Meloni torna al comizio tv per bastonare l’opposizione

La spaccatura della maggioranza? «Non c’è da preoccuparsi». Chi la contesta è invece irresponsabile

Giorgia Meloni ha sostituito le conferenze stampa, appuntamento scomodo, con periodiche apparizioni nei programmi tv nei quali si sente a casa. Ieri era il turno del programma di Nicola Porro Quarta Repubblica. Ma la premier non era in vena di rispondere a domande.

Le interessava il comizio e in particolare rispondere a muso duro all’opposizione e contrattaccare. Ai temi reali dedica appena una manciata di minuti. Sulla spaccatura non ancora rimarginata della sua coalizione se la cava con una battuta al volo: «Litighiamo la mattina e beviamo un bicchiere la sera. Qualche inciampo c’è ed è fisiologico ma non c’è da preoccuparsi».

L’ossessione è bastonare l’opposizione, con tanta insistenza da autorizzare il sospetto che qualche preoccupazione ci sia. Non che abbia sempre torto. Quando afferma che la battutaccia col gioco di parole su Atreju fatta in tv da un giornalista se fosse partita da qualcuno di destra avrebbe provocato altissimi lai non va lontana dalla verità.ù

Ma quel che interessa davvero la premier è altro. È tacciare di irresponsabilità pericolosa chiunque le si opponga: «Quando persone che hanno responsabilità pronunciano parole pesanti dovrebbero preoccuparsi delle conseguenze», afferma. Allo stesso tempo, alla faccia del principio di non contraddizione si sbraccia per dimostrare che gli irresponsabili in questione pesano pochissimo: «Capisco la difficoltà di Landini, perché i suoi argomenti sono deboli come i suoi risultati: nel pubblico impiego l’adesione allo sciopero generale è stato sotto il 6%», sostiene. Perché tanta preoccupazione allora?

L’unica novità della giornata non viene neppure citata: le nomine del suo fedelissimo Tommaso Foti a ministro degli Affari europei e di Galeazzo Bignami, il “burlone” che ama farsi ritrarre in camicia nera e con la svastica, a capo dei deputati in sostituzione del promosso. La presidente ci aveva già pensato con un comunicato eloquente: «Tommaso è un politico di grande esperienza e capacità, tra le migliori risorse di cui FdI dispone. È un militante appassionato e coerente, che ha dedicato fin da giovanissimo la sua vita al servizio della sua comunità e della Nazione». Insomma uno della vecchia guardia, un ex missino e soprattutto un fedelissimo, come piacciono a lei.

Bignami per la verità non è la prima scelta. La presidente avrebbe preferito Donzelli, che però a lasciare la postazione decisiva di capo dell’organizzazione del partito non ci pensava per niente. Il problema di Bignami non era quella svastica, ma il carattere non precisamente accomodante dell’uomo, oppure forse i cinque anni passati in Forza Italia prima di tornare all’ovile tricolore. Alla fine comunque la scelta è caduta su di lui.

E i nodi reali, che ci sarebbero eccome? Su Stellantis la premier dice il meno possibile. «Il governo è neutrale». Bontà sua, concede che persino la neutralità di fronte al mercato ha un limite: «I livelli occupazionali e l’indotto da difendere». Della defenestrazione di Tavares è contenta e ne riconosce il merito ai sindacati. A quello francese e a quello americano però, perché «il sindacato italiano invece è stato afono».

Sull’altra faccenda realmente spinosa, il tentativo di acquisizione di Bpm da parte di Unicredit il giudice inappellabile si chiama Giancarlo Giorgetti e da come la mette la presidente c’è il caso che intervenga nonostante gli strepiti di Tajani: «Il governo interviene se rileva che l’operazione non rientra negli interessi nazionali, cioè se i risparmi degli italiani vengono controllati da centrali che non hanno il core business in Italia. Ma decide il ministro dell’Economia».

Solo sull’Albania un po’ Meloni si allarga: per giurare che farà quanto in suo potere per travolgere le resistenze. Punta sulla Corte di Giustizia europea «e vedremo quanto sostegno avrà la posizione italiana». Ma se dovesse andare male «ci sono altre soluzione e ci sto lavorando. L’Albania funzionerà». Chi pensa che quella partita sia chiusa con la raffica di figuracce già collezionate dal governo sbaglia. In un modo o nell’altro Meloni cercherà di forzare.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv

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Politica e società

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