Si. Ormai è sicuro. L’hanno deciso. Sarà Matteo Renzi il leader dell’Italia del futuro. Una poderosa macchina mediatico informativa è stata messa al suo servizio. Ogni sua mossa fa notizia, riempie paginate di giornali (specie i “grandi giornali”), apre i notiziari televisivi, inonda le cosidette “reti”.
Il suo effetto novità sostituirà quello che fu ed è stato di Berlusconi. Depurandolo del populismo e rendendolo eticamente più pulito e presentabile. Renzi sarà l’uomo che, coronando con qualche decennio di ritardo, il sogno originario di Repubblica, guiderà l’incontro tra popolo della sinistra (da tenere buono) e capitalismo illuminato e confindustriale (un tempo industriale, oggi prevalentemente finanziario) in una prospettiva di definitiva americanizzazione del sistema politico e di liberismo “puro”, senza cioè quei vincoli protezionistici, cari e utili alla piccola e media borghesia, che nemmeno la destra e Berlusconi, per esigenze elettorali, avevano mai osato violare. Renzi potrà far leva su un indistinto desiderio di “vittoria” del suo partito, potrà contare e porterà in dote il consenso di un elettorato ormai del tutto privato di spirito critico e cultura politica e avrà, in cambio, l’adesione di un pezzo di elettorato di destra e di settori della destra sociale (quella piccola e media borghesia di cui sopra), delusi dalla caduta di Berlusconi, insofferenti alla crisi e desiderosi anch’essi di una qualche indistinta novità, non troppo di sinistra.
Non c’è nessuno in grado di far fallire questo disegno. Non sarà certo il Pd che anzi lo sospinge, non sarà una sinistra che non esiste più o non conta più niente, non saranno i poteri forti che hanno partorito l’idea; non sarà una destra che, per ora, ha finito di fare il suo lavoro sporco. L’unico ostacolo, paradossalmente, viene dalla realtà in se, dalla frammentazione, dal decadimento e dall’impazzimento della società italiana nella quale non esiste più, nemmeno in negativo, una forza egemone, un punto di riferimento certo e indiscusso, si, paradossalmente nemmeno un potere forte, in grado di imporre la sua volontà.
La forza di Renzi è il fatto che egli dimostra di non avere un disegno organico. I suoi interventi (non lo so se lo faccia apposta, a quel punto sarebbe molto bravo, o d’istinto) colgono il disimpegno e la frammentazione, sono sempre un mix di banalità, battute e indirizzi di carattere particolare, a volte “culturalmente” contraddittori.
Ora, non c’è dubbio sul fatto che egli, nei due temi principali, la riforma del sistema politico e, soprattutto, la politica economica e sociale, sia uno di “destra”. C’è una battuta indicativa nell’ultimo intervento riportato dal Corriere della Sera. Alla domanda con quale parola identificherebbe la sinistra, risponde: libertà. Una volta le parole della sinistra erano altre: uguaglianza, giustizia, solidarietà, che sarebbero, tra l’altro, più che mai attuali. La sua preferenza è invece già tutto un programma, perché la libertà, nella situazione data dell’Itala di oggi, è la libertà per chi può (i pochi che possono) e la servitù per la maggioranza che non può. Non è un caso che Renzi riscuota i consensi incondizionati di Claudio Martelli che, addirittura, lo indica come il “terminator” dell’opera avviata da lui e da Craxi (peccato finiti male!), quella di “asfaltare” i comunisti.
Renzi è anche un demagogo e un imbroglione. E’ una parte che sa fare molto bene, forse quella che gli riesce meglio. C’è ancora una sua battuta (sempre dal Corriere della Sera) nella quale all’obiezione sul doppio incarico (segretario e sindaco) ribatte che preferisce “fare il segretario rimanendo in mezzo alla gente a inaugurare asili e case popolari”. Quasi che il segretario di un grande partito sia uno che sta sulla luna, un burocrate dei palazzi romani distaccato dalla realtà. Quasi che lui sia un superman che assolve insieme a compiti impossibili da sommare per la gente normale. Quasi che uno che fa politica non avendo da gestire un potere per acquisire consenso, ma cercando di conquistare la gente alla purezza di un ideale, non rientri nella sua capacità di comprensione della realtà.
Ma il fatto grave è che egli possa fare queste affermazioni (che hanno cittadinanza solo in quella incultura politica ormai dilagante di cui si diceva) senza che nessuno dei suoi competitori e dei dirigenti, anche storici, del suo partito lo prenda (metaforicamente si intende) per i bavero o a calci nel culo.
Hanno creato un mostro che adesso li “asfalterà”. Peggio per loro.
LEONARDO CAPONI
redazionale