Diventare medici in Italia è una corsa ad ostacoli. Per iscriversi alla facoltà di medicina, l’aspirante studente deve superare le forche caudine del numero chiuso, di anno in anno inasprito. Una volta laureato, l’aspirante medico deve superare il concorso per la scuola di specializzazione, mentre si continuano a tagliare posti. Infine, una volta conseguito il titolo con tutti i crismi, deve sperare che i tagli abbiano risparmiato gli ospedali e che il blocco del turn-over sia stato sospeso nella propria regione, commissariamento permettendo.
Questa catena di cause ed effetti si ripresenta ogni anno quando si celebra il rito di massa dei test di ingresso a Medicina. Ieri sono stati 66.907 a partecipare alle prove di logica, biologia e chimica, fisica e matematica in tutto il paese. In palio c’erano 9.100 posti, più 908 posti per odontoiatria. Gli studenti della Rete della Conoscenza e di Link hanno protestato da Sud a Nord contro il numero chiuso e la progressiva diminuzione dei posti al corso di laurea (quest’anno da 9.224 a 9100). In sit-in e flash mob negli atenei hanno chiesto anche di ripensare il concorso della specializzazione attraverso l’aumento delle borse di studio e una programmazione di lungo periodo del Sistema Sanitario nazionale che nei prossimi dieci anni perderà migliaia di medici. Ci sono previsioni che parlano addirittura di 20 mila professionisti.
«La progressiva riduzione del numero di posti è inaccettabile – sostiene Andrea Torti, coordinatore Link – Va a ledere ancora il diritto allo studio, già colpito da un test iniquo». Un racconto drammatico della situazione viene dal Sud. «Gli ospedali meridionali quest’anno hanno chiuso bandi senza candidati – sostiene Asia Iurlo (Link medicina Bari) – già ora non ci sono abbastanza medici per garantire i livelli essenziali di assistenza». Dopo la sentenza del Tar che ha bocciato il numero chiuso nella facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Milano, Elisa Marchetti (Udu) chiede l’abrogazione della legge 264/99 tanto a livello locale quanto a livello nazionale. In un paese dove il tasso di passaggio all’università è troppo basso e il numero dei laureati è insufficiente, anche gli studenti del Fronte della gioventù comunista hanno chiesto a Bologna il ritiro del numero chiuso definito «una misura classista».
Nello speakers corners di piazza Montecitorio a Roma un gruppo di medici neo-laureati ha manifestato in camice bianco ribadendo alle ministre Fedeli (all’Istruzione) e Lorenzin (alla Salute) la richiesta di sbloccare le procedure del bando di concorso per le scuole di specializzazione e di ripensare il sistema di accreditamento. Quello voluto dal Miur ha infatti ridotto i posti da 1500 a 1350 posti. I giovani medici sostengono di essere in attesa del bando da oltre «un anno e mezzo». «Ciò ha creato un empasse con il ministero della Salute il cui prezzo lo stiamo pagando noi e altre migliaia di giovani medici. È una situazione anomala, mai verificatasi in precedenza, assolutamente vergognosa» ha affermato Emanuele, portavoce del Segretariato italiano giovani medici (Sigm). Il Miur ha precisato che le regole del concorso – ma non la sua data – saranno pubblicate oggi in Gazzetta Ufficiale: «Un atto necessario per poter procedere con il bando. Qualsiasi altra comunicazione su date di uscita del bando o di svolgimento del concorso, non è da ritenersi ufficiale». Il ministero assicura che il concorso «si svolgerà nel 2017, la presa di servizio avverrà entro l’anno».
«Sono gravi i ritardi e le inadempienze del governo sui medici specializzandi – ha detto Annalisa Pannarale (Sinistra Italiana-Possibile). «Le borse previste sono insufficienti rispetto al numero degli aspiranti medici e rispetto al fabbisogno del nostro sistema sanitario nazionale» ha aggiunto Claudia Pratelli, responsabile scuola di SI. Un’altra interrogazione è stata presentata da Rocco Palese (Forza Italia).
ROBERTO CICCARELLI
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