A Renzi fallisce la rottamazione in diretta tv

Referendum. Nel confronto con De Mita il presidente del Consiglio non raccoglie la disponibilità dell'anziano democristiano ad attenuare il giudizio negativo sulla riforma costituzionale, in caso di modifiche all'Italicum. Preferisce solleticare il voto giovanile scatenando una rissa contro "il passato". Ma viene respinto

«Appigli che si annullano storicamente e probabilmente nell’estetica si conservano». C’è De Mita in televisione per il secondo confronto di Renzi su La7. Il presidente del Consiglio lo ha scelto come avversario – sostenitore del No al referendum contro il suo Sì – e però appena il democristiano quasi novantenne si avvolge nelle riflessioni storiche, il giovane – «presidente junior» per Mentana – si rifugia nel comizio: «Non siamo qui per riscrivere la storia, ma per scrivere il futuro». De Mita non si aspettava la rissa, ma Renzi l’ha pianificata per tentare l’assalto al voto giovanile. La rottamazione in diretta però non gli riesce.

«Ho l’impressione che Renzi ricostruisca la storia a partire da quando è arrivato lui. Non c’è stata un’attesa infinita della luce», dice l’anziano ex presidente del Consiglio. Che però dal primo minuto lancia a Renzi segnali precisi: «Alla fine del mio ragionamento potresti essere sorpreso, discuto per fare meglio». Lo junior non coglie, e De Mita paziente ripete: «Ti sfugge che la mia riflessione è fatta per risolvere il problema, se tu dicessi “le cose che non vanno poi le correggiamo”, ecco, sarebbe un discorso intrigante e sollecitatore da parte tua».

Renzi non sollecita. Ripete spesso che «si inchina» alla storia democristiana, che «ha molto rispetto», ma poi non rispetta e picchia. E De Mita non porge la guancia. Se De Mita lancia l’amo, Renzi replica con i dossier: «Ecco una copia del Popolo in cui il presidente De Mita propone la sua riforma costituzionale che assomiglia alla nostra». E per dire che il senato è un «inutile doppione» cita Fiorentino Sullo, maestro della sinistra Dc da cui De Mita è stato a bottega. «Sono ragionamenti un po’ complessi per un uomo della velocità dell’eloquio, e del pensiero, come te», si indispone un po’ il vecchio.

Renzi insiste con la sequenza delle bicamerali fallite, dall’83 al ’97, in tutte c’era De Mita e una l’ha presieduta: il segretario del Pd lo ha voluto per questo. De Mita un po’ si stufa – «discutere del presente caricando il passato di responsabilità non va bene, potrei ricordarti che gli anni Novanta sono gli ultimi della crescita» – un po’ dimostra di saper provocare anche lui: «Fammi parlare, qui non parli solo tu, non è un’assemblea del Pd».

Dopo un’ora c’è la fiammata, Renzi la cerca. Non ha alcuna intenzione di cogliere le «suggestioni» di De Mita e comincia a sfotterlo perché è ancora sindaco, alla sua età. Il vecchio non capisce subito l’affondo e parte con l’aforisma – «quando la politica è mestiere deve essere breve, quando è pensiero può essere lunga» – ma Renzi la smette con gli inchini: «Tu hai lasciato il Pd quando Veltroni non ti ha ricandidato». De Mita quasi non trova le parole: «È una volgarità che non mi aspettavo». «Tu non hai il diritto di parlare di moralità». «Tu hai fatto un partito in cui parli solo tu, per questo non lo cambi», De Mita cerca nella memoria l’istinto da tribuna elettorale: «Non cambi partito ma cambi amicizie, eri il segretario di Pistelli e poi gli hai fatto un colpo basso». Lapo Pistelli è il terzo nella famosa foto di Renzi appena trent’enne, dieci ani fa, accanto a De Mita, nelle stanze della provincia di Firenze. A questo punto per seguire la rissa bisogna ricordare la storia Dc. «Ti ho citato prima Fiorentino Sullo, sarebbe interessante approfondire», minaccia Renzi: De Mita e Sullo ruppero quando l’allievo si schierò con i notabili Dc che emarginarono il maestro, e ne ereditò il collegio elettorale. «Non ho rabbia, ho pietà», riesce a dire De Mita prima dell’interruzione pubblicitaria. Così non c’è tanto spazio per il famoso «merito» della riforma. De Mita segna un colpo quando ne critica l’estetica e la promozione a senatori dei consiglieri regionali,«non è stata una scelta geniale». Ma si confonde quando accusa il governo di aver messo la fiducia sulla riforma: l’ha fatto sulla legge elettorale.

L’obiettivo del segretario Pd, l’obiettivo di tutta la serata, è la conquista del voto giovanile. A De Mita dà del voi:«Non siete riusciti a cambiare questo paese e non avete titolo per impedirci di farlo». Per De Mita sono «discorsi da fiorentino, un po’canti e un po’ dai il colpo basso». Il presidente senior è «deluso», «potevi cogliere uno spiraglio», «se perdi il referendum lo perdi per la connessione con la legge elettorale». Renzi non dimentica mai la rottamazione: «L’Italicum sono disposto a cambiarlo, ma il bipolarismo è necessario». Nell’eloquio demitiano il «combinato disposto» tra legge elettorale e riforma diventa «l’intruglio», e quando Renzi minimizza gli dice: «Ti presenti con appunti sparsi» e «io sono preoccupato perché la legge elettorale elegge il capo». «Ti rispetto, ti ammiro», riprende il giovane sul finale. «Forse sei stanco», chiude il vecchio, ma «credo che sei irrecuperabile, non vedi limiti alla tua arroganza».

ANDREA FABOZZI

da il manifesto.info

foto tratta da Pixabay

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