A due giorni dal Centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia, se ne è andato Emanuele Macaluso, storico dirigente del PCI. Intellettuale sopraffino, sempre energicamente attivo nella lotta politica e sociale, ha rappresentato posizioni, interne al grande vecchio partito che fu di Gramsci e Berlinguer, non sempre condivisibili: riformista e “migliorista” similmente a Giorgio Napolitano, ha difeso sempre con grande dignità le sue idee in una concezione partigiana, resistente, antifascista fino al midollo di una Repubblica che aveva contribuito a fondare e far crescere insieme a tante comuniste e tanti comunisti italiani.
Emanuele Macaluso, lo si può dire come elogio non solo funebre, ma come esempio di vita politica, culturale e come modello di civismo in una odiernità dove l’amore per la patria non sempre contempla quell’amore per l’uguaglianza richiamato dai giacobini (che, nel gioco del paragone dei diversi tempi storici, gli sarebbero stati avversari ma non certo nemici) è stato con Pio La Torre e con un giovane così diverso da lui, ma come lui ribelle e cocciutamente critico verso l’esistente come Peppino Impastato, un siciliano che non ha mai dimenticato le sue origini e le ha invece attivamente proposte e riproposte nella sua lunga vita di uomo, di cittadino, di comunista, di deputato e senatore.
Il nostro addio sincero con quella punta di critica politica che, molto probabilmente, avrebbe apprezzato anche in questa triste occasione.
MARCO SFERINI
19 gennaio 2021
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