Un ragazzo di quindici anni con le idee chiare, con una umanità profonda, senza confini e rigidità mentali, privo di pregiudizi. Simone non le manda a dire ai militanti neofascisti che aizzano gli abitanti di Torre Maura e inaspriscono la cattiveria (perché di questo si tratta, non di “semplice” razzismo), la crudeltà verso settanta persone italiane come loro che sono di cultura rom.
Simone diventa subito il simbolo cui ci aggrappiamo per avere una speranza: una speranza che l’Italia non sia diventata quel grande vuoto disumano, quella culla della crescita di una nuova banalità del male così facile da alimentare e far progredire seguendo la linea delle disgrazie quotidiane di milioni di cittadini resi poveri dalle crisi economiche riversate sempre e solo sugli sfruttati; anche su un sottoproletariato come quello di Torre Maura che non rivendica condizioni di vivibilità per tutti, ma che si lascia sedurre dalla sirena dell’odio verso le minoranze.
Le minoranze Simone le individua come elemento caratterizzante la propaganda di chi è lì e se la prende con persone che nulla hanno a che vedere con i disservizi comunali, con il bilancio della giunta, con mille altre problematiche sociali.
L’assunto, che anche Simone vede, è questo: come fanno quelle persone a diventare “il” problema del quartiere? Tutto ad un tratto sono i rom l’origine di ogni possibile futuro furto, di ogni probabile futura insicurezza notturna e diurna per chi esce di casa?
Simone mostra tutta la timidezza dei suoi bellissimi quindici anni, ma reagisce, botta e risposta e ci insegna che anche a quell’età si può pensare e riflettere e avere a cuore l’uguaglianza come fondamento di vita.
Dunque non esistono alibi per i “più grandi” che per difendere gli interessi nazionali votano per i sovranisti o i populisti pensando di tutelare gli interessi dei più deboli.
Se l’ha capito un quindicenne, può capirlo anche un trentenne o un cinquantenne.
Ma forse non è nemmeno una questione concernente l’età anagrafica: si tratta di osservazione, di punti di vista, di cultura espressa attraverso un umanesimo che oggi è ridotto all’osso.
Si tratta di sentirsi non superiori alle minoranze. Come Simone. Che non si sente in dovere di reclamare più diritti rispetto ad altri, ma semplicemente di difendere i diritti di tutti.
(m.s.)
4 aprile 2019
foto tratta da Pixabay