Gina Lollobrigida è in visita a New York. E il giornale locale, che laggiù recita «New York Times», inizia il pezzo dedicato a lei in questo modo: «La donna più bella del mondo entra all’Harry Cipriani nella Quinta strada con stivali neri e una mantella con cappuccio rosso, c’è una sola persona nel locale che la sta aspettando, ma sembra che l’intero ristorante per un secondo abbia perso il lume della ragione».
Quel che non viene detto, aldilà della citazione del titolo di un suo famoso film, è che Gina all’epoca era già una signora ultraottantenne, ma l’età evidentemente non le impediva di essere la quintessenza del fascino. Fiumi di inchiostro, tonnellate di pellicola, sia cinematografica che fotografica, hanno dimostrato quanto Gina fosse quel che era. Un altro momento, costruito appositamente su di lei, risale al film Altri tempi di Alessandro Blasetti, film a episodi, con particolare riferimento a Il processo di Frine. Maria Antonia, il personaggio interpretato da Gina, è accusato di avere assassinato la suocera.
L’avvocato difensore, Vittorio De Sica, non nega la colpa, ma si appella a un sillogismo e crea un neologismo «se si ritengono innocenti i minorati psichici, perché non si dovrebbe fare altrettanto con una maggiorata fisica?». La giuria e il giudice, tutti uomini e anziani, si adeguano assolvendo «la formidabile creatura».
Altri tempi come appunto recitava il titolo stesso del film. Ma allora Gina Lollobrigida è stata soltanto un trionfo di avvenenza? A questo proposito viene in soccorso una rivista piuttosto prestigiosa, i francesi «Cahiers du cinéma» che scrivono: «La seducente Gina Lollobrigida è stata lanciata per il seno. Un seno in verità generoso e fatto di una sostanza al contempo marmorea e trasparente che affascina lo sguardo. Chi però ha visto La provinciale di Mario Soldati ora sa che Gina non ha soltanto un corpo fantastico, ma anche un talento di attrice molto sicura e molto sensibile».
Archiviato il fascino irresistibile di Gina, è d’obbligo rileggere la sua biografia. Luigia Lollobrigida era nata a Subiaco, a ridosso di Roma, il 4 luglio 1927. La sua era una famiglia benestante, il padre produceva mobili. Ma un bombardamento pose fine all’azienda e al benessere. Così si trasferì in città, iscrivendosi all’istituto di belle arti, mantenendosi agli studi disegnando caricature, partecipando ai primi fotoromanzi con il nome d’arte di Diana Loris e apparendo anche non accreditata al cinema.
Nel 1947 il concorso di Miss Italia è clamoroso. Vince Lucia Bosè, seguita da Gianna Maria Canale e Gina Lollobrigida, non classificata Silvana Mangano e squalificata la sposata Eleonora Rossi Drago. Tutte destinate a una discreta carriera. Infatti, il cinema scopre Gina che comincia a frequentarlo assiduamente, seppure in ruoli ancora secondari.
La vogliono anche i registi francesi, e il viaggio verso Los Angeles è un obbligo. La convoca Howard Hughes che le fa firmare un esclusivo contratto settennale, poi la chiude letteralmente in una stanza d’albergo, con tanto di guardie alla porta che lui solo poteva oltrepassare. Lei scappa, alla faccia del contratto, non potrà più lavorare negli Stati Uniti, ma l’Italia l’accoglie a braccia aperte e Hollywood ormai è anche sul Tevere così può fare cinema con loro.
Se Comencini l’ha consacrata icona con Pane, amore e fantasia, insieme a Monicelli, Zampa, Soldati e altri, lei lavora anche con Huston, Siodmak, Leonard (La donna più bella del mondo), Reed, Delannoy, Dassin, Vidor, Mulligan e tanti altri. Sullo schermo è partner di quasi tutti i più grandi attori dell’epoca, da Bogart a Connery, da Curtis a Lancaster.
Viene subissata di premi e riconoscimenti, anche internazionali (un Golden Globe, la stella sulla Walk of Fame), non manca però il tocco provinciale all’italiana, perché viene condannata a due mesi di reclusione e trentamila lire di multa per oscenità nell’episodio di Bolognini di Le Bambole. In tv Comencini le regala il ruolo di fata dai capelli turchini nel suo Pinocchio, film e ruolo indimenticabili.
Poi il suo rapporto con il cinema si sfilaccia un po’. Poco male, imbraccia la macchina fotografica e mostra di possedere talento anche in quel campo, con ritratti di personaggi famosi che la sua fama mondiale le permette di raggiungere più facilmente, poi però ci aggiunge lei del suo. Si cimenta anche con discreti risultati nella scultura, forse rispolverando quei primi studi romani.
Putroppo, la sua vita privata, soprattutto più recente, non è stata particolarmente felice, a suo merito però va detto che non ha mai sposato produttori, solo un medico sloveno che lavorava presso gli sfollati di Cinecittà nel dopoguerra. Da lui ha avuto un figlio, prima di divorziare. Con lei si è spenta una magnifica icona d’altri tempi, capace di vivere la sua vita senza ossequi nei confronti dei potenti.
ANTONELLO CATACCHIO
foto: screenshot tv