Tutto «inventato» per il ministro degli esteri israeliano Yisrael Katz il contenuto del rapporto di Amnesty International Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza, che in 296 pagine dimostra come la condotta di Israele nella Striscia abbia «lo specifico intento di distruggere i palestinesi».
Lo stesso per il suo portavoce Oren Marmorstein, per il quale il gruppo per i diritti umani, che già nel 2022 aveva accusato Israele di apartheid, è una «organizzazione deplorevole e fanatica».
Fanno eco Adl (lega antidiffamazione), organizzazione non governativa ebraica con sede negli Stati uniti, che in un comunicato definisce il rapporto «pieno di inesattezze, difetti e distorsioni dei fatti», e l’Aipac (American Israel Public Affairs Committee), secondo cui «Israele sta facendo tutto il possibile per avvertire i civili degli attacchi imminenti e per fornire cibo, acqua, medicine e carburante a Gaza».
Non è dello stesso avviso Louise Wateridge, responsabile delle emergenze dell’Unrwa, in questo momento a Gaza, che in un post su X ha denunciato la catastrofica situazione umanitaria in cui vivono i bambini: «non si capisce più se stanno tremando per il freddo o per la paura dei droni e delle bombe».
Anche la Comunità ebraica americana (Ajc) respinge fermamente «l’accusa infondata e infamatoria di genocidio» da parte dell’ong che «non avendo accesso al terreno non tiene conto delle voluminose prove pubblicate dall’Idf». Un cane che si morde la coda: sono le stesse autorità israeliane a ostacolare, quando non impedire totalmente, l’accesso nell’enclave palestinese.
Di ieri, invece, è il filmato diffuso sui social media proprio dai soldati israeliani, che ritrae alcuni di loro mentre aggrediscono e insultano un giovane palestinese dopo averlo prelevato dal suo letto, arrestato e trascinato via sotto la minaccia delle armi. Le immagini sono state immortalate da telecamere attaccate alle uniformi dei militari, il prigioniero è bendato e in ginocchio.
Non sono migliori le condizioni degli altri detenuti: la Società dei prigionieri palestinesi ha dichiarato che Israele sta trattenendo nelle sue carceri i corpi di 46 palestinesi uccisi, su un totale di 57 detenuti ammazzati dall’inizio dell’invasione.
Il rapporto «Genocidio Gaza» ha provocato un terremoto persino dentro la stessa Amnesty, portando alle dimissioni del presidente della sezione israeliana e di due esponenti palestinesi del direttivo dell’organizzazione. In una nota, la sede centrale «si rammarica» della condanna di Amnesty Israele verso il rapporto: «La messa a tacere delle voci dei palestinesi da parte di Amnesty International Israele è inaccettabile e verrà valutata attraverso i processi democratici internazionali dell’organizzazione».
Nella Striscia, intanto, si moltiplicano le stragi. Sale a 44.580 il bilancio totale dei morti, secondo il Ministero della salute palestinese. Dati confermati dall’Onu e che non tengono conto dei dispersi, impossibili da contare. Nelle ultime 24 ore sono stati uccisi almeno 48 palestinesi, 202 i feriti.
Nel nord sotto assedio e attacco da due mesi, non si riescono ancora a contare i morti e i feriti dell’ultimo attacco all’ospedale di Kamal Adwan: i filmati di Al Jazeera Arabic mostrano pavimenti pieni di sangue e corpi per terra. Dietro l’ospedale, un attacco aereo ha ucciso 7 palestinesi dentro la loro casa, una piazza residenziale è stata ridotta in polvere e un’intera famiglia sarebbe ancora sotto le macerie.
In un altro attacco a Gaza City sono morte almeno 25 persone. A sud, nell’area di Khirbet al-Adas, vicino al valico di Rafah, un assalto aereo ha causato la morte di almeno 2 palestinesi. Nella zona meridionale della Striscia 13 dei 22 veicoli antincendio e di soccorso hanno smesso di lavorare a causa della carenza di carburante.
Nel racconto di Hind Khoundary, reporter di Al Jazeera, il fumo continua a salire anche dal campo profughi di Al-Mawasi, dopo il raid di due giorni fa. Il bilancio delle vittime sale a 21 e decine i feriti, sostiene il direttore dell’ospedale Nasser, nella vicina Khan Younis. Corpi di donne e bambini «inceneriti».
ENRICA MURAGLIE
foto: screenshot dal sito di Amnesty International