L’Italia dei miracoli. Storie di santi, magia e misteri

Nel mezzo del cammin della sua vita, Bernardino degli Albizzeschi, meglio noto come San Bernardino da Siena, riferisce che il culto cristiano spesso e fin troppo volentieri si sincretizza...

Nel mezzo del cammin della sua vita, Bernardino degli Albizzeschi, meglio noto come San Bernardino da Siena, riferisce che il culto cristiano spesso e fin troppo volentieri si sincretizza non soltanto con dicerie popolari ma, più ancora, con veri e propri riti che parrebbero essere quasi paganeggianti, frutto di superstizioni dal retrogusto atavico.

A questo proposito, riferendosi ai tantissimi scongiuri che si accompagnano all’officiare delle messe e delle celebrazioni canoniche, Bernardino li definisce «fatuas et insanas incantationes». In questo modo – asserisce il senese – coloro che li praticano «credunt se invocare nomen Domini et invocant nomen diaboli … facturis et aliis incantationibus … carnalem copulam impediri».

In ogni riferimento passo teologico ancora oggi reperibile, e non solo in quelli appena citati, si ritrova la preoccupazione che la diffusione di questi pensieri magici possa contendere in qualche modo alla Chiesa di Roma il primato tanto su questioni prettamente religiose quanto quello – evidentemente mai dichiarato – sulla capacità di manipolare la credulità popolare.

Ed il più temuto dei risvolti in questo senso è quel “magismo” che è stato un fenomeno squisitamente del volgo, individuabile soprattutto nelle comunità più rurali, là dove l’influsso degli studi teologici non arrivava, nella sua competizione con quelli più prettamente scientifici, a farsi un po’ di spazio tra millenarie credenze che si sono adattate nel corso del tempo ai mutamenti dei culti.

Se c’è – come c’è – una qualche correlazione tra religiosità, misticismo e mondo metafisicamente alterato da un senso del sacro che trascende un po’ tutto e tutti, questa va indagata e studiata senza alcun preconcetto. Soprattutto da chi, laico e non credente in ciò che gli esseri umani dicono di Dio (avendo loro stessi creato il Dio che più gli si confaceva, a propria immagine e somiglianza), potrebbe incapparvi senza nemmeno accorgersene.

Esimio studioso di tutti questi fenomeni che ondivagano tra tradizione evangelica, biblismo, secolarismo popolare e mistificazioni di varissima natura, Marino Niola ha pubblicato nel 2024 un saggio davvero interessante per Raffaello Cortina editore: “L’Italia dei miracoli. Storie di santi, magia e misteri“. Ombre e chiarori, luce e tenebre, dipanamenti di cento e più culti profani, avvolti nelle nuove credenze di massa. C’è tutto questo e anche di più nella scorrevole lettura che propriamo.

C’è la “religiosità popolare” che non si contrappone a quella “ufficiale” e che, probabilmente, sarebbe persino sbagliato definire “concorrenziale” alla stessa. Ma l’incontro è inevitabile: culto e rito esprimono una voglia di sacralità che è il primo dato evidente, riscontrabile tanto in chi professa la fede propriamente cristiana (nella sua accezione cattolica) quanto in chi le affianca precetti che non fanno parte del messale romano.

Vi sono casi in cui il sacro e il profano si lambiscono, si tangono accorciando le distanze di un parallelismo che non li abbandona veramente mai nel corso della Storia. Nel testo di Niola un esempio davvero illuminante in questo senso è la devozione per la Madonna di Montevergine in provincia di Avellino. Lo stesso autore ha dichiarato che la si può definire «è una Madonna gay frendly, un suo primo miracolo è stato proprio un salvataggio di due omosessuali, condannati e lasciati nel bosco».

Nessuna precursione dei tempi modernissimi di un oggi in cui le laiche “frocessioni” si contrappongono alle classiche “processioni“; ma la più semplice dimostrazione che la vastità della cultura popolare è tale da necessitare di una copertura maggiore delle proprie disperazioni e disperansie rispetto a quella che possa offrire il pure ampio spettro del cattolicesimo o di qualunque altra forma abbia potuto prendere il Cristianesimo non può delle origini ma mutuato dai tanti accadimenti europei.

Del resto, non è una novità che, mentre le religioni monoteiste prendevano a strutturarsi in seno ai poteri costituiti nel mondo allora conosciuto (sull’asse tra Roma e il Medio Oriente, ma non di meno proiettate, molti secoli dopo, nella “vicina” Asia), in concomitanza continuavano ad esistere ritualità magiche, taumaturgie che, almeno in Italia, hanno consentito persino l’affiancamento tra santità e magia.

Niola sottolinea più volte che la religiosità resiste nel tempo anche grazie alla simbiosi che si crea con questo paganesimo strisciante, con un tradizionalismo ancestrale che è davvero resilientissimo in saecola saeculorum e che, nonostante l’ostracismo clericale, è paradossalmente un supporto alle credenze, nonostante paia inficiarne di volta in volta le certezze e liberare la gente da superstizioni del potere per abbracciare superstizioni proprie e non dettate dall’alto.

Rimane, come elemento catalizzatore, quel senso del sacro che solo in Pasolini assumeva una coloritura prettamente laicheggiante e naturalistica; mentre nella condivisione sociale e comunitaria è un legame identitario mediante il quale ci si riconosce parte di un luogo, di una storia personale e collettiva, di un passato, di un presente e, quindi, di un futuro. L’evangelismo cattolico, tutt’oggi, è predicazione contro le diseguaglianze, le ingiustizie, le guerre, le sopraffazioni.

Ma la Chiesa nel corso dei millenni ha disegualizzato, creato ingiustizie sociali, civili e morali: ha partecipato, benedetto e condiviso guerre tra le più diverse e non solo in Europa. Ha benedetto tutto il benedibile e maledetto soltanto ciò che la minacciava utilizzando l’Inquisizione sul piano pratico e la superstizione su quello fideistico. Molto difficile che la Curia romana possa dirsi estranea a fenomeni di preconcettualità in toto.

Le figure dei santi sono il tentativo, riuscitissimo, di accomunare umanità e sacralità divina: nella persona simile a noi che compie quelli che vengono definiti “miracoli“, si sostanzia l’evidenza più conclamata della volontà superiore che, mediante lo strumento umile della donna o dell’uomo che compie il prodigio, mostra il suo intervento nel mondo.

Qualcuno pensa di poter liquidare magismo, credenze popolari e taumaturgie varie con un troppo facile riferimento ad una ignoranza diffusa che, invece, sarebbe molto lontana dalla fede propriamente detta, intesa e praticata. Ma, in realtà, le somiglianze tra superstizioni considerate illecite perché autoprodotte dalla gente comune e superstizione date per “regolari” e “ufficiali“, chiamate appunto “religione“, queste somiglianze sono fin troppo evidenti.

Tanto più la disperazione e l’ansia di sopravvivenza si fanno sentire nell’animo umano (quindi nella psiche), altrettanto vengono prepotentemente avanti i bisogni di astrazione dal concreto per rifugiarsi nell’imponderabile, nell’impossibile come luogo di evasione dall’invivibile possibile, dal mal sopportabile presente.

Spesso si sente affermare che la gente non va più a messa, che diserta le chiese e che, comunque, trova mille altri modi per pregare, per rivolgersi a Dio. Basta entrare in una qualunque basilica o anche piccola chiesa di provincia per avere contezza del fatto che la ritualità cattolica patisce, in termini di partecipazione da parte dei fedeli, una flessione e non certamente soltanto da oggi.

Tuttavia, quando si tratta di pellegrinaggi nei grandi santuari della miracolistica accertata con decreto papale, da Medjugorie a Fatima, da Lourdes a San Giovanni Rotondo, i visitatori all’anno sono milioni e milioni e gli introiti per le casse di questi enti lo sono moltiplicati per due, tre, quattro volte. La preghiera silenziosa o mestamente ascoltata nelle Chiese ha bisogno del terzo elemento citato nel titolo del libro di Niola: un po’ di mistero.

Mentre nelle spianate e sulle irte colline dove appare, con precisione temporale degna di un orologio elvetico, la figura candida della Madonna, il mistero si svela attraverso l’indiretto contatto dei veggenti, l’osservazione del miracolo che è sensazionalismo portato all’eccesso, gadgetizzazione della fede, sperimentato abuso della credulità popolare.

Eppure anche il miracolismo fa parte della grande famiglia delle superstizioni cattoliche: con prudenza, si intende. Perché la Chiesa conosce bene le tante trappole che si possono trovare disseminate nel cammino che la separa dalla ciarlataneria e nel profittamento che qualcuno mette in pratica dicendosi illuminato dalla grazia (che è altro dal miracolo tout court), aprendo un sito web e smerciando magliette, rosari e crocifissi di vecchio come di nuovo stile.

C’è, addirittura, chi ha dato vita a delle sorte di icone pop di una ultramoderna afferenza alla religiosità e alla fede provando a mettere insieme cultura new age e paleocristianesimo. C’è chi si è fatto la sua chiesa personale, autocefala e indipendente da Roma, scomunicando il papa, anatemizzando contro il Vaticano. Se tutto è permesso, nulla può essere vietato, e viceversa.

Dietro tutti questi riti, misteri, magie, credenze e credulità, c’è un grande studio antropologico che oltrepassa veramente le epoche dell’evoluzione culturale e antropologica tanto europea quanto italiana. La lettura del saggio di Niola è un viaggio alla scoperta di una serie di borghi dell’animo umano, dove nelle viuzze più strette si trovano storie che paiono inedite perché nessuno le ha mai raccontate al grande pubblico.

Eppure stanno lì, da centinaia di anni e si riformano e concretizzano ogni anno in feste, processioni, lodi e canti che uniscono la comunità più piccola, come quella delle grandi città, intorno al santo di turno, presente sul calendario tutt’altro che laico, e quindi ripropongono – senza che nemmeno ce ne rendiamo conto – un invito all’accostamento al sacro come espressione indispensabile di un io costretto al confronto oltre il tempo.

Dal culto della Dea Madre (di Cerere) alla venerazione delle stimmate di Padre Pio intercorrono millenni, ma rimane una vena ininterrotta di folklore che è il patrimonio indiscusso di un misticismo popolare in cui l’oralità del tramandare vecchie favole e ripetutissimi miti ha avuto, oltre ogni ragionevole dubbio, il primo posto sul palcoscenico della credulità a tutto tondo.

Invece di essere quello che dovrebbero oggettivamente essere, quindi fiabe colorite da contorni pittoreschi di localismo quasi un po’ tribalistico, le narrazioni secolari sono divenute parte integrante di una religiosità diffusa che convive col culto ufficiale. Quest’ultimo rimane ambivalentemente al di sopra di uno spontaneismo popolare che considera inferiore per ispirazione, per definizione stessa. Perché soltanto la Chiesa ha la titolarità della rappresentanza ufficiale della volontà di Dio sulla Terra.

Soltanto la dottrina cattolica è universale e nessuno può pensare di affermare di essere ispirato in eguale modo. Chi lo fa diventava eretico un tempo, scismatico in tempi più moderni e sospeso a divinis nel migliore dei casi se ecclesiastico, allontanato dalla comunità se laico.

Marino Niola ci fa scoprire gran parte di questi misteri, senza risolverli: togliendo un po’ di polvere del tempo da loro e permettendoci di conoscere meglio, in fin dei conti, qualche timore nemmeno troppo nascosto del nostro titubante, incerto, claudicante animo autocosciente, costretto nell’esistenza incomprensibile eppure così grande e affascinante. La magia, il credere ed il perdersi nel mistero fanno parte del recondito che ci abita.

L’angolo nemmeno tanto buio in cui si trova l’inespresso, l’incosciente che ha qualcosa di magico, ma non nel senso di trascendentale e iperuranico. Semmai, se dessimo più retta alle nostre sensazioni e non le elevassimo là dove si perdono nella rigidtà del rito e della superstizione a tutti i costi, intuiremmo dove ci vuole portare la psiche, il soffio interiore che non sappiamo se essere un prodotto divino immesso in noi.

Di sicuro è parte di noi e non la dobbiamo sciupare affidando il timore ad un rito magico o ad una volontà esterna, dominante o meno. Dobbiamo scoprire il sacro in noi, nell’unicità irripetibile che ci contraddistingue e che è, forse, questo sì, il vero miracolo di una complessità della materia di cui rimane e rimarrà forse per sempre il mistero della sua essenza, della sua esistenza.

L’ITALIA DEI MIRACOLI. STORIE DI SANTI, MAGIA E MISTERI
MARINO NIOLA
RAFFAELLO CORTINA EDITORE
€ 14,00

MARCO SFERINI

8 gennaio 2025

Foto di Francesco Ungaro

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