Deleghe e portafogli, la confusione regna sovrana

Da Brunner a Dombrovskis, i nomi di peso del Von der Leyen II. Gli eurodeputati del Pp spagnolo: votiamo contro la socialista. Rischio effetto domino

I numeri adesso sono tutti in ordine. La nuova Commissione von der Leyen sarà composta intanto di 11 donne e 17 uomini. Quindici i commissari in quota Ppe, 5 i liberali di Renew, quattro socialisti più un ex – il cui partito (lo slovacco Smer) è al momento non affiliato. Segue un esponente dei conservatori di Ecr, Raffaele Fitto, uno dei Patrioti per l’Europa (PfE). Elementi, questi ultimi, assolutamente inediti, che basterebbero già di per sé a definirlo l’esecutivo più a destra della storia, lo fa la leader di The Left Manon Aubry.

Se ne accorge perfino il dem Zingaretti, che parla di «passo indietro». Una posizione non condivisa però all’interno del gruppo S&D, con la leader spagnola Garcia Perez che sottolinea il successo dei socialisti per aver ottenuto due vicepresidenze esecutive. Così le dichiarazioni dei due esponenti socialisti fanno emergere plasticamente la frizione in atto tra le componenti del gruppo.

Ma c’è un altro problema aperto. I nomi dei commissari arrivano a Bruxelles come proposte dei governi nazionali, tocca poi a von der Leyen decidere che ruolo assegnare loro attraverso le «lettere di missione». Che dovrebbero, in teoria, chiarire il ruolo. Ma proprio sui ruoli rimane una certa confusione. I compiti di alcuni commissari sembrano sovrapporsi, anche in settori fondamentali. Un effetto probabilmente voluto, dato che la presidente, al centro di tuto, ha ricordato fino alla nausea che «quello che conta è il collegio, nessuno agisce da solo».

Alcuni compiti assegnati sembrano frutto di un mix tra audacia e fantasia. Come nel caso di Olivér Várhelyi, già responsabile all’allargamento e indicato di nuovo dal governo di Budapest. Quando la presidente von der Leyen ha presentato l’organigramma alla platea dei giornalisti accreditai, molti non hanno trattenuto l’ilarità nel momento in cui ha annunciato l’incarico alla Salute e «al benessere animale»: non gli argomenti che si associano al suo sponsor, il sovranista Viktor Orbán. Ma potrebbero esserci nel mirino, come indicato anche tra le priorità dell’attuale semestre di presidenza ungherese, i temi del calo demografico e dietro l’angolo i diritti delle persone Lgbtq+.

Se poi, per tornare all’invito della leader tedesca, nessun commissario è un’isola, è anche vero che alcuni portafogli sembrano più chiaramente definiti.

C’è Teresa Ribera, esponente socialista che ha ottenuto, oltre al Clima, la pesante delega alla Competizione. Per lei però è già dietro l’angolo una minaccia, dato che la delegazione iberica dei popolari ha annunciato voto contrario nelle decisive audizioni parlamentari, previste tra ottobre e novembre, con rischio effetto domino su altri nomi e altri gruppi

La delega Affari interni e Migrazione passa dalla socialdemocratica svedese Ylva Johansson all’austriaco Magnus Brunner. Ministro delle finanze a Vienna dal 2021, Brunner è esponente del partito popolare Övp decisamente spostato a destra e molto duro sul tema del controllo delle frontiere. «Un onore che von der Leyen mi abbia affidato questo portafoglio», ha esultato, sottolineando poi come «l’Austria ha assunto una posizione chiara sulla sicurezza interna in Europa e sta combattendo con successo l’immigrazione illegale».

Altra delega chiave, quella per il commissario polacco Piotr Serafin: si occuperà del Bilancio europeo, Antifrode e Pubblica amministrazione. Suo, come chiarisce la lettera di missione, il compito di favorire «un nuovo approccio per un bilancio Ue moderno e rafforzato» e promuovere un «fondo europeo per la competitività», parola magica che Draghi ha ribadito ieri in Aula di fronte agli eurodeputati. Tecnocrate stimato a Bruxelles, Serafin è soprattutto fedelissimo del premier polacco Donald Tusk. Nella precedente Commissione, la Polonia a guida Diritto e giustizia (Pis) era politicamente isolata, prima dell’ascesa dell’alleata Meloni a Roma. Ora con Tusk, esponente Ppe e kingmaker della presidente della Commissione dentro e fuori il Ppe, Varsavia torna ad una posizione di rilievo nell’esecutivo di Bruxelles.

Riconferma invece per una figura già forte come quella di Valdis Dombrovskis. Il commissario lettone, già vicepresidente esecutivo nel von der Leyen I, era stato chiamato a sorvegliare in chiave pro austerity l’italiano Paolo Gentiloni. Adesso la delega che ha conquistato, sotto l’etichetta di Economia e Produttività, sembra addirittura una promozione. E con uno come lui che si è rafforzato, Roma ha poco da gioire.

ANDREA VALDAMBRINI

da il manifesto.it

Foto di Karolina Kaboompics

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