«A Brescia si muore, nelle piccole aziende lavoratori ricattati»

Intervista a Francesco Bertoli (Fiom e Cgil). «Lo scorso mercoledì sono morti due nostri storici delegati, Robero e Ermes. Domani lo sciopero sarà partecipato, ma per fortuna molte grandi aziende hanno già chiuso»

Una delle aree a più alta densità di fabbriche del paese. Una delle più colpite dal Covid19. A Brescia la stessa Fiom è stata colpita: due sindacalisti sono morti. «Ermes e Roberto, storici delegati, entrambi di 67 anni, se ne sono andati nel giro di dieci giorni. E sono morti tutti e due mercoledì 18». A portare avanti il sindacato dei metalmeccanici e dal 24 febbraio anche l’intera Cgil è Francesco Bertoli, classe 1964.

Bertoli, qual è la situazione nella vostra provincia?
Noi abbiamo circa 110mila lavoratori metalmeccanici ed era da tre settimane che Cgil, Cisl e Uil della Lombardia chiedevano di chiudere tutte le fabbriche non indispensabili. Domenica è stata una giornata campale perché è chiaro che le pressioni di Confindustria per tenere aperto il settore metalmeccanico inserendolo nell’elenco del decreto ci sono state.

Voi avete come concittadino quel Marco Bonometti che è un falco di Confindustria che continua a chiedere di lasciare aperto il più possibile…
Sì, ma lui guida Confindustria Lombardia che conta meno. Le sue sparate mediatiche hanno molta eco ma credo che dopo un primo periodo anche gli imprenditori bresciani si sono resi conto che tenere aperto metteva a repentaglio l’intera comunità perché i contagi aumentavano. Dopo il varo del Protocollo molte grandi aziende – come la Iveco, la più grande con 2mila dipendenti, l’azienda in cui lavoravo; la Beretta, Alfa Acciai, Duferco, Lonati, hanno deciso di chiudere e adesso hanno prolungato la cassa integrazione.

Già domenica però avete deciso di scioperare perché tante aziende sono ancora aperte.
Sì, altre aziende sono ancora aperte come la Lanfranchi di Palazzolo che fa cerniere lampo e ha 200 dipendenti o la Dtr della gomma plastica. In più c’è il gruppo Camozzi che ha un’attività diversificata: fa anche del biomedicale che giustamente deve andare avanti perché necessario. Ma fa anche altro in settori non indispensabili e lì chiediamo di chiudere i reparti. Lo sciopero è indetto per il 25 (domani, ndr) perché quel giorno scade il tempo previsto nel decreto per liberarsi delle giacenze di prodotto. Vedremo se queste aziende capiranno la situazione e oggi ci chiameranno per firmare accordi, diversamente siamo sicuri che lo sciopero sarà partecipatissimo perché i lavoratori non ce la fanno più a lavorare senza sicurezza.

Oltre alle grandi aziende, sul vostro territorio ci sono centinaia di piccole aziende. La situazione lì è diversa?
Molto. Ed è la cosa che più mi preoccupa. In questi giorni abbiamo ricevuto telefonate e mail con segnalazioni di situazioni molto gravi. Lavoratori che ci raccontavano di dover lavorare senza protezioni, senza guanti, senza mascherina, non rispettando la distanza di sicurezza. Ma quando gli chiedevamo di dirci quale fosse l’azienda per poter intervenire, la risposta era il silenzio. Nessun nome per paura di perdere lavoro o salario, quasi fossero ricattati. Ci siamo sentiti impotenti. Dove c’è sindacalizzazione siamo riusciti a fare accordi, a tutelare la sicurezza sul lavoro. Nelle piccole e medie aziende dove il sindacato non c’è non riusciamo. E questo fa rabbia perché i lavoratori stanno rischiando la vita. Solo nel settore tessile siamo riusciti a fare due segnalazioni al Prefetto.

Le sanificazioni dei luoghi di lavoro come procedono?
Quelle si fanno. Anche nelle nostre sedi sindacali. Tutti i giorni. Oltre a Ermes e Roberto che lavoravano qui a via Folonari, ci sono stati una decina di casi di positività nelle altre sedi. La paura c’è, ma anche tanta voglia di aiutare i lavoratori ad averne meno. Dopo la morte di Ermes e Roberto ci siamo detti che la Fiom e la Cgil di Brescia continueranno nell’impegno per superare insieme anche questo momento di grande difficoltà.

MASSIMO FRANCHI

da il manifesto.it

foto: screenshot

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