«Il Servizio sanitario nazionale è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare»: a dirlo, ieri, è stato il presidente della Repubblica Mattarella. Stando però alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2024-2026 non sembra così. Nel 2023 il rapporto tra spesa sanitaria e Pil è al 6,7% con 134,7 miliardi a bilancio.
Il ministro Schillaci, pressato dalle regioni che faticano a smaltire le conseguenze del Covid, aveva chiesto 4 miliardi in più di quanto previsto per il 2024, sembrava ne dovesse ottenere due ma nella tabella c’è addirittura un calo e persino i 2 miliardi in più, già previsti dal governo Draghi, sono stati spostati al 2025. Così la Sanità, invece di crescere di 2 miliardi l’anno, sale solo a partire dal 2025.
Nella NADEF, infatti, nel 2024 è prevista una spesa di 132,946 miliardi pari al 6,2% del Pil; nel 2025 sono previsti 136,701 miliardi pari ancora al 6,2%; nel 2026 si prevedono 138,972 miliardi con un’incidenza in calo al 6,1%. La media europea è del 7,9%. L’Istat certifica che nel 2021 la spesa sanitaria a carico delle famiglie è stata pari a 36,5 miliardi, con un aumento in media annua dell’1,7% tra il 2012 e il 2021.
Mentre nel 2022 oltre 4 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi. In linea con gli investimenti in calo, sono state tagliate le Case di comunità (414 in meno) e gli Ospedali di comunità (96 in meno) previsti dal Pnrr. «Altro che rilancio della Sanità pubblica. Questo è il definitivo colpo di grazia» l’accusa del presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.
La segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, Serena Sorrentino: «C’è la necessità di una mobilitazione che si intensifichi nelle prossime ore coinvolgendo non solo gli operatori ma anche i cittadini. Portare il Fondo Sanitario nazionale al 6,1% del Pil nel 2026 è la cronaca di una morte annunciata. In un momento in cui il diritto alla cura viene messo in discussione dalla condizione economica delle famiglie, il governo sta dando un colpo mortale alla riforma del sistema di cure, a partire da quelle territoriali».
Andrea Filippi, segretario medici e dirigenti Ssn di Fp Cgil: «I 2 miliardi in più nel 2025 sono esattamente quelli previsti dal governo Draghi, Meloni non ha messo neppure un euro di più. Si tratta della spesa minima programmata che non tiene conto delle scelte politiche che si decidono di volta in volta. Non c’è nessun investimento in Sanità di questo governo».
I cambiamenti chiesti? «Non c’è nessun cenno allo sblocco del tetto di spesa per il personale – prosegue Filippi -. Senza assunzioni, più risorse metti e più fondi finiranno al privato convenzionato».
La scorsa settimana è stata firmata la pre intesa per il Contratto nazionale dei medici e dirigenti sanitari 2019/2021, finanziato con la legge di Bilancio 2020 (aumento in media di 289 euro mensili lordi e un arretrato medio lordo di 10.757 euro): «Allora ottenemmo un aumento del 3,78% – prosegue Filippi – oggi, vista l’inflazione, l’aumento per il triennio 2022/24, che dovrebbe essere finanziato in questa legge di Bilancio, dovrebbe essere intorno al 6,5%, risorse che deve quantificare il Mef. Non è dato sapere se sono state previste».
Le regioni sono in affanno. Alla Toscana, che aveva investito in assunzioni per assicurare i servizi, il governo chiede di tagliare 3mila sanitari perché sono stati superati i tetti di spesa di 130 milioni. Il governatore toscano Giani: «Abbiamo ricevuto un fondo di 7,6 milioni a fronte di una spesa di 8».
E il pugliese Emiliano: «Senza un aumento del fondo nazionale di almeno 4 miliardi, la nostra Sanità rischia seriamente il default. Senza fondi non potremo fare le più che necessarie assunzioni di personale, né accorciare le liste d’attesa». Dal centrodestra si preferisce non disturbare il governo, il presidente della Conferenza delle regioni, il leghista Fedriga, ieri però ha dovuto ammettere: «Bisogna potenziare la medicina territoriale, recuperare le prestazioni sanitarie, abbattere le liste d’attesa».
IL PD ha attaccato tutto il giorno il governo: «Un italiano su 5 rinuncia a curarsi a causa della crisi. La risposta del governo è tagliare ancora fondi. Meloni, mentre cerca un nemico al giorno, sta smontando il diritto alla salute» l’accusa della segretaria Schlein, la richiesta è portare la spesa rispetto al Pil al 7,5% e superare i tetti sul personale. I 5S: «In 7 regioni i Livelli essenziali di assistenza non sono sufficienti.
Il governo promette nuovi fondi e poi taglia senza pietà». Quali siano le intenzioni dell’esecutivo lo spiega un fedelissimo di Meloni, il sottosegretario alla Salute Gemmato (che viene dal mondo delle farmacie e laboratori di analisi): «Dobbiamo immaginare cosa può fare tutta la rete parallela al Servizio pubblico, mi riferisco ai medici di base, ai pediatri, agli infermieri, farmacie pubbliche e private convenzionate. Non possiamo attardarci a discutere se un’ecografia deve essere fatta in uno studio medico o in una farmacia».
ADRIANA POLLICE
Foto di Anna Shvets