È morto ieri, nella sua casa di Tubinga in Germania, all’età di 93 anni, il teologo svizzero Hans Küng. Aveva acquistato notorietà anche al di fuori delle aule universitarie per aver duramente contestato il dogma dell’«infallibilità» del papa, stabilito dal Concilio Vaticano I nel 1870, quando sulla cattedra di Pietro sedeva Pio IX. Per questo motivo, nel 1979, venne sanzionato da papa Wojtyla, diventando così il primo dei tanti teologi che Giovanni Paolo II punirà durante il suo lungo pontificato.
Ma la di là del contenzioso con Wojtyla e con le gerarchie ecclesiastiche cattoliche, Küng va ricordato per il suo contributo al Concilio Vaticano II – fu il più giovane dei «periti» scelti da Giovanni XXIII -, per la sua opera teologica e, negli ultimi anni, per l’impegno ecumenico e interreligioso per la costruzione di un’«etica mondiale» nella fondazione Weltethos, da lui stesso creata nel 1993.
Küng era malato da tempo del morbo di Parkinson. Ne ha parlato egli stesso, senza reticenze, nella sua monumentale biografia, pubblicata in Italia da Rizzoli (Una battaglia lunga una vita. Idee, passioni, speranze. Il mio racconto del secolo, 2014). «Sono consapevole di dover lottare per la mia sopravvivenza. E così prendo ogni giorno più di una decina di pillole ed eseguo quotidianamente i miei esercizi a terra per rafforzare i muscoli della schiena e per calmare il mio nervo spinale. Nel contempo ascolto musica e spesso ci canto sopra a squarciagola per rafforzare le mie corde vocali», scriveva. E poi, con lucidità: «Penso di aver adempiuto i miei grandi compiti, sono di buon umore, non soffro di depressione e sono pronto a partire ogni giorno». Questo giorno è arrivato ieri.
Nato a Sursee (Svizzera) nel 1928, Küng si trasferisce a Roma per studiare teologia all’Università Gregoriana, retta dai gesuiti. Nel 1954 viene ordinato prete e, nonostante le sue idee teologiche giudicate eterodosse dal Vaticano, non verrà mai dimesso dallo stato clericale. Prosegue gli studi all’Institut Catholique di Parigi, dove ottiene il dottorato difendendo una tesi sul teologo protestante Karl Barth.
Nel 1960, a soli 32 anni, ottiene la cattedra di teologia dogmatica all’università di Tubinga, dove diventerà collega di un altrettanto giovane Joseph Ratzinger, che Küng stesso contribuirà a far assumere (Ratzinger poi nel 1969, in pieno movimento studentesco, lascerà l’effervescente Tubinga per trasferirsi nella più tranquilla Ratisbona). Nel 1962 inizia il Concilio Vaticano II, e Küng torna a Roma, come consulente del proprio vescovo. Ma Giovanni XXIII aveva letto e apprezzato i suoi scritti, e così lo nomina perito ufficiale del Concilio, che seguirà fino alla sua conclusione, nel 1965.
Sono gli anni delle prime importanti opere dedicate soprattutto all’ecclesiologia: Le strutture della Chiesa, Riforma della Chiesa e unità dei cristiani, La Chiesa, Veracità. Per il futuro della Chiesa, tutte pubblicate in Italia da Borla e Queriniana, case editrici particolarmente attente ai temi e alle istanze del rinnovamento conciliare, di cui Küng è uno degli artefici.
Nel 1970 esce Infallibile? Una domanda, il libro che contesta il dogma dell’infallibilità papale e che lo farà mettere sotto osservazione dal parte delle gerarchie ecclesiastiche. La Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio) avvia un procedimento che, dopo che Küng rifiuta di ritrattare le proprie tesi, si conclude del 1979, un anno dopo l’elezione di papa Wojtyla. «Il professor Hans Küng – si legge nel provvedimento del 15 dicembre 1979 – è venuto meno, nei suoi scritti, all’integrità della verità della fede cattolica, e pertanto non può più essere considerato teologo cattolico ne può, come tale, esercitare il compito di insegnare».
Revocata la missio canonica (l’autorizzazione all’insegnamento in un’università cattolica), Küng lascia l’ateneo, conservando però la cattedra di teologia nell’Istituto di ricerca ecumenica che aveva fondato e che viene scorporato dall’università di Tubinga.
Prosegue la ricerca autonoma, in forte contrasto con il pontificato di Wojtyla e continuando la battaglia per la riforma conciliare della Chiesa cattolica, per l’ammissione delle donne ai ministeri ordinati, per il dialogo ecumenico e interreligioso. Tanto che il movimento di riforma «Noi Siamo Chiesa» così commenta la morte di Küng: «È stato uno dei nostri maestri».
Negli ultimi anni, pur mantenendo ferme le proprie posizioni, c’è stato un parziale riavvicinamento con Roma. Nel 2005, appena eletto papa, il suo ex collega Ratzinger lo ha ricevuto a Castel Gandolfo. Grandi speranze invece Küng riponeva in papa Bergoglio, da lui definito una «primavera cattolica». Una stima ricambiata da Francesco, che ha scritto a Küng in più di una occasione.
LUCA KOCCI
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