«Lavora duro, divertiti, fai la storia», è il motto di Jeff Bezos, il fondatore e amministratore delegato di Amazon che ogni anno si contende il titolo di uomo più ricco del mondo con Bill Gates. Si devono essere però divertiti molto poco i 2 mila lavoratori del magazzino Amazon di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, alla notizia che l’azienda non aveva nessuna intenzione di applicare integralmente il Protocollo, siglato sabato da governo e parti sociali, «per il contrasto al Covid-19 negli ambienti di lavoro». E così lunedì sera alle 20 nel magazzino Amazon più grande d’Italia è scattato lo sciopero ad oltranza proclamato da Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Agitazioni e scioperi sono partiti ieri anche in altri stabilimenti italiani del gigante dell’e-commerce. A Torrazza Piemontese nel torinese e nel centro distribuzione di Passo Corese (Rieti), che conta 1500 addetti. Mentre, dopo i blocchi a singhiozzo di ieri, a collassare oggi potrebbe essere la logistica di tutto il paese per lo sciopero dei magazzini proclamato dai sindacati Si Cobas e Adl-Cobas.
«Le lavoratrici e i lavoratori di Amazon si mobilitano per la loro salute perché l’impresa antepone la produttività e il profitto alla salvaguardia della sicurezza personale dei dipendenti», spiega la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti. Difficile quantificare esattamente l’adesione alla protesta, si tratta del primo sciopero senza presìdi né volantinaggi agli ingressi per evitare contagi da Coronavirus. Un indicatore, per quanto riguarda il magazzino piacentino, il più grande d’Italia, potrebbe però arrivare dal numero delle auto parcheggiate: ieri mattina, nel primo turno della giornata se ne contavano non più di 100, un quarto rispetto alla normalità.
«Purtroppo anche a Piacenza l’azienda ha deciso di non applicare interamente il Protocollo per il contrasto al Coronavirus – spiega Vincenzo Guerriero della Uiltucus-Uil – Ora la protesta andrà avanti fino a che Amazon non si deciderà a garantire la sicurezza». Che per i sindacati vuol dire disponibilità per tutti di mascherine e gel, una maggiore sanificazione di oggetti e spazi comuni, e controlli della temperatura corporea a tutti a inizio turno. Ma non basta. «Bisogna ridurre le presenze, perché meno persone significa meno contagi», dicono i sindacati. Una richiesta, quella della rimodulazione dei turni, che cozza con l’esigenza di Amazon di rispondere agli ordini crescenti, visto che le consegne a domicilio stanno funzionando a pieno ritmo (l’azienda ha appena annunciato proprio per questo 100 mila assunzioni negli States) mentre i negozi restano chiusi.
«Amazon deve dimostrare più senso di responsabilità e pensare a fermare sul nascere ogni possibilità di contagio nei suoi magazzini», spiega Marco Alquati della Fisascat-Cisl di Piacenza, una delle provincie più colpite in Italia dal Coronavirus. Nei giorni scorsi alcune misure sono state prese, ad esempio la chiusura della zona doccia o una maggiore distanza disposta per i lavoratori di alcuni reparti, ma sono misure che non riguardano tutti. L’azienda in una nota ha specificato di stare «seguendo rigorosamente le indicazioni fornite dal Governo e dalle autorità sanitarie locali». I sindacati non concordano. Nel Protocollo si parla ad esempio di una commissione aziendale per la verifica delle misure anti-coronavirus, commissione che Amazon non sembra avere intenzione di creare. «Per noi di tempo non ce n’è più, ora vogliamo solo risposte concrete», dice Elisa Barbieri della Filcams-Cgil piacentina.
NEDO LOMBARDI
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