformismi degni del peggiore stile italico.

Vorrei dirlo molto sinceramente a Scanzi: migliaia di compagne e di compagni, di persone anche non legate “ideologicamente” ad un partito, prese da uno spontaneismo quasi inconcepibile in una odiernità fatta di opportunismi e di sfruttamento del ruolo pubblico a favore del privato, si sono volontariamente spese pure in questa campaga elettorale per affermare il loro diritto a veder rappresentati i propri e gli altrui diritti. Si sono battute con una scarsità di mezzi che, per gli effetti che ha prodotto, dovrebbe farci gridare quasi al miracolo.

Nessuno di noi ha pensato di nuocere al Paese, di non essere quindi parte di un arco costituzionale contro le destre. Abbiamo pensato che fosse nostro dovere manifestare politicamente ciò che pensavamo e volevamo per tutte e tutti coloro che intendevamo rappresentare: il lavoro, lo sfruttamento dei giovani, l’abuso nei confronti dei diritti sociali e civili, gli attacchi a quel pò di garanzie tutelate ancora dal sindacato e dai corpi intermedi, la salute e la scuola pubbliche, l’ambiente e gli animali tutti.

Tutto questo non è “velleitarismo“, ma ritorno alle origini vere della Repubblica, della sua democrazia mortificata, vilipesa e violentata dalle tante, troppe controriforme che le sono state appioppate e scaricate sul groppone rendendola sempre di più prossima ad una inedia strutturale, sotto il peso di un liberismo che, almeno fino ad oggi, il cosiddetto centrosinistra ed anche i pentastellati hanno difeso come base di una necessaria “governabilità” del Paese.

Dunque, caro Andrea (consentimi la confindezialità), non è Unione Popolare ad essere inconcreta, ma lo sono quelle ricette politiche antisociali che si spacciano per sociali. Lo è una legge elettorale che va archiviata e sostituita con una proporzionale pura senza sbarramenti.

Facciamo insieme, tra le tante altre, questa battaglia politica e di ricompensazione civile e morale per la Repubblica, per l’Italia tutta quanta? Che ne dici? Noi ci siamo. Fin da prima di subito. Cari saluti.

MARCO SFERINI
redazione la Sinistra quotidiana.it


A dar retta e Scanzi, un giornalista che ritenevo obiettivo e di qualità, Luigi de Magistris e gli elettori di Unione Popolare sono stati velleitari e  infantili.

Sapevano che non avrebbero superato la soglia di sbarramento e si sono ostinati, poveri idioti, a rifiutare il ricatto del «voto utile», scegliendo chi pensavano e pensano che li rappresenti. Seguendo il principio di Scanzi, qualora fossimo chiamati a votare con una legge che – in nome del feticcio della «governabilità» – ponesse lo sbarramento al 26%, per non rischiare di essere giudicati velleitari e infantili, dovremmo limitarci a scegliere tra la Meloni o il Letta di turno.

Questo passa il convento, dice insomma Scanzi, al quale vorrei chiedere però, di spiegarmi perché ai primi del 2021 il bipresidente Mattarella, caduto Conte, chiamò Draghi. Perché eravamo in un mare di guai? Perché c’era il Covid, avevamo tagliato il numero dei parlamentari e non si poteva votare con una legge mille volte peggiore della fascista «legge Acerbo»?

E perché stavolta ha sciolto le Camere e ci ha mandati a votare? Eppure il Covid c’è ancora, i guai sono aumentati, la fame ci minaccia, Draghi ci ha messo l’elmetto e la legge elettorale è sempre la stessa. Perché Mattarella non ha incaricato la Presidente del Senato di formare un «governo del Presidente» con l’obiettivo di dare al Paese una legge elettorale democratica, magari proporzionale e senza sbarramento?

A Scanzi non pare che, se il presidente della Repubblica e quello del Consiglio, l’infallibile Draghi, avessero consentito alla gente di scegliere davvero chi votare, oggi non avremmo il 63% di astenuti e molti piccoli partiti sarebbero entrati in Parlamento?

Scanzi, giornalista liberale, indipendente e colto, non sa che, quando i Presidenti rispettavano e facevano rispettare la Costituzione, la cosiddetta «legge truffa» non passò?

Piero Calamandrei, Ferruccio Parri e Tristano Codignola, infatti, si presentarono con un piccolo e neonato partito – “Unità Popolare” – presero l’1 % e con la manciata di voti presi (meno di quelli ottenuti oggi da Unione popolare), impedirono che la legge avesse il suo drammatico effetto: il progetto autoritario, infatti, fu battuto per poco più di 34.000 voti.

Parri, Calamandrei e Codignola erano anch’essi velleitari e infantili?

No. Più semplicemente e molto più democraticamente il garante della Costituzione era Luigi Einaudi, il popolo – sovrano baluardo della democrazia costituzionale – poteva votare chi lo rappresentava e i voti non andavano sprecati.

GIUSEPPE ARAGNO
storico

30 settembre 2022

Foto tratta da Wikimedia Commons

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