«Avevamo lasciato da qualche minuto l’ospedale, ad un certo punto un drone ha sparato a pochi metri dall’ambulanza. Ho telefonato al centro di smistamento sanitario per segnalare l’accaduto. Hanno risposto che il nostro convoglio era stato segnalato e potevamo proseguire, pochi attimi dopo sono avvenute nuove esplosioni, è stato colpito il motore della mia ambulanza. Mi sono accorto di essere rimasto ferito a un piede, poi ho guardato il collega seduto accanto a me. Sanguinava dalla testa ed era morto».
Questa è la testimonianza resa da un autista del convoglio di ambulanze ed auto partito ieri pomeriggio dall’ospedale Shifa e diretto al sud di Gaza, da dove alcuni feriti gravi poi sarebbero stati trasferiti in Egitto. I morti di questo ennesimo massacro documentati da diversi video, sono almeno 15, decine di feriti. In poche ore, denunciano da Gaza, gli aerei israeliani hanno preso di mira l’area di tre ospedali: l’Indonesiano, l’al-Quds e, appunto, lo Shifa, la struttura medica più grande di Gaza.
Un portavoce del ministero della sanità a Gaza – Israele insiste affinché sia descritto dai media come un «ministero di Hamas» – ha comunicato che almeno 196 palestinesi sono morti in 16 massacri nelle ultime 24 ore. E ha aggiornato il numero totale degli uccisi dai raid aerei a Gaza a 9.257 e a 23.516 i feriti.
Ai morti accertati, si devono aggiungere, ha sottolineato, 2.100 persone disperse, tra cui molti bambini, che probabilmente sono rimaste sotto le macerie di case e palazzi. Tra i morti anche 136 medici e infermieri mentre 16 ospedali e strutture sanitarie non sono operativi a causa dei bombardamenti e della mancanza di gasolio, medicine e attrezzature.
Il portavoce ha accusato Israele di impedire ai feriti di recarsi in Egitto, bloccando qualsiasi strada di collegamento tra il nord e il sud. Ha quindi rivolto un appello alla popolazione «affinché si rechi negli ospedali per donare il sangue» e al Comitato Internazionale della Croce Rossa «affinché fornisca quantità e unità di sangue dall’esterno della Striscia di Gaza per salvare la vita dei feriti».
Ieri sono stati danneggiati dalle bombe anche la sede del Centro culturale francese e dell’agenzia di stampa Afp a Gaza city, per fortuna senza conseguenze. Tuttavia l’elenco dei giornalisti uccisi dalle bombe si è ulteriormente allungato. Tra i morti di ieri davanti all’ospedale Shifa c’è anche un reporter, Haitham Hararah. In totale sono oltre 30 i giornalisti uccisi in meno di un mese.
Le ong locali diritti umani avvertono che a causa dei bombardamenti incontrano seri problemi a svolgere le loro attività e di non poter mantenere i contatti con i loro ricercatori e operatori. Alcuni di questi hanno perduto familiari e abitazioni nei raid aerei e adesso sono loro ad avere bisogno di aiuto.
Di fronte alle stragi di civili innocenti che vanno avanti a Gaza da un mese, sale nel mondo la voce di coloro che chiedono di fermare subito la guerra. Un obiettivo ancora lontano di fronte al muro eretto da Israele. Persino il segretario di Stato americano Antony Blinken, ieri a colloquio con gli alleati israeliani, non è riuscito a strappare al gabinetto di guerra guidato da Benyamin Netanyahu la «pausa umanitaria» teorizzata da Joe Biden per dare più aiuti alla popolazione palestinese sotto le bombe, quelle che forniscono proprio gli Stati uniti a Israele per continuare la sua offensiva aerea su Gaza.
Blinken ha provato a persuadere Netanyahu, gli ha detto che le «pause umanitarie» fanno bene più a Israele che ai palestinesi perché agevolano i contatti per la liberazione dei 241 ostaggi israeliani, statunitensi e di altri paesi che dal 7 ottobre sono nelle mani di Hamas e di altre organizzazioni.
«Ciascuno di questi sforzi sarebbe facilitato da pause umanitarie, accordi sul campo che aumentino la sicurezza per i civili e consentano una fornitura più efficace e sostenuta di assistenza» ha spiegato Blinken. Netanyahu prima e il ministro della difesa Yoav Gallant poi sono stati categorici: non ci saranno tregue e pause nei combattimenti sino a quando non saranno liberati tutti gli ostaggi.
Il no al cessate il fuoco in realtà è legato all’andamento dell’offensiva di terra a Gaza che, stando a quanto riferisce il portavoce militare, vedrebbe i reparti corazzati israeliani avanzare rapidamente verso gli obiettivi stabiliti e adesso circonderebbero da ogni lato Gaza city nonostante la resistenza opposta dalle Brigate Qassam, l’ala armata di Hamas, e da altri gruppi. Sarebbero centinaia le perdite subite da Hamas oltre alla distruzione di una parte delle gallerie sotterranee che ha costruito sotto Gaza.
Israele ammette l’uccisione in combattimento di 23 soldati ma Hamas sostiene che le perdite israeliane sarebbero più alte e di aver distrutto o danneggiato diversi mezzi corazzati. il movimento islamico inoltre è sempre in grado di lanciare razzi. L’ha fatto anche ieri, in varie direzioni, in prevalenza verso il sud di Israele. Un razzo non è stato intercettato dal sistema Iron Dome e ha colpito un asilo, in quel momento vuoto.
MICHELE GIORGIO
foto: screenshot You Tube