La vertenza Gkn è tutta in capo all’orgoglio degli operai di Campi Bisenzio. Che in due anni e mezzo l’hanno tramutata in una lotta unica per convergenze, progettualità e successi. Ora la «fabbrica pubblica e socialmente integrata» è vicina. Siamo a una possibile svolta.
Fra le tante vertenze infinite e irrisolte della desolata industria italiana, la vicenda Gkn – multinazionale che produceva semiassi per Fca e Stellantis, delocalizzata dal fondo speculativo Melrose ad agosto 2021 – ha una sua unicità. Il copione con il «salvatore della patria» che arriva al Mise (ora ministero del Made in Italy e delle imprese, Urso dixit), promette di salvare tutti i posti di lavoro dalla delocalizzazione della multinazionale di turno, compra la fabbrica per un euro (lo sostiene il Sole24Ore, come Ita con Alitalia), si prende i soldi degli incentivi statali e regionali e si fa bello sui media è uguale a tanti, con Francesco Borgomeo che continua a campare del salvataggio della Ideal Standard di Roccasecca (Frosinone) nel 2018, inventando nomi improbabili come “Fiducia nel futuro della fabbrica a Firenze” quattro F che diventano Qf).
Il resto della vicenda è però tutto diverso. Con gli operai di Campi Bisenzio che con rabbia, pazienza e sapienza hanno messo in piedi una lotta che ha dato vita a un movimento – “Insorgiamo” – che ha riempito piazze a Firenze, Bologna e Napoli in modo intersezionale, diventando un punto di riferimento per tutta Italia, riunendo giuristi, economisti, ingegneri per lanciare un progetto di cooperativa e di reindustrializzazione che può cambiare il modello economico.
Ora che la via giudiziaria portata avanti dalla Fiom regista la sua seconda vittoria, la battaglia per dare un futuro comune alla fabbrica è a una svolta decisiva. Convinti i (prima recalcitranti) sindacati e le istituzioni locali che la via maestra è la cooperativa, ora tocca darle gambe, fiato e ordini.
L’interessamento di Legacoop, il via libera della Regione Toscana, del comune di Campi Bisenzio sono condizioni necessarie ma non sufficienti per concretizzare la «fabbrica pubblica e socialmente integrata» per la produrre pannelli fotovoltaici e cargobike, tutt’altro che una nazionalizzazione, come molti la considerano in senso spregiativo.
Dario Salvetti, l’operaio che per primo ha lanciato i suoi compagni nella lotta, lo ha spiegato benissimo: «Siamo partiti con il motto “Insorgiamo” e cammin facendo abbiamo capito che dovevamo unirci “convergiamo”. Solo la convergenza delle lotte può produrre cambiamento reale, è necessario unire più esperienze per cambiare i rapporti di forza. Tante competenze solidali incontrate hanno costruito i nostri progetti: ricercatori giovani e precari non più disposti a scindere la loro competenza dal mondo a cui la mettono a disposizione».
Un altro mondo – a partire da Campi Bisenzio – è davvero possibile.
MASSIMO FRANCHI
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