Il Covid-19 ha stravolto il mondo e come una mano invisibile è andato a toccare la vita delle persone dei quattro angoli del Pianeta. Oltre alla disuguaglianza strutturale che pre-esisteva ne è emersa una che potremmo chiamare secondaria: nei Paesi ben governati l’effetto della pandemia è stato contenuto e gestito, negli altri è stato amplificato. Il governo italiano ha cercato di rispondere prontamente, chiudendo le frontiere, imponendo il distanziamento e la chiusura, ma soprattutto ha attivato misure di sostegno per contenere gli effetti economici del virus. E qui arriviamo ai lavoratori della Compass group leader della ristorazione aziendale con 161 mln di euro di fatturato e 3.437 in Italia ed è di proprietà di Compass Group plc è presente in 50 paesi nel mondo, con oltre 500.000 dipendenti.
Ora i 250 addetti alla ristorazione di Mirafiori sono senza stipendio da marzo e senza cassa integrazione. I lavoratori e le lavoratrici hanno protestato in questi giorni davanti alla porta due e sono andati agli uffici centrali dell’Inps, ma della loro cassa-integrazione non c’è traccia.
Il problema lo spiega Cinzia Bernardini della segreteria del sindacato Filcams Cgil che sta seguendo la situazione. «Per questo tipo di aziende multilocalizzate la cassa integrazione viene attivata su richiesta dell’azienda». Normalmente, inoltre, c’è una correlazione tra la cassa della committenza e la cassa delle società in appalto.
Ora qui la situazione con il covid si è un po’ complicata perché ad esempio vi sono aziende che con lo smartworking non hanno avuto necessità di attivare alcun tipo di ammortizzatore sociale, le persone lavorano da casa, ma non andando in azienda non c’è necessità dei lavoratori della ristorazione e delle pulizie quindi viene meno il legame tra le due “casse”, ma non il bisogno.
Un secondo aspetto riguarda il tipo di ammortizzatori sociali a cui lavoratori possono accedere a seconda dell’azienda per cui lavorano. Il Fondo d’Integrazione Salariale è un sostegno al reddito che si eroga in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa e permette alle imprese di anticipare le spettanze dei lavoratori, ma le aziende in appalto non possono accedervi perché devono far riferimento alla cosiddetta cassa in deroga che però non può essere anticipata dalle aziende perché è previsto solo il pagamento diretto da parte dell’Inps. Ora perché questa venga concessa sono necessari 3 passaggi: accordo tra azienda e sindacati, comunicazione al Ministero e poi all’Inps. Questo, continua Bernardini, ha determinato un prolungamento dei tempi di erogazione.
All’inizio la Compass in accordo con i sindacati ha anticipato la quattordicesima, ma non è stato sufficiente perché ormai siamo a quasi 4 mesi e le ultime buste arrivano con scritto netto a pagare zero. «È una situazione, prosegue Bernardini che riguarda in Italia 20 mila persone, il governo ha cercato nel Decreto Rilancio di semplificare alcuni passaggi, ma rimane tutto il pregresso».
Tra i lavoratori c’è sconcerto si oscilla tra sit in, proteste e passaggi di paranoia. C’è chi si sente colpevole, come se lo stare a casa fosse sua responsabilità. Sanno che FCA ha disposto per tutti gli impiegati lo smartworking fino al 31 dicembre quindi ci sarà pochissimo lavoro anche per gli addetti alla ristorazione. La cassa arriverà, ma con un ritardo che è profondo come una cicatrice.
FABRIZIO FLORIS
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