Mentre Roma sprofondava nella notte il governo si radunava a palazzo Chigi per fare un maxi taglio teorico della spesa dei ministeri del 5% (3 miliardi di euro), aumentare le accise sul gasolio così come previsto dal piano strutturale di bilancio e scrivere il contributo eccezionale secondo le regole dettate dalle banche: un prelievo da 3,5 miliardi di euro, diviso su due anni, non retroattivo e una tantum. Si tratterebbe di un accordo concordato con l’Abi sull’anticipo delle Dta, le imposte differite attive e sugli incrementi patrimoniali.
Comunque un affarone per chi ha goduto dell’aumento dei tassi di interesse voluto dalla Banca Centrale Europea al fine di consolidare i profitti e tendere bassi i salari. E ha asccuulato profitti pari a 66 miliardi di euro nel 2022 e nel 2023. Mica siamo in «Unione sovietica» ha detto il vicepremier ministro degli esteri Tajani. È il rovescio: è il comunismo del capitale, infatti. Questo è il «coraggio» vantato ieri dalla presidente del Consiglio Meloni «contro la sinistra». Una mancia scambiata per epopea.
Anche Salvini se la cantava ieri: «Visti i guadagni da 40 miliardi del solo 2023 mi aspetto contributi importanti». Basta fare un calcolo: 3,5 miliardi in due anni quanto fa? Senza contare che, in attesa di maggiori dettagli, il totale del contributo contiene anche la quota chiesta alle assicurazioni e non ad altre imprese come le aziende energetiche.
Nell’attesa del Consiglio dei ministri che ha approvato e inviato alla Commissione Europea il documento programmatico di bilancio insieme allo schema della legge di bilancio, i ministri hanno inscenato una danza al ritmo dell’austerità . A seconda dello stile, tra di loro era tutto un mettere avanti le mani: tagli a me? Ma non se ne parla proprio. Ad esempio il leghista Valditara che è ministro al «merito» nell’«istruzione»: «Non è vero che arriveranno sempre meno risorse al settore scolastico – ha detto – anche perché il bilancio del Ministero dell’Istruzione è in crescita non fosse altro perché è composto per la quasi totalità da spese per il personale».
Doveva salvarsi dai tagli la sanità per la quale il ministro Orazio Schillaci ha sperato in aumento nominale di oltre 3 miliardi che si è aggiunto al miliardo dell’anno scorso. della spesa. Questi soldi dovrebbero essere usati per un piano triennale di reclutamento da 30 mila assunzioni, delle quali 10mila medici e 20mila infermieri. Si partirà nel 2025 con 6 mila assunzioni.
A un certo punto, nel caos delle anticipazioni, sembravano essere stati esclusi anche i comuni. Allora ci si è chiesti dove effettivamente il ministro dell’Economia Giorgetti avrebbe applicato le sue mani di forbice per mettere insieme i 13 miliardi di tagli ritenuti necessari per rientrare nelle regole del patto di stabilità .
Interrogato sull’argomento il neo-ministro della cultura Alessandro Giuli ha risposto: «Ci stiamo impegnando tutti per avere le risorse adeguate affinché il mondo della cultura non patisca alcun taglio sanguinario». La sua assenza ieri dal consiglio dei ministri è stata notata: «Chi doveva venire alla Buchmesse di Francoforte se non il ministro della Cultura?» ha risposto.
Rispetto alle improvvisazioni della vigilia è stato confermato l’elemento centrale della manovra: il taglio del cuneo fiscale, che potrebbe generare risparmi significativi per i lavoratori e le imprese. Si prevede che questo intervento valga intorno ai 14 miliardi di euro. Per quanto riguarda il taglio del cuneo dovrebbero essere stati superati alcuni difetti con una doppia azione.
Il taglio potrebbe restare contributivo per i redditi fino a 20mila euro, per poi trasformarsi in fiscale aumentando le detrazioni sul lavoro dipendente fino a 35mila euro. E poi calare rapidamente fino a 40mila euro. Se i fondi del concordato preventivo e dal ravvedimento collegato saranno ricchi il governo ridurrebbe l’aliquota intermedia, fino a 50mila euro di reddito, dal 35 al 33%.
Un altro asse della manovra da 30 miliardi di euro lordi è il sostegno alla natalità attraverso lo strumento dell’assegno unico. Ieri si avanzava l’ipotesi di una detrazione odulabile in base al nucleo familiare. Sarebbe un «quoziente familiare». Altre misure erano date per scontate come l’estensione alle autonome della decontribuzione per le mamme lavoratrici con due o tre figli.
MARIO PIERRO
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