Cronache d’estate :: Il breve passo dalla stupidità alla banalità molesta

Parliamo della stupidità. Un argomento che è quasi inesauribile, al pari di quella cretineria che è, molto soggettivamente ma pure anche molto oggettivamente, sotto gli occhi di tutti e...

Parliamo della stupidità. Un argomento che è quasi inesauribile, al pari di quella cretineria che è, molto soggettivamente ma pure anche molto oggettivamente, sotto gli occhi di tutti e che a volte fa danni circoscritti a chi la esprime, altre volte a terzi, ed altre volte ancora a cose che hanno un valore inestimabile.

Per capire cosa sia la stupidità, dovremmo prima conoscere il suo esatto opposto: in questo caso dovremmo domandarci cosa sia l’intelligenza e dove si rintracciabile. Ad esempio nelle proposte politiche del governo Meloni? Oppure nelle dichiarazioni di ministri, presidenti delle Camere, senatori, deputati, capi di partito?

La complicata articolazione delle posizioni politiche e l’astrusità delle più semplici tematiche sociali che vengono discusse soprattutto fuori dal Parlamento, nella grande saggezza televisiva dei programmi dove voce dà su voce e non si capisce un bel niente, ci permettono di escludere che l’intelligenza in quanto tale sia riscontrabile nelle beghe tra maggioranza e opposizione.

Ma bisogna stare attenti a non scadere nel qualunquismo, evitare sempre e comunque ogni banalizzazione. Non c’è nulla di peggio del prendere per il naso questioni che invece meritano il minimo del massimo della serietà. Purtroppo, anche in questi frangenti, l’intelligenza che ne viene fuori è mortificata da una impostata seriosità istituzionale, da un atteggiarsi a politico rispettabile di turno, a uomo di Stato, quando invece si è davvero un piccolo ometto dal passato neofascista o dall’essersi reinventato come “post“.

Non di Facebook o di un altro social network, bensì dell’eredità di quel ventennio che tutto era tranne che intelligenza distribuita a piene mani.

Dunque, l’intelligenza, se è specularmente l’opposto della stupidità, dovrebbe essere la quinta essenza di ciò che sta scritto nei alti patti che regolano la vita comune di decine di milioni di persone: la Costituzione per prima. Facendo coincidere buonsenso, umanità, solidarietà e reciprocità di diritti e doveri, ecco che non è difficile individuare qualcosa di intelligente.

La Costituzione è infatti un prodotto felicissimo di una ritrovata capacità critica, di una analisi della stupidità fascista fatta senza tregua alcuna.

Il fascismo era stupido perché era la prevalenza dell’istinto sulla ragione, della forza sul confronto, della prevaricazione sul diritto di ognuno e di tutti di poter vivere secondo i propri dettami, le proprie idee e i propri bisogni seppure nella cornice di uno Stato liberale e monarchico.

In quel caso, per oltre venti anni, la stupidità si è fatta regime istituzionale e si è scrollata da addosso ogni superficialismo semplificatorio, rendendosi cultura di massa attraverso la coercizione, la brutalità delle aggressioni contro chiunque tentasse di muovere rilievi nei confronti del regime. Nulla nel fascismo era permesso: nemmeno la critica propositiva. Valeva solo la linea tracciata da Mussolini e dal partito unico, quello nazionale fascista.

La stupidità intesa come assenza di ragione e di razionalità può, come è evidente, raggiungere livelli che superano la comprensibilità del fenomeno stesso. Può abbracciare intere comunità, paesi, popoli e diventare una controcultura di massa che mette da parte ogni piccola porzione di tempo che ci si deve dare per ragionare sui fatti e per cercarne una soluzione.

La stupidità, prese le sembianze dell’arroganza del potere, dell’ignoranza voluta, della prevenzione e della pregiudizialità ricercate come substrato ideal-ideologico di una nuova forma di governo, sostenuto dalla borghesia imprenditoriale e finanziaria dell’epoca, nonché dal regime monarchico,  diviene accettabile in quanto fenomeno capillarmente di massa e non solo più l’eccentricità di questo o quel personaggio emergente della politica.

Demagoghi, populisti e ciarlatani del pensiero, considerati tali fino ad un minuto prima della loro entrata nella grande scena nazionale e nel sempre più diffuso pronunciamento del loro nome e cognome come materializzazione delle speranze di un nuovo corso sociale, economico, politico e perfino morale, riescono nell’operazione di essere accettati anche dai più riottosi, considerando il tutto un fenomeno passeggero.

E’ successo in Italia con Mussolini, si è ripetuto in Germania nel 1933 con Hitler: i quotidiani più rispettati ed eminenti dell’epoca, dalla Berlino prussiana alle altre regioni del Reich, sottovalutarono in gran parte le stupidaggini che il pittore scartato dall’Accademia delle belle arti di Vienna proferiva nei suoi comizi.

Certe affermazioni erano così esageratamente smargiasse, tronfie di una ostentazione di certezza assoluta, che vi si prestava orecchio solo per scriverne la cronaca e non potendo (a volte non volendo) immaginare che quel “piccolo caporale boemo” avrebbe potuto di lì a breve, dopo un golpe fallito, diventare il nuovo cancelliere della Germania.

Il Nazionalsocialismo è stato il contrario della razionalità, dell’umanità, della solidarietà, della reciprocità: è stato quanto di peggio la stupidità della nostra specie possa esprimere. Crudeltà e omicidio su larghissima scala, negazione di ogni diritto umano, civile e sociale. Restrizione del perimetro della libertà personale e collettiva entro il nuovo ordine nazista. Niente al di fuori di questa visione claustrofobica era consentito.

Il fascismo, che spesso si tenta di far passare come una dittatura meno cruenta, più all’acqua di rose, divenuta molto simile al nazismo solo nell’ultima fase della Seconda guerra mondiale, quella in cui la belva ferita si era trasformata nella finzione della fantoccesca Repubblica Sociale Italiana, fu un concentrato di stupidità non meno deflagrante di quello rappresentato dal movimento völkisch in Germania e nei suoi paesi satelliti.

La stupidità non andrebbe mai del tutto sottovalutata, consegnandola alla bonarietà di una presunta innocenza connaturata ad essa.

Se lo stupido è chi lo stupido è, allora è permesso non prendere troppo sul serio quel che dice e quel che vuole fare. Ma se lo stupido è chi lo stupido non vuole apparire, pensando anzitutto di non esserlo, ed anzi di appartenere ad una sorta di missione divina da compiere per il proprio popolo, allora forse qualche interrogativo è necessario porselo.

Davanti alla banalizzazione dei temi più importanti per una traduzione politica delle esigenze sociali, per una loro risoluzione che sia il soddisfacimento del maggior numero possibile di problematiche e di bisogni concreti e reali, l’allarme dovrebbe sempre scattare in automatico. Sapendo che ogni tentativo di ripristinare un conservatorismo dei valori, una unicità degli stessi che pretenda una uniformità assoluta, è già l’essere oltre quella linea di attenzione che non avrebbe dovuto essere sorpassata.

Nell’Italia del 2023, con il governo Meloni, siamo già andati sufficientemente oltre questa linea di preservazione della democrazia, dell’uguaglianza tanto formale quanto sostanziale e, praticamente ogni giorno, non facciamo che assistere a quelle smargiassate che, chiaramente ridimensionate dai cronisti di destra, ritratte come se fossero delle burle, delle battute perfettamente innocue, sono invece il criterio politico di trasformazione dello Stato e della Repubblica in altro da sé stessi.

Il mutamento antropologico e sociologico del Paese si viene plasmando su una antitesi rispetto all’impianto costituzionale, premendo per un ruolo sempre minore del Parlamento nell’elaborazione delle leggi e, quindi, per un aumentato potere dell’esecutivo, per un sovraintendimento dei suoi dettami da parte della maggioranza nelle Camere.

La stupidità modernissima dell’oggi è anche in centomila dichiarazioni degli esponenti delle destre, ma non può rimanere soltanto tale, perché, se così fosse, finiremmo con l’attribuire appunto quell’aura di innocenza a propositi che invece sono precise volontà di cambiamento radicale di una sovrastruttura istituzionale, di un sistema di relazioni con il resto del Paese: a cominciare dai sindacati per arrivare al mondo del lavoro.

Se ne è visto un esempio nella precettazione dei lavoratori delle ferrovie in questi ultimi giorni. L’aggressione all’impianto fondamentale del diritto di sciopero è stata fatta passare come una energica presa di posizione del ministro Salvini a tutela della grande risorsa del turismo estivo, nonché a protezione del pendolarismo.

Lavoratori messi contro altri lavoratori. Persone comuni messe contro altre persone comuni. Qui la stupidità c’entra, ma è tutta nostra: quella di chi si è bevuto la favoletta dell’intervento pronto, diretto, risoluto da parte del governo per tutelare chi viaggia e negare a chi garantisce quei viaggi dei contratti giusti e decenti per poter vivere.

Pochi giornali e siti Internet, quasi nessuna televisione, hanno detto che era trascorso un mese senza che il ministro convocasse un tavolo tra lavoratori e aziende per dirimere la questione e scongiurare lo sciopero. La stupidità qui, davvero è tutta nostra, se non ci schieriamo istintivamente con chi protesta, con chi rivendica migliori condizioni di lavoro e di vita.

Eppure, tendenzialmente, quasi istintivamente, spinti da un desiderio egoistico di garantirci i propri diritti di viaggiatori e di vacanzieri, spendendo salatamente le nostre ferie (che sono un diritto), mettiamo in secondo piano le ragioni dello sciopero e vediamo solamente il giusto, sacrosanto, logico disagio che arreca e deve arrecare. Prima di tutto all’azienda per spingerla a trattare.

Della stupidità potremmo parlare a lungo. Veramente molto a lungo, perché la incontriamo tutti ogni tanto durante la giornata. Stupidità un po’ puerile, banalità, riduzionismo, revisionismo, più che altro beata e santa ingenuità che, però, facilmente si tramuta in molesta e pelosa cattiveria, in egocentrismo, in una individualizzazione che nega ogni forma comunitaria, ogni empatia sociale, ogni vero approccio di massa ai problemi che ci attorniano.

Della stupidità parliamone, come antidoto alla stupidità stessa, intesa essenzialmente alla stregua della peggiore tattica banalizzatrice di ogni vero dramma personale o collettivo, individuale o di massa. Ma, quando ne discutiamo, cerchiamo di farlo senza diventare noi stessi gli stupidi di turno, quelli di ogni singolo villaggio di questa povera nazione.

MARCO SFERINI

16 luglio 2023

Foto di Amine M’siouri

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