In piazza. E’ il momento di dire basta alle stragi di migranti

Ciò a cui abbiamo assistito dopo la strage di Cutro sulle coste calabre è davvero intollerabile. Il governo, in primo luogo il ministro dell’Interno Piantedosi, scarica sulle vittime la...

Ciò a cui abbiamo assistito dopo la strage di Cutro sulle coste calabre è davvero intollerabile. Il governo, in primo luogo il ministro dell’Interno Piantedosi, scarica sulle vittime la responsabilità del naufragio. La colpa della strage è di chi è morto e dei superstiti.

Non c’è solo la ricerca del capro espiatorio, le Ong o l’immigrazione come pericolo per la nostra società, la difesa delle frontiere. C’è un ribaltamento totale della realtà che scarica la responsabilità, anzi la colpa, su chi subisce sulla propria pelle le scelte dei governi, con conseguenze tragiche.

Non è un incidente, una frase detta male o interpretata male. L’idea che sta dietro a questa terribile tesi che colpevolizza le vittime è la stessa che da anni ci viene ripetuta ossessivamente: devono rimanere a casa loro e combattere lì contro la fame, lo sfruttamento o per la loro libertà. Noi possiamo «aiutarli a casa loro». Salvo scoprire che questi «aiuti» diminuiscono in misura proporzionalmente inversa all’aumento delle spese militari e agli aiuti ai regimi che producono rifugiati.

In questo modo il governo, l’Unione Europea, scaricano su altri le loro responsabilità. Promuovono questa idea cinica e intollerabile che i governi, la comunità internazionale, non ha responsabilità, non può fare nient’altro che impedire alle persone di partire.

Si giustifica così l’assenza di qualsiasi ragionamento su come le persone potrebbero rivolgersi agli Stati per attraversare legalmente le frontiere e non mettersi nelle mani dei trafficanti. Le partenze dalla Libia o dalla Turchia, i rischi connessi ai viaggi in mare, sono frutto di scelte politiche precise e note a tutti e non di mancanza di responsabilità da parte delle persone che fuggono da violenza e morte.

La strage di Crotone mostra come nulla hanno a che fare le Ong con le partenze: in quella zona di mare non hanno mai operato, eppure le persone arrivano. Ogni volta che le destre xenofobe sono al governo e mettono mano alle regole sull’immigrazione, i trafficanti brindano perché i loro affari migliorano.

Questa è oramai la linea consolidata dell’Unione europea: esternalizzare le frontiere per non rispondere alle leggi e alle Convenzioni Internazionali, delegando ad altri i respingimenti che noi non possiamo fare. Allontanare il più lontano possibile dagli occhi delle opinioni pubbliche europee e da quelle dei giudici dei tribunali comportamenti violenti e illegali, affidandoli alla cosiddetta guardia costiera libica, a Erdogan o ad Al Sisi e alla sua polizia. Questo è l’obiettivo che perseguono da anni i governi europei, allineandosi tutti alle destre xenofobe.

Abbiamo sentito nelle ore successive alla strage che la Commissione Europea chiede agli stati membri di raddoppiare gli sforzi per evitare tragedie come quella di Cutro. A guardare bene quel che è successo negli ultimi 20 anni, gli sforzi della Ue per evitare i morti in mare sono stati pari a zero.

Ma questa è una previsione ottimistica. Perché quando dal cordoglio si passa alle intenzioni concrete la Commissione e il governo italiano, in sintonia con quasi tutti i governi Ue, ripropongono le formule già viste e sentite che producono le tragedie: impedire alle persone di partire e scaricare sui Paesi d’origine e transito l’onere del controllo e, se serve, appunto, anche dei respingimenti illegittimi.

È arrivato il momento di dire basta. Basta ipocrisie e cinismo. Basta scelte che producono morte e sofferenza in nome nostro. Basta alimentare razzismo, produrre nemici da abbattere per interesse elettorale, per sostenere carriere di politici che, senza “il business” dell’immigrazione, sarebbero degli sconosciuti.

Stiamo lavorando come Arci, insieme alle organizzazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione, alle Ong che operano ricerca e salvataggio in mare al posto degli Stati, a chi da anni si batte per il diritto alla mobilità di chi cerca lavoro e di chi fugge da guerre e persecuzioni, per una grande mobilitazione nazionale contro la barbarie di Stato che ci sta proponendo la destra di governo in queste ore, senza vergogna davanti ai cadaveri di decine di persone.

Forse lo dovremo fare proprio negli stessi luoghi dove è avvenuta la tragedia. Forse in tutta Italia. Ma non staremo fermi a guardare lo scempio e la disumanità che ci propongono come soluzione alle stragi che producono le loro leggi.

FILIPPO MIRAGLIA
Responsabile Immigrazione ARCI nazionale

da il manifesto.it

foto: screenshot

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