Oltre due ore di discorso e di prevedibili accuse all’«Occidente» e all’Ucraina, per poi tenere nel finale la “rivelazione” destinata a segnare una nuova vetta nell’escalation bellica, e a rendere sempre più incombente la minaccia nucleare: la Federazione russa sospende la sua partecipazione al New Start (New Strategic Arms Reduction Treaty), il trattato bilaterale sulla limitazione delle armi nucleari firmato da Russia e Stati uniti nel 2010.
Nel suo discorso annuale sullo stato della nazione davanti all’Assemblea federale e alle élite del Paese a Mosca, a tre giorni dall’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, Vladimir Putin inaugura così una nuova fase del conflitto.
«Vogliono infliggerci una sconfitta strategica e intrufolarsi nelle nostre strutture nucleari. Per questo oggi mi trovo costretto ad annunciare che la Russia sta sospendendo la sua partecipazione al trattato sulle armi strategiche», ha dichiarato, aggiungendo che dal momento in cui gli Usa «stanno sviluppando nuovi tipi di armi nucleari» la compagnia per l’energia nucleare nazionale Rosatom e il Ministero della Difesa sono incaricati di tenersi pronti a testare, in caso di bisogno, delle armi atomiche.
«Naturalmente, non saremo i primi a farlo. Ma se gli Stati uniti fanno dei test, lo faremo anche noi. Nessuno può cullarsi nella pericolosa illusione che la parità globale strategica possa essere distrutta». Unica “apertura” è la sottolineatura del fatto che «la Russia non si sta ritirando dal trattato, ma sta sospendendo la sua partecipazione». Subito dopo il discorso, con ogni probabilità per formalizzare la sospensione, l’ambasciatore statunitense a Mosca è stato convocato al ministero degli Esteri.
È un nuovo punto di svolta nelle relazioni internazionali, come lo stesso presidente russo aveva sottolineato in apertura del suo discorso, quello più indirizzato all’audience interna: «Sappiamo tutti che si tratta di un momento difficile e di svolta per il nostro Paese, un momento di cambiamenti irreversibili in tutto il mondo».
Le parole di Putin seguono un copione già impiegato più volte in questo anno di guerra: responsabile del conflitto non è la Russia ma «il regime di Kiev» che non serve gli interessi del popolo ucraino bensì quello dei «suoi padroni occidentali» – che stanno «usando l’Ucraina sia come ariete contro la Russia che come campo di addestramento». L’Occidente capace di ogni nefandezza e contro il quale Mosca si batte per tutelare la propria «cultura, la chiesa ortodossa russa e le altre nostre religioni tradizionali».
Putin sembra rievocare anche uno dei tormentoni del complottismo Usa allargatosi a macchia d’olio in tutta Europa (che non a caso vuole lui e Donald Trump come i salvatori del mondo intero): quello di una setta di pedofili che muove i fili degli eventi globali. «Guardate cosa fanno alla loro stessa gente: la distruzione delle famiglie, la perversione dell’abuso nei confronti dei bambini, fino alla pedofilia, vengono rappresentate come la norma… E i preti costretti a benedire i matrimoni omosessuali».
A questo punto, cercando con lo sguardo Kirill, il patriarca “di Mosca e di tutte le Russie” seduto in prima fila, il capo del Cremlino ha citato come caso estremo di eresia quello di chi, in seno alla Chiesa anglicana, accarezza «l’idea di un dio di genere neutro».
Poi il capitolo economico: le sanzioni, sostiene Putin, non hanno indebolito la Russia ma solo i paesi che le hanno imposte: mentre la Federazione ha tutelato la stabilità economica, “loro” hanno «causato impennate dei prezzi, perdita di posti di lavoro e una crisi energetica». Alle imprese russe, evidentemente non così prospere in questo momento, ha detto che «andare in giro con la mano tesa a mendicare non ha senso. Lanciate nuovi progetti, fate soldi, investite in Russia».
La spallata al New Start era già stata annunciata quando Putin ha accusato la Nato di aver sottoposto il suo Paese a un ultimatum: «Voi, la Russia, dovete rispettare tutti gli accordi, compreso il trattato Start, e noi ci comporteremo come ci pare».
Dal quartier generale della NATO a Bruxelles è arrivata immediata la risposta del segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, per il quale «il mondo ora è un posto più pericoloso» e la decisione del presidente russo non è che un’altra dimostrazione di come Mosca si stia sempre più allontanando da un ordine internazionale basato sulle regole. «Un’altra prova che la Russia sta demolendo il sistema di sicurezza costruito alla fine della Guerra fredda», ha aggiunto l’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione europea Josep Borrell.
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