Una morte annunciata nella deregulation totale

Tutti gli operai travolti da treni da Brandizzo in poi erano di ditte esterne a Rfi

Attilio Franzini, travolto ieri mattina alla stazione di San Giorgio di Piano era un metalmeccanico. Carlo Maletta, investito da un macchinario il 2 luglio a Meina sulla Milano-Domodossola, era un geometra. Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, falciati a Brandizzo il 31 agosto 2023, erano operai edili. Nessuno di loro era dunque un «ferroviere». Ma tutti lavoravano per ditte in appalto.

Basterebbe questo per certificare la giungla contrattuale che opera alle dipendenze di Rete ferroviaria italiana. La società pubblica che gestisce binari e circolazione negli ultimi 30 anni, a furia di tagli e tagli, si è rimpicciolita così tanto che oramai i suoi dipendenti diretti sono molto meno di quelli in appalto.

E con una legislazione rimasta a cinquant’anni fa. Era infatti il 1974 quando fu approvata la legge 191 che fissa le norme di protezione dei lavoratori addetti all’infrastruttura ferroviaria in Italia e che è ora sotto osservazione dalla Commissione europea dopo che ad aprile l’associazione di macchinisti “Ancora in Marcia” e le associazioni “il Mondo che vorrei” e “Assemblea 29 giugno“ che ricordano la strage di Viareggio hanno presentato una denuncia per la violazione degli obblighi di recepimento delle direttive riguardanti la salute e la sicurezza sul lavoro in quanto le norme sono stabilite dalla stessa impresa datrice di lavoro e committente dei lavori – Rfi- mediante proprie «Istruzioni» che hanno valore di legge e non dalle norme generali di tutela di derivazione comunitaria, valide per il resto dei cantieri».

Quella di ieri mattina è infatti certamente una morte annunciata. Da mesi i sindacati denunciavano come «dopo Brandizzio niente è cambiato», tanto da farne il titolo di molti convegni.

«Nessun passo avanti è stato fatto dal gruppo Fs e da Rfi per dare più garanzie e tutele ai lavoratori. Avevamo chiesto di limitare il ricorso ai subappalti almeno per le attività a maggior rischio per la salute e sicurezza, avevamo chiesto norme più stringenti per il rispetto dei Contratto collettivo nazionale degli edili, del corretto inquadramento, del rispetto degli orari di lavoro e per una qualificazione degli operatori più selettiva. Da una grande azienda pubblica ci saremmo aspettati una maggiore responsabilità sociale», denunciava a a maggio la Fillea Cgil.

La decisione presa è «manutenzione straordinaria delle linee di trazione e al binario» e il settore è l’armamentario ferroviario, un settore sempre in crescita negli ultimi dieci anni tanto che è nata la l’Anceferr, Associazione nazionale costruttori edili ferroviari riuniti, associazione datoriale che fa capo a Confindustria.

Per i circa 10 mila dipendenti mai censiti di queste ditte le condizioni di lavoro sono durissime e rischiosissime. «Tempi ridotti di intervento e tempi dilatati di lavoro», spiega Antonio Di Franco, segretario nazionale della Fillea Cgil. «Il contratto nazionale prevede al massimo otto ore più due di straordinario al giorno con un riposo di almeno 12 ore e un massimale annuale di ore di straordinario fissato a 250 ore – illustra Di Franco – . Buste paga alla mano, abbiamo 200 ore lavorate al mese: per aggirare le norme e pagare meno tasse, le aziende inseriscono strane voci come «trasferta Italia» o vari «extra» che permettono loro di non assumere altro personale, risparmiando ulteriormente sul costo del lavoro. Ma in questo modo i lavoratori sono spremuti come limoni su cantieri pericolosi», continua Di Franco.

Qualche settimana fa la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro ha presentato la relazione sulla strage di Brandizzo partendo dal presupposto che sarebbe stata facilmente evitabile. Se il punto centrale è la carenza di ispettori del lavoro che controllino e sanzionino le aziende, non manca un riferimento alla tecnologia: «Alcune delle soluzioni che avrebbero potuto salvarle sono già “di serie” nelle auto, come la rilevazione di ostacoli, o già sperimentate da anni come il badge elettronico, nei cantieri dal 2022».

La presidente Chiara Gribaudo (Pd) aveva poi ribabiltato il paradigma usuale in casi di morti sul lavoro: parlare di «errore umano» è spesso fallace poiché spesso «vi è alla base una organizzazione del lavoro che mette il lavoratore nella condizione di commetterlo, questo errore». Massima attenzione anche sugli appalti che non possono – ha detto – «essere un mezzo per la riduzione dei costi o dei diritti».

MASSIMO FRANCHI

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube

categorie
Mondo lavoro

altri articoli