“O cambiamo subito o siamo destinati ad un lento declino”. Intervista ad Andrea Orlando

La Liguria al voto per l'elezione del nuovo Presidente

La Liguria è chiamata al voto domenica 27 e lunedì 28 ottobre per il rinnovo del Consiglio regionale e l’elezione del nuovo Presidente. Una scadenza arrivata anticipatamente a seguito delle dimissioni di Giovanni Toti.

A confrontarsi programmi, volti e visioni diverse della regione. Una di queste è portata avanti da Andrea Orlando, che sta girando da Sarzana a Ventimiglia per incontri, comizi, volantinaggi. Lo incontro a più riprese tra Genova e Savona e accetta con disponibilità di chiacchierare con La Sinistra quotidiana.

Partirei dai recenti fenomeni meteorologici in tutta la regione. La pioggia ha colpito per ore e con forza la Liguria, fiumi che esondano, frane, smottamenti, problemi legati ai trasporti e alla vita delle persone. Nell’esprimere massima solidarietà alle città colpite, al di là del tema ampio del cambiamento climatico, cosa si può fare “qui e ora”?

Ho espresso la massima solidarietà alle persone colpite dai disagi degli scorsi giorni. Ho sentito personalmente molti Sindaci dei Comuni maggiormente impattati. Ma solidarietà e vicinanza non bastano: dobbiamo occuparci urgentemente del dissesto del nostro territorio, puntando sulla prevenzione e uscendo dalla logica degli interventi di somma urgenza.

Per questo costituiremo un soggetto dedicato a questo scopo, che avrà un ruolo proattivo, non solo reattivo, di coordinamento puntuale, con un dialogo costante con i Comuni, specie quelli che per ragioni di dimensione, posizione geografica o densità abitativa, si trovano sovente nelle difficoltà burocratiche e operative e necessitano di sostegno e coordinamento nella progettazione degli interventi di contrasto al dissesto.

La Liguria va de-impermeabilizzata, dobbiamo fermare il consumo di suolo: nei primi cento giorni di mandato approveremo una legge contro il consumo del suolo, che lo porti a zero entro il 2040. Per prenderci cura del nostro territorio, è necessario integrare le strategie per la valorizzazione delle aree interne e della linea di costa. Il costo sociale dell’abbandono dell’entroterra porta il nome del dissesto idrogeologico e del degrado del patrimonio culturale e paesaggistico.

Tutto il nostro programma è informato di iniziative volte a tutelare l’entroterra, rilanciarne l’attrattività, sostenere l’agricoltura, promuovere la sostenibilità e la manutenzione del territorio. Parimenti, la zona costiera della Liguria rappresenta un patrimonio inestimabile, che dobbiamo valorizzare, rispettare e difendere dai fenomeni di erosione e dalle mareggiate.

Con il partigiano e sindacalista Giordano Bruschi

Ci siamo incrociati nei giorni scorsi all’incontro “Le sfide del lavoro” con Maurizio Landini. I dati presentati dalla CGIL sono allarmanti, anche in rapporto alle altre regioni. Una volta diventato Presidente come proveresti ad invertire la rotta?

In questi anni la Liguria è cresciuta meno del nord, cala l’occupazione e il lavoro creato in questi anni è tendenzialmente precario e povero. La nostra Regione ha affrontato fasi difficili senza essere adeguatamente attrezzata, con la diretta conseguenza che a fare le spese delle crisi sono sempre i lavoratori e le lavoratrici più deboli, più esposti.

Costruire lavoro di qualità è il cuore della nostra proposta politica, a partire dalla nostra idea di reindustrializzazione sostenibile: la Liguria deve ridefinirsi come un rinnovato e moderno centro industriale, attraverso una rivitalizzazione del settore come veicolo di lavoro di qualità, volano principale per invertire il trend di emigrazione strutturale dei giovani dalla nostra terra.

Serve una rimodulazione di Filse (Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico, nda), che sappia essere soggetto dedicato alla gestione delle crisi; serve investire sull’innovazione, in una Regione che ha progressivamente diminuito i fondi per Ricerca e Sviluppo.

Da Presidente della Regione approverò subito due misure a tutela della dignità del lavoro: per i giovani ci sono due misure che vorremmo approvare subito: la prima è l’innalzamento dell’indennità minima per tirocini extracurriculari da 500 a 800 euro mensili e la seconda passa per l’approvazione di una legge regionale che stabilisca il salario minimo pari a 9 euro lordi all’ora, per i salari dei contratti degli appalti e delle gare della Regione e delle proprie controllate, nello spirito della proposta nazionale sul salario minimo.

Agiremo specificamente sul contrasto alla disoccupazione giovanile e femminile, istituendo un “pacchetto regionale” di lavoro di qualità, che preveda premialità per le aziende che, partecipando a bandi regionali, sperimentino la riduzione degli orari di lavoro a parità di salario; riconoscano un congedo di paternità di almeno trenta giorni; e si impegnino ad assumere almeno il 30% di lavoratori under 35 e di lavoratrici donne, come per i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ho fortemente voluto da Ministro del Lavoro.

Sei stato un amministratore locale, deputato e perfino ministro. Cosa ti ha spinto a candidarti in una situazione non certo banale o scontata?

Le forze politiche liguri mi hanno chiesto di mettermi a disposizione, con la mia storia e la mia rete di relazioni, perché la nostra regione affronta uno dei periodi più bui della sua storia: corruzione, crescenti povertà, la sanità al collasso. Questa tornata elettorale è troppo importante: o cambiamo subito o siamo destinati a un lento declino.

Sono orgoglioso di essermi messo in gioco per la nostra terra: stiamo facendo una campagna tra le persone, con le persone, riscontrando entusiasmo e una richiesta urgente di cambiamento. Raccogliamo e interpretiamo questo bisogno e ci prepariamo a costruire un nuovo governo autorevole della Regione, sulla base di una piattaforma politica chiara.

In tuo sostegno, appunto, forze politiche e due liste civiche con diversi amministratori del territorio, anche dei piccoli comuni spesso ignorati dalla politica. Quali sono i punti del programma che più hanno unito la tua coalizione?

Innanzitutto la necessità di cambiare metodo rispetto al “Governo nelle segrete stanze” di Toti e Bucci, che in questi anni ha determinato una cesura tra Istituzioni e cittadini e tra Regione e Comuni, scientificamente adottata assieme alla pratica di un dialogo selettivo con amministrazioni vicine politicamente.

Non si può governare la Regione sulla base degli interessi di pochi ricchi privilegiati o pensando di aiutare i piccoli comuni sulla base della vicinanza politica. Questo metodo, alla lunga, sfibra le comunità, acuisce le distanze, crea politiche regressive. E poi l’urgenza di ristabilire, in questa Regione, l’accesso a diritti fondamentali che sono diventati privilegi: curarsi, spostarsi, studiare, lavorare.

Dobbiamo tenere insieme protezione e innovazione sociale, promuovere politiche specifiche di welfare per i giovani, costruire lavoro di qualità e ricucire le distanze, non solo geografiche, in una Regione sempre più divisa e diseguale.

Con Giuseppe Conte

Nelle liste che ti sostengono sono candidati anche diversi consiglieri regionali che in questi anni hanno fatto opposizione alla giunta Toti. Quale è stato il provvedimento più dannoso per la Liguria portato avanti dall’amministrazione uscente?

Dovendo sceglierne uno, dico il Piano Socio Sanitario Regionale. Le politiche di Toti hanno sfasciato la sanità pubblica. Secondo la Fondazione Gimbe, in Liguria si spendono in media 900 euro all’anno per curarsi: una cifra enorme, il dato peggiore del Paese. Il deficit strutturale della sanità ammonta a oltre 200 milioni, mentre sempre più persone si curano in altre Regioni o – addirittura – rinunciano alle cure.

Delle 32 Case di Comunità, previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, soltanto una è dichiarata attiva. Intere zone dell’entroterra stanno subendo un processo di desertificazione sanitaria, mentre nessuno dei nuovi ospedali previsti dal PSR è stato realizzato. Ecco, nella principale materia di competenza Regionale, che tocca nel vivo uno dei più importanti diritti fondamentali, si misura il totale fallimento di questa destra, che ha lasciato le persone sole davanti alla malattia.

Le elezioni regionali sono a turno unico e ci son ben 9 candidati presidenti. I sondaggi prevedono un “testa a testa” tra te e il sindaco di Genova Marco Bucci. Poiché in Liguria è previsto il cosiddetto “voto disgiunto” ti andrebbe di fare un appello in tal senso?

L’istituto del voto disgiunto ha la ratio evidente di garantire ai cittadini la massima libertà di scelta e va, pertanto, rispettato. Ciò premesso, ad oggi, qualsiasi rilevazione sondaggistica prevede un testa a testa tra la nostra proposta politica e quella della destra più regressiva che si sia mai vista in Liguria. Lasciami dire: la proposta di Bucci è, sostanzialmente, quella di un terzo mandato di Toti.

È la rivendicazione di un modello di sanità che favorisca il privato, infrastrutture bloccate, azzeramento delle politiche culturali, cementificazione selvaggia. Ma c’è una cosa in cui Bucci è peggio di Toti: nel praticare scientificamente la discriminazione, nel costruire una società escludente, sostenendo più o meno esplicitamente l’idea di società di Vannacci e Bandecchi. Una sorta di Trump al pesto.

Ecco, nella legittima libertà di espressione di qualsiasi preferenza politica, ricordiamoci che questa è la destra con cui abbiamo a che fare e che dobbiamo battere.

Alla festa nazionale del PD hai affermato che se ti dovessi descrivere ti descriveresti come un socialista. Insomma non nascondi il tuo essere di sinistra. Quanto c’è di quella storia nel percorso che stai portando avanti in Liguria?

La mia è indubbiamente una storia di sinistra: quella di tante e tanti che credono nei valori di uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale e non discriminazione. È la storia di chi si richiama orgogliosamente alla lotta di Resistenza dei nostri genitori e nonni, che qui in Liguria diedero un contributo essenziale alla liberazione del nostro Paese. È la storia di chi non si arrende all’imbarbarimento di una politica urlata, fatta di colpi bassi, sorda alle esigenze di partecipazione e che ha smesso di dialogare con le persone.

È la storia di chi si oppone allo svilimento delle Istituzioni democratiche, che della lotta partigiana sono il fiore più bello. La mia militanza, iniziata nel PCI, ha seguito le forme dell’impegno per una sinistra capace di stare nella complessità, assumersi la responsabilità del governo e lavorare incessantemente per il riscatto sociale e la dignità di tutte e tutti.

Solitamente scrivo di cinema e mi piacerebbe chiudere con una domanda che non c’entra nulla con le elezioni. Film preferito?

I 400 colpi e C’eravamo tanto amati. Il primo perché è autobiografia di Truffaut da bambino, è il mondo visto da quelli che Salvini e Meloni vorrebbero mettere in carcere perché devianti. La storia di un bambino che diventa uno dei più grandi registi. Il secondo parla della sinistra italiana e dell’Italia.

MARCO RAVERA

redazionale

23 ottobre 2024

foto tratte dalla pagina Facebook di Andrea Orlando

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