Domani. 5 ottobre, gran parte dei circa 1.500 riders dell’area fiorentina non lavoreranno. Faranno sciopero, non soltanto per ricordare il terzo fattorino ucciso dal lavoro dall’inizio dell’anno in Toscana. “Si fermano per chiedere una volta ancora un modello retributivo che superi la paga a cottimo – spiegano Filcams, Filt e Nidil Cgil – e assicuri un corretto inquadramento contrattuale, così come sancito dalle sentenze che in questi mesi sono state emesse da diversi tribunali”.
Sentenze che però non hanno fatto breccia nelle società aderenti ad Assodelivery (Glovo, Deliveroo, Uber), che stanno mantenendo inalterato il sistema a cottimo sulle consegne, con un meccanismo che include i chilometri percorsi e il tipo di consegna.
Per loro lavorava Sebastian Galassi che aveva solo 26 anni, stava per laurearsi, e raccontava alla fidanzata e agli amici che lo faceva per gli orari flessibili e per avere un po’ di soldi per non pesare sulla famiglia. Sull’incidente fra il suo scooter e un suv, avvenuto la notte di sabato in un incrocio regolato da un semaforo alla periferia est della città, c’è un’indagine in corso. E mentre le forze politiche, che hanno ricordato il ragazzo con un minuto di silenzio in apertura di consiglio comunale, promettono interventi legislativi per cercare di evitare nuovi lutti, dalla Camera del lavoro metropolitana arriva una richiesta specifica: “Vogliamo che il tavolo di confronto con le società riparta, per arrivare a regolare questo settore: la vita di un rider vale più di una consegna”.
Proprio da Firenze era partita due anni fa la mobilitazione che ha portato una delle multinazionali del settore, Just Eat, a inquadrare i “suoi” rider come dipendenti nel comparto della logistica. Un modello adottato anche dalla locale catena di Runner Pizza, ma non dagli altri big del settore.
Come segretaria generale del Nidil Cgil, Ilaria Lani ha seguito passo passo sia la vertenza che le evoluzioni della legislazione in materia: “Ci sono stati vari interventi che hanno provato a introdurre tutele e garanzie, tra cui l’iscrizione all’Inail e l’obbligo da parte delle aziende di fornire strumenti di protezione come ad esempio i caschi. Ma se il sistema organizzativo spinge i riders a correre per cercare di guadagnare qualche euro in più, è evidente che la vera tutela è il superamento del cottimo”.
Da quell’orecchio però gran parte delle aziende del food delivery non ci sente, prova ne è che il tavolo di confronto con il sindacato è fermo. E anche tra i fattorini ci sono quelli che preferiscono essere inquadrati come lavoratori autonomi con partita Iva, giustificando la scelta con la volontà di avere maggiore flessibilità negli orari.
Di questo sicuramente si discuterà domani, nel corso del presidio indetto alle 18 in piazza Sant’Ambrogio, dove si ritroveranno sia i rider dipendenti da Just Eat e Runner Pizza, comunque in sciopero di solidarietà, che i fattorini di Glovo, Deliveroo e Uber.
“Chi ha un contratto regolamentato ha una paga oraria – tira comunque le somme una rider di Just Eat – mentre chi è pagato a consegna deve correre. E deve correre il più veloce possibile per fare più consegne e quindi guadagnare di più”.
Dalla Camera del lavoro arriva infine un’ultima richiesta: “Abbiamo apprezzato la specifica legge regionale con l’approvazione del ‘documento tecnico’ per la prevenzione nel settore. Ma chiediamo che le società applichino quanto prescritto, e siamo pronti al confronto con la Regione e le piattaforme anche per arrivare al pieno riconoscimento del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.
RICCARDO CHIARI
Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay