Con le dichiarazioni su via Rasella il presidente del senato Ignazio La Russa ha passato il segno. Sono mesi che insiste nel rivendicare una storia impresentabile, con provocazioni, mezze verità, un passo avanti e quattro indietro. L’incarico che svolge in nome e per conto della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza al fascismo e al nazismo, è incompatibile con le torsioni nostalgiche di chiaro stampo revisionista e reazionario. A casa propria La Russa può fare ciò che crede, accendere santini e venerare miti condannati dalla storia.
Come presidente del Senato della Repubblica italiana no, non può farlo. E noi non possiamo tollerare questa degenerazione facendo finta che sia una macchietta, una rappresentazione goliardica nel teatrino della politica.
Un fatto caratteriale, suggeriscono alcuni arguti osservatori televisivi. Non possiamo tollerare perché invece è in atto una offensiva politica pericolosa, violenta, che getta in pasto alla propaganda più bieca la nostra storia migliore, gli atti di eroismo partigiano e la memoria di 335 martiri delle Ardeatine.
Tra questi mio nonno, partigiano del Partito d’Azione che, oltre ad essere italiano, era soprattutto un combattente antifascista, torturato dalla banda Koch prima e a via Tasso poi.
Serve uno shock, un atto estremo per mettere in evidenza le ignobili campagne di La Russa. Servirebbe un atto di diserzione coraggiosa di tutta la opposizione parlamentare: una diserzione parlamentare contro la Presidenza La Russa. I Senatori dovrebbero, a mio avviso, uscire dall’aula ogni volta che la Presidenza del Senato viene assunta da una persona che non può rappresentare la seconda carica dello Stato.
Sarebbe importante sottrarsi, non legittimare e uscire nella piazza antistante il Senato per magari leggere le Lettere dei condannati a morte della Resistenza. Un gesto estremo da praticare con determinazione fino alle dimissioni di un personaggio inadeguato e pericoloso. Una pratica di lotta concreta che non insegue la loro agenda: loro che sparano bordate e noi a rincorrere, ma cambia l’ordine del discorso, ingolfa i lavori parlamentari, indica un obiettivo semplice e chiaro: mandarlo a casa.
Non c’è nessuna dittatura dietro l’angolo, ma la torsione autoritaria e superficiale di chi vuole sporcare la pagina migliore della storia nazionale cercando rivincite fuori tempo massimo.
Il tema non sono solo le Ardeatine, ma via Rasella, cioè la legittimità o meno di una azione di guerra partigiana. E per noi dunque è importante mantenere alta l’attenzione e la difesa dei gappisti romani che sfidarono eroicamente l’occupazione nazi fascista della città.
E in nessuna occasione l’associazione dei famigliari delle vittime, l’Anfim, di cui mi onoro di far parte, ha pronunciato parole ambigue circa i responsabili dell’eccidio, i fascisti e i nazisti. Torniamo a difendere questa parte della storia, perché sotto attacco ci sono esattamente gli uomini e le donne, che poi erano ragazzi e ragazze spesso giovanissimi, che riscattarono la nostra libertà pagando costi umani elevatissimi.
La destra al governo sembra aver deciso, balbettando tra le ragioni di De Gaulle e Petain, ha fatto la sua scelta: rimanere in una zona d’ombra, volutamente ambigua sul ventennio di cui riescono a condannare solo le leggi razziali del 1938 e la guerra. Senza passare per l’abolizione del pluralismo politico, dei sindacati, la violenza, gli omicidi politici, la fascistizzazione forzata, il colonialismo, faccetta nera, l’omicidio Matteotti, le botte a sangue a Gobetti, la Repubblica sociale tenuta in piedi dalle SS.
Proviamo a fare uno scatto di orgoglio in avanti.
Boicottiamo La Russa nel Palazzo e andiamo a contestarlo negli eventi pubblici ricordandogli i nomi e le storie dei martini ardeatini e dei Gappisti, unici e veri patrioti, insieme ai partigiani di tutte le formazioni della Resistenza, durante la guerra civile italiana. Con questo spirito combattivo e con questo profilo costruiamo un grande 25 aprile di lotta.
Lo dobbiamo alla memoria dei nostri padri e al futuro di un Paese che vuole continuare a dirsi democratico e antifascista.
MASSIMILIANO SMERIGLIO
foto: elaborazione propria