E’ possibile che abbia capito male e quindi posso anche sin d’ora fare atto di contrizione e chiedere scusa. Ma, qualora avessi invece compreso bene, modi e tempi e anche argomentazioni nel merito della questione sull’Italicum, vorrei estendere dei dubbi che mi sono sorti dopo gli ultimi comizi di Matteo Renzi alle feste de l’Unità.
E i dubbi sono i seguenti:
– primo: fino a poco tempo fa la legge elettorale proposta dal governo era immutabile, tanto che l’avvocatura dello Stato la difende davanti ai ricorsi presentati innanzi alla Corte Costituzionale, mentre ora sembra che si possa cambiare, che si possano reintrodurre le coalizioni e i collegi;
– secondo: l’inemendabilità dell’Italicum era stata difesa in Parlamento con voti di fiducia e con emendamenti che stroncavano ogni proposta alternativa di qualunque forza politica e della stessa minoranza del PD, oggi, invece, sembra che le aperture si sprechino e che il confronto con l’arco parlamentare sia aperto e, nonostante l’arcinemico D’Alema, il capo del governo è pronto a sedersi al tavolo e discutere;
– terzo: persino Giorgio Napolitano dà una spinta a questo impianto di riconsiderazione globale della legge elettorale, per vedere messa in pratica la grande opera di stravolgimento della democrazia repubblicana con sbilanciamento dei poteri a favore del governo.
Tutto fa brodo e la brodaglia che viene servita è sempre più imbevibile perché ha il sapore distinguibile e continuo di un trattamento delle istituzioni fuori dagli schemi del rispetto anche solo formalmente democratico.
Il non aver ancora deciso la data del referendum sulla controriforma costituzionale è la tristemente migliore dimostrazione che continua ad esistere una correlazione forte tra approvazione della legge elettorale da parte della Consulta, dietro eventuale respingimento dei ricorsi presentati dal Comitato del NO, e referendum costituzionale.
Renzi nega, afferma che le due eventualità non sono strettamente correlate e che l’una, addirittura, può sopravvivere senza l’altra. Ma lo sbilanciamento dei poteri a favore del governo passa anche attraverso l’affermazione di una maggioranza parlamentare (il 54% dei seggi!) che possa essere attribuita ad un ballottaggio ad una forza che ottenga anche solo il 25% dei voti. Così, tra modifica della Costituzione e nuova legge elettorale, l’ “uomo solo al comando” è una realtà inconfutabile.
Lo sconcerto odierno è però tutto concentrato sulla ricorsa affannosa del presidente del Consiglio nel recuperare i consensi che aveva perduto con la “personalizzazione” della campagna: ammettere di averla impostata tutta su di sé e sull’alternativa “O passa la riforma o non faccio più politica” è stato un errore beneficamente grossolano che ha dimostrato la centralità della persona del capo del governo in questo tentativo di stravolgimento delle regole democratiche dietro la parvenza positiva della parola abusata e inflazionata del momento: “riforma”.
Lo sconcerto odierno è anche il capovolgimento delle intenzioni primarie tanto della proposta sull’Italicum quanto di quella costituzionale. Renzi si dice pronto alle modifiche, almeno sulla legge elettorale, ma intanto l’avvocatura dello Stato ha sempre il mandato di portare avanti i ricorsi per far passare quella legge elettorale. Alle parole di amicizia e di dialogo con i detrattori non corrispondono atti concreti.
Ritirare i ricorsi contro gli altri ricorsi del NO sarebbe un gesto di apertura. Smetta il governo di chiedere una difesa della sua legge elettorale, approvata solo dalla maggioranza e senza alcuna condivisione con le forze di opposizione, e allora avremo la prima minima prova di una buona fede che, invece, non si scorge in nessun orizzonte visibile.
Temporeggiare: questo è l’imperativo categorico che scivola carsico nelle giornate dei comizi ai festival de l’Unità. Temporeggiare e mostrare gli avversari come ferri vecchi del passato che si oppongono ad una innovazione che farà della Repubblica Italiana un grande consesso politico, sociale ed economico felice e armonioso, soprattutto dopo gli annunci della diminuzione della disoccupazione di centinaia di migliaia di unità.
Non si potrà tagliare l’Irpef, secondo quando detto dal ministro Padoan in televisione, ma il governo ce la sta mettendo tutta per farsi piacere dai cittadini più disagiati: ha persino incentivato la frequentazione delle sale cinematografiche creando i “secondi mercoledì del mese” a soli due euro a visione.
Approfittiamone e, poi, quando ci sarà il referendum, votiamo in massa NO. Che bella beffa per il governo, che bella coscienza sociale e civile ritrovata per un popolo che ha, a ragione, smarrito da troppo tempo il contatto con la vera politica e la rappresentanza.
MARCO SFERINI
13 settembre 2016
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