Che bel giochetto: le dimissioni dei ministri del Pdl imposte da Silvio Berlisconi rappresentano una accelerazione per un centrodestra disperante di salvare il suo capo dalla decadenza dai pubblici incarichi istituzionali. La eventuale caduta del governo non può non essere una buona notizia.
Ora serve una sinistra che si unisca in un progetto comune per affrontare le prossime elezioni politiche che potrebbero giungere dopo il classico governo “di scopo” che si metterà al lavoro per una nuova legge elettorale, la legge di stabilità…
La situazione non ci prende in contropiede, ma sicuramente ci vede tutte e tutti – a sinistra – in difficoltà per affrontare la prossima tornata elettorale.
Ma esistono veramente le condizioni politiche e sociali (la connessione tra i due aggettivi è necessaria se si vuole dare vita ad una credibile proposta di alternativa a tutto questo ciarpame politico) per mettere in campo un polo, un soggetto che dica a chiare lettere che non è possibile altro se non l’alternativa a chi ha governato fino ad oggi?
La destrutturazione del “senso” della politica nell’intero Paese è una evidenza cui dobbiamo fare fronte e di cui dobbiamo avere consapevolezza e quindi piena coscienza. Non esiste più una relazione tra le diverse cariche dello Stato che risponda al normale succedersi dei fatti. Tutto viene deciso dalla volontà berlusconiana di salvataggio dall’itinere previsto dalla legge per quanto concerne il processo Mediaset e da quel voto che il Senato avrebbe dovuto esprimere il 4 ottobre prossimo e che, con tutta evidenza, slitterà sine die.
La politica italiana, dunque, è senza argini, il fiume in piena sbatte contro l’improvvisazione di questa o quella parte senza avere un percorso se non lineare, almeno definito. L’indefinizione regna sovrana e la vendetta della storia si abbatte sul Paese con conseguenze veramente pericolose per la tenuta anche solo nominalmente apparente della democrazia.
Il Partito democratico accusa il Popolo della libertà di essere irresponsabile, banditesco e così via. Sbaglio o ci ha governato insieme fino ad ora portando avanti la “stabilità” del Paese (leggasi: delle grandi imprese e del grande capitale)?
Ma gli amici del Partito democratico non possono piangere lacrime di coccodrillo e non possono gettarsi a recitare scene da tragedia greca: il giochetto del voto utile è stato un trucco aggiunto al trucco della legge elettorale.
Il fallimento delle larghe intese è dettato principalmente da questioni che esulano la sperimentazione ulteriore dell’unità politica del blocco borghese in difesa degli interessi economici della Troika europea.
Letta cade, se cade, per una vicenda troppo forte per Berlusconi per poter essere sacrificata persino sull’altare delle esigenze del mercato. Riuscirà la borghesia italiana ed europea, la grande finanza internazionale, il centro di potere economico rappresentato dalla Banca Centrale Europea a comprendere queste ragioni veramente e meramente personalistiche?
Anche per i signori del mercato viene prima l’interesse di classe che quello singolo di un loro oltremodo burlesco rappresentante italiano. La stroncatura dell’atto delle dimissioni dei ministri del Pdl l’hanno già data gli indici di borsa, ora non resta che assistere al teatrino delle salite e discese a Quirinale per osservare se sarà possibile la formazione di un Letta bis magari con Sinistra Ecologia e Libertà dentro insieme a qualche transfugo berlusconiano come il saggio professor Quagliariello che, è notizia fresca, ha dichiarato che non farà parte della nuova Forza Italia dove vede soltanto un gruppo politico di peronisti e non un centrodestra liberale che riunisca i moderati italiani.
La nemesi ora si abbatte su tutte e tutti noi. Anche il Pd ha la resposabilità di tutto questo. Siamo nel brutto mezzo di vero e proprio ginepraio. La legge elettorale va cambiata e mutata in senso fortemente proporzionale. Andare al voto come sostiene Grillo con il porcellum vuol dire non avere buona fede e non avere a cuore la democrazia rappresentativa.
La democrazia diretta di Grillo muore davanti alle sue affermazioni sul porcellum e su quelle riguardanti i sindacati e sul silenzio sui temi del lavoro, a dimostrazione del carattere trasversale del movimento grillino che non pone accenti se non sulle questioni che possono sollevare gli umori neri delle persone nei confronti delle istituzioni ma senza muovere nulla in favore dei diritti sociali e della giustizia sociale.
Dopo il cambio della legge elettorale occorre andare al voto. Pd e Pdl, che restano due forze che aggregano diversissime anime, non vorranno mai una legge elettorale proporzionale, a meno che non sia la Corte Costituzionale a dichiarare decaduta parte della legge Porcellum e a riformare (involontariamente) la legge stessa in senso proporzionale.
Il Presidente Napolitano esce dalle sue competenze spesso e questo non è certo un altro segno di dipanamento della ingarbugliata situazione in un cui si trova il Paese…
Insomma, grande è il disordine sotto il cielo italiano. Dobbiamo mettere fine alla politica truccata dalle leggi elettorali e dai giochetti di palazzo così palesemente evidenti, squallidi, privi di ogni ipocrisia. E’ saltata anche la maschera che voleva far apparire tutto ciò come un cursus honorum per la tanto celebrata “stabilità” governativa e la conseguente stabilità dell’economia.
Non esiste nessuna ripresina, nessuna ripresa, nessuna inversione di rotta per la produzione di ricchezza se non quella che ha dettato prima il governo Monti e poi quello di Letta nella protezione e nella gestione dei conti delle grandi banche e del grande capitale finanziario.
E’ necessario uno sciopero generale contro questa deriva antidemocratica, per la riaffermazione del lavoro come centro ispiratore delle politiche di un governo che, se fosse veramente tale, dovrebbe essere tutto fuorché formato dalle attuali forze che siedono in Parlamento. A parte pochissime eccezioni, le attuali forze parlamentari sono espressione di una delega deformata espressa con una legge elettorale altrettanto deformata per ottenere maggioranze che altro non sono se non dei piccoli colpi di Stato per poter governare senza maggioranza vera, ma con un rapido gioco di mani che truccano la partita e barano senza alcuno scrupolo.
Lavoratori e lavoratrici, studenti, pensionati, disoccupati e precari e quanti vivono e sopravvivono devono poter fare fronte unico e schierarsi contro le destre di conclamata antisocialità, contro un Partito democratico che non intende cambiare rotta nella difesa dei ricchi piuttosto che dei deboli, contro anche una sinistra pronta a fare da stampella a questi riformismi che vengono definiti tali ma che altro non sono se non politiche di compiacimento per avere spazio in Parlamento e per evitare il soffocamento e l’asfissia da proposte di rinnovamento (proprio in nome della modernità).
Così, anche, un blocco compatto, una nuova massa critica di ceti deboli e sfruttati deve farsi carico di esprimere una rappresentanza forte di sinistra in un nuova Parlamento. Ma una sinistra anticapitalista, radicalmente contraria a questa Europa dei banchieri, che dica di “no” e disobbedisce alla Banca Centrale Europea per riconsegnare una sovranità nazionale ai provvedimenti economici da prendere ad esempio sulle fabbriche portate al disastro: dall’Ilva alla Fiat, dalle vergognose svendite di Telecom Italia ad Alitalia.
Una sinistra che fermi le spese belliche e che fermi le grandi opere che servono soltanto ad ingrassare le tasche di speculatori e unisca i movimenti No Tav, No Muos, No Mose, contro il Terzo Valico per una generale lotta di difesa dei beni comuni e dei territori, unendo ambiente, lavoro e pace in un unico programma di governo e di rilancio di una Repubblica frastornata, vilipesa e tradita nella sua Costituzione che si vorrebbe stravolgere e che, forse, l’unico effetto positivo di questa crisi di governo sarà proprio l’impedire il suo stravolgimento per il solo sconvolgimento delle tempistiche necessarie a questi golpe bianchi.
Insomma, dobbiamo fermare e ribaltare i ricatti berlusconiani e fermare e ribaltare i trucchetti delle leggi elettorali.
Come vedete non c’è più tempo e non s può stare a guardare aspettando che qualcuno costruisca questa sinistra comunista e di alternativa per voi. Facciamolo insieme, tutte e tutti quanti. Questo non è un appello e non è nemmeno un richiamo al “buon senso”.
Questa è semplicemente una necessità, un dovere che chiunque di voi vive del suo salario, sopravvive della sua cassa integrazione o della disperazione della disoccupazione e di lavori precarissimi deve incarnare e realizzare concretamente con una lotta sociale e politica ovunque sia possibile. Unendo queste lotte e lasciando indietro ogni elemento di divisione, frammentazione e diversificazione che potrebbe rallentare rivendicazioni che non sono più procrastinabili.
Rifondazione Comunista deve mettersi subito al servizio di un processo di questo tipo, con grande umiltà e anche con la dignità che la contraddistingue seppure nella debolezza che l’attraversa. Forse i tempi del congresso non coincideranno con le precipitazioni politiche che viviamo oggi. Dovremo prenderne atto e scegliere cosa fare, quale priorità darci. E forse questa sarà la scelta definitiva per noi, per verificare per l’ultima volta se esiste oppure no ancora una connessione tra un partito comunista e chi intende rappresentare.
MARCO SFERINI
29 settembre 2013