Lettera aperta agli attivisti di “Ultima generazione”

Care amiche, cari amici di “Ultima generazione“, credo di essere uno tra i tanti – diciamo così… – “spettatori” delle vostre imprese, perché il mio impegno ecologista si incunea,...
Il sindaco di Firenze blocca un attivista di Ultima generazione davanti a Palazzo Vecchio

Care amiche, cari amici di “Ultima generazione“,

credo di essere uno tra i tanti – diciamo così… – “spettatori” delle vostre imprese, perché il mio impegno ecologista si incunea, ed è quindi compreso, in una lotta molteplice, stratificata se vogliamo, che comprende un poco tutte le liberazioni.

Liberazione dell’essere umano dall’essere umano stesso, del lavoro dal capitale, della proprietà comune dalla proprietà privata, degli animali non umani nei confronti di noi animali umani e, quindi, della natura, della Terra, della globalità naturale nei confronti sempre e soltanto di noi stessi, razza vigliacca e padrona, specista, razzista, profittatrice eppure anche tanto capace di creare bellezza e straordinarietà.

Dal di fuori, dunque, mi permetto alcune osservazioni che, immagino, siano un po’ un sentimento comune per alcuni versi, mentre saranno opinabili, criticabili e stigmatizzabili per altri. Tra le ultime vostre performance, ho potuto vedere ieri sui social il blitz sulle mura di Palazzo Vecchio a Firenze.

Il sindaco Nardella, che si trovava in piazza per un sopralluogo, con balzo felino vi ha raggiunti e, insieme alla polizia municipale, fermati mentre spruzzavate con due estintori della vernice rossastra lavabile su quelle antiche pietre e sui portali. Il sindaco vi ha redarguito, urlando a favore di mille telecamere di telefonini, e c’è un cenno del suo sguardo che viene ripreso mentre si rende conto di essere ormai già su tutti i canali social possibili.

Non so se il vostro gesto sia sproporzionato tanto quanto la reazione di Nardella, ma indubbiamente, ad un primo acchito, ad un primo sguardo, se nessuno sapesse che quella vernice è lavabile (e nonostante lo sia alcuni esperti affermano che comunque poteva recare danno alle mura del storico palazzo fiorentino), non avrebbe dubbi nel sentenziare che tutta la colpa sta in voi e che tutta la ragione sta dalla parte di chi vi ha fermato.

Ma, come un po’ in tutte le storie, torti e ragioni si mescolano, a meno che non ci trovi davanti ad un plateale caso di colpevolezza a senso unico, dove non esiste alcuna attenuante.

Voi continuate a sollecitare l’attenzione della grande massa dell’opinione pubblica sui temi dello stravolgimento ambientale con azioni che sono eclatanti, che indignano quasi a priori, perché a nessuno, amante dell’arte o meno che sia, piace vedere lanciare qualcosa contro un dipinto di grande valore (e non solo economico), una statua, un monumento antico.

Voi credete che in questo modo la reazione sarà altrettanto eclatante, se non altro porterà a riflettere magari anche solo per un breve istante sulla violenza che stiamo facendo al pianeta, come specie che alimenta la società capitalista, consumista e divoratrice di ogni cosa nel nome dell’accumulazione di profitti e della produzione di merci.

Ed effettivamente c’è una certa differenza tra le vostre azioni e i sit-in o i flash mob che vengono messi in campo dalle tante associazioni che si occupano di ecologia, antispecismo, dei diritti civili ed anche di quelli sociali, che sono per lo più statici e che, anche quando non lo sono, non interferiscono con il resto: cose o persone che siano.

La denuncia in quei casi non aggredisce nulla, non si sposta materialmente dai corpi di chi la mostra e dimostra su altre persone, su altre cose o simboli di un certo valore artistico, storico, culturale. La denuncia si fa sentire, magari con un megafono, con cartelloni, volantini, ma non imbratta nessuna coscienza, non vilipende nessuna storia, né personale e né tanto meno collettiva.

Voi, invece, avete deciso che uno dei modi – non dico l’unico, perché comunque unico non è – per fare meglio sentire le ragioni dell’ecologismo e della preservazione della natura intera è colpire: colpire con un certo coraggio delle icone comuni, note un po’ a tutte e tutti e, per questo, ricchissime di un valore che prescinde da qualunque colore politico, ideale, culturale e sociale.

Voi avete messo certamente in conto il disprezzo della maggioranza delle persone, l’idiosincrasia che andate creando nel momento in cui imbrattate un muro come quello di Palazzo Vecchio.

E, senza dubbio, sapete, prima di mettervi all’opera, che le conseguenze sono arresti, denunce e processi da cui – questo è un altro elemento di riflessione perché è una conseguenza diretta delle vostre azioni e delle risposte della Legge (quella con la elle maiuscola) – è possibile trarre uno strascico mediatico che faccia durare le vostre proteste di più del semplice attimo dimostrativo spruzzato qua e là in giro per le città italiane.

Questa consapevolezza, in un certo senso, vi fa anche onore, perché se non altro mette in evidenza, proprio come un evidenziatore, parole e pensieri, concetti che esprimono problemi evidenti che dimentichiamo di vedere quotidianamente. Siamo tutti consci della regressione planetaria. Sappiamo che la colpa non è dei pesci, delle antilopi, dei panda o dei nostri cani e gatti domestici.

La colpa è nostra, della specie umana, del sistema economico che si venuto creando da secoli a questa parte e che è onnivorissimo nel prendersi tutti e tutto.

Per far comprendere le ragioni di un ambientalismo che non sia solo fine a sé stesso, così come tanti governi e tanti settori economici lo traducono nel loro ambito etico, nelle loro proposte che vengono puntualmente smentite dai movimenti di borsa o dalle alleanze politiche per la mera conservazione del potere, forse occorrerebbe avvicinarsi alla grande massa delle persone con forme e sostanze diverse, con un approccio seduttivo e non respingente.

Se per ogni vostro blitz vengono convinti alla causa della preservazione della natura, della sua intangibilità, al non utilizzo del fossile qualche centinaia di persone (e penso di essere anche troppo generoso con la cifra…) ma se ne allontanano delle migliaia o, non fosse altro, rimangono nettamente su posizioni opposte o di sterile indifferenza, pensate davvero che – come si suol dire – il gioco valga la candela?

Non credete che siano disposti a darvi un po’ di indulgente credito soltanto quelli come me che, ormai da tanti decenni, si sono messi nel solco di una critica senza appello del capitalismo e che, dunque, sono pronti a scorgere quello che c’è di buono anzitutto nelle giovani generazioni, nella loro presunta (e sottovalutata) ingenuità da sottoporre sempre al giudizio “dei grandi” che sono, per antonomasia, più saggi?

Non si tratta, care amiche e cari amici, di un problema squisitamente incasellabile nel comparto della moralità, della legalità, della preservazione dell’arte e dei monumenti. Si tratta di politica, di comunicazione, di empatia, di stabilire un corridoio dimanico, dialettico, di scambi di idee, messaggi, forme di protesta e anche di proposta che siano però comprensibili alla maggior parte delle persone.

I rapporti di forza contano – siate per favore indulgenti col marxista che c’è in me per queste categorie interpretative della società… – e bisogna tenerne conto soprattutto in lotte che sono globali, che hanno una risonanza molto più vasta rispetto al passato grazie non solo più alla stampa ed alla televisione, ma soprattutto ai social, al mondo internettiano.

Noi ambientalisti – permettete che mi inserisca nell’ampia e sfaccettata categoria quasi antropologica – dobbiamo portare le argomentazioni inconfutabili sulla distruzione velocissima del pianeta davanti ad una coscienza collettiva e singola che deve poter elevarsi oltre la semplice indignazione.

Deve poter essere parte di una critica civile e sociale, quindi parte di una lotta che si allarghi ad altre sfere di influenza, laddove pare che l’ambiente non abbia nulla a che spartire con le rivendicazioni di diritti pensati ormai come acquisiti e che, invece, vengono, giorno dopo giorno, sempre più devastati, corrosi e annichiliti dalle politiche liberiste.

Perché le azioni verso opere d’arte, monumenti e palazzi (non mi piace scrivere “contro“, perché oggettivamente non sono da voi fatte in chiave spregiativa o con la voglia di danneggiarli) non le rivolgiamo contro noi stessi? Perché non trasformiamo i nostri corpi in qualcosa che visivamente muore, che è senza ombra di alcun dubbio devastabile dall’assenza dell’essenza per vivere: aria, acqua, terra, mari, fiumi, laghi, boschi…

Perché non ripensare questa eclatanza, queste visioni sconvolgenti dell’imbrattamento di quadri e monumenti e convertirle in qualcosa che muova ad un sentimento di vicinanza sempre maggiore a chi le esprime e, quindi, sollecitare una condivisione crescente per quelle parole, per quegli allarmi che è giusto lanciare?

Ecco, io penso sarebbe molto più utile alla causa dell’ambientalismo impegnato e consapevole, critico verso il capitalismo e il liberismo in quanto nemici della natura e di tutto quello che essa contiene, animato o inanimato che sia, una lotta che mostra e dimostra rispetto per una sensibilità comune, a volte anche un po’ improvvisata dalla voglia di partecipare allo sdegno collettivo, ma comunque da tenere in debita considerazione.

A confondere, anzi ad inquinare proprio le acque ci pensano già abbondantemente tutte quelle forze politiche ed economiche che hanno tutto l’interesse ad apparire ecologisti, non ad esserlo nel migliore dei modi possibili. Non regaliamo a nessuno il pretesto per detestare una lotta giusta, voi giovani che la interpretate e la fate ogni giorno, noi meno giovani che vorremmo potervi dare una mano e quelli che proprio invece, nonostante tutto, ancora negano che esista un problema ambientale nel villaggio globale.

Con un caro saluto, vostro

MARCO SFERINI

18 marzo 2023

foto: screenshot You Tube

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