Le destre all’attacco dell’unità sociale e democratica del Paese

Il cosiddetto “caso Donzelli – Delmastro” assurge ad una emblematicità tutt’altro che nobile per le implicanze che ha determinato negli organi istituzionali e nei rapporti tra i poteri dello...
Roberto Calderoli e Giovanni Donzelli

Il cosiddetto “caso Donzelli – Delmastro” assurge ad una emblematicità tutt’altro che nobile per le implicanze che ha determinato negli organi istituzionali e nei rapporti tra i poteri dello Stato. In un certo qual modo, se si considerano tutti gli aspetti della vicenda, anche il piano meramente politico la dice lunga su quella presunta classe dirigente che la nuova destra di governo avrebbe dovuto sfornare con l’avvicendamento tra salvinismo e melonismo e che, invece, pare essere molto indietro in quanto a senso e cultura delle istituzioni repubblicane.

Non c’è da stupirsene poi molto: chi proviene da una destra illiberale e sovranista, aggiornata da un neoconservatorismo imbarazzante per il portato retrivo e passatista, ha giocato a fare l’opposizione urlata, sbraitando su tutto il contrario di quello che oggi sta mettendo in pratica stando a Palazzo Chigi. Si potrebbe affermare che, tutto sommato, è un po’ una pratica comune a tutti i governi e, quindi, a parecchie forze politiche che arrivano al tavolo tondo dell’esecutivo.

E se anche così fosse, e certamente in parte è, non ci troveremmo certo nell’ambito del comune detto “mal comune, mezzo guadio“, perché qui di godereccio e di piacevole vi è davvero molto, ma molto poco.

Il fatto che un deputato ed un sottosegretario, che ricoprono quindi due ruoli distinti in due poteri dello Stato differenti, seppure equipollenti nelle loro specificità che li rendono unici e incondizionabili vicendevolmente, diffondano notizie riservate, ad uso e conoscenza interna alle istituzioni medesime, e che lo facciano per muovere un attacco alle forze di opposizione, è quello che è stato riconosciuto da molti commentatori come un fatto unico, un precedente gravissimo nella storia parlamentare e della Repubblica.

Il ruolo di vigilanza che le Camere hanno nei confronti del Governo è un carattere costituzionale ben definito e, nonostante non sia la prima volta che si assiste ad una dialettica accesissima che accelera nel divenire rissosità scomposta, è senza dubbio alquanto allarmante che chi sta al governo, ed ha quindi accesso ad una serie di informazioni che le opposizioni e le minoranze non hanno, affronti con tale leggerezza sia i rapporti tra i poteri dello Stato, sia il proprio esclusivo, importante ruolo.

A subirne le conseguenze è tutto l’impianto democratico della Repubblica che, ancora una volta, viene trattata come una sorta di proprietà privata, seppure pro tempore, invece di esserne completamente al servizio in rappresentanza e per conto di un popolo che non è affatto detto che premi nuovamente chi oggi è al governo del Paese.

Entra in crisi, quindi, un sostanziale rispetto dell’uguaglianza a tutto tondo: nei confronti dei propri colleghi parlamentari, verso il Parlamento stesso da parte del Governo e, quindi, in direzione di una Magistratura che ha tutto il diritto di indagare nella pienezza delle sue funzioni e senza che gli strumenti di cui può usufruire siano alterati o compromessi.

Il mancato rispetto di questa complessità istituzionale è il segnale di conferma di quanto le destre tengano in considerazione le fondamenta della democrazia, come preziosa forma di gestione della cosa pubblica, come espressione di una delega popolare che arriva fino ad un certo punto, protetta e garantita dalla Costituzione, ma che non permette al delegato di esercitare il suo mandato senza tenere conto dei vincoli che lo riguardano, della tutela in primis di quell’equilibrio fra i poteri che non è immaginario, ma che spetta a ciascun membro del Governo, ad ogni deputato e senatore, ad ogni magistrato e agli altri organi dello Stato.

Quel principio di uguaglianza che si citava poco sopra è, del resto, messo sotto accusa e sotto attacco da una controriforma dei rapporti che dovrebbero riguardare i livelli di ripartizione territoriale e comunitari della Repubblica: Stato, Regioni, Comuni.

La proposta di Calderoli, quindi della Lega, di distinguere il sistema dei diritti fondamentali del cittadino in base alla sostanziale produttività economica dei territori, quindi alla loro ricchezza o alla loro povertà, è una arlecchizzazione del Paese: non la secessione dichiarata del nord benestante dal sud in grave difficoltà, perché ancora più efficace di un confine formale, definito de jure, è una separazione de facto.

Le destre che mortificano l’uguaglianza dei diritti istituzionali proprio dentro le istituzioni, sono quelle stesse che spacciano per valorizzazione delle particolarità la fine della condivisione nazionale di un impianto di diritti sociali e civili che sono la base dello sviluppo economico e culturale della Nazione (quella con la enne maiuscola che, quindi, significa simbiosi tra territorio, popolo e la Repubblica come concretizzazione della forma di uno Stato democratico).

Le destre sono tre volte pericolose: per la piena e incondizionata devozione ad un liberismo conservatore tatcheriano, tuttavia molto più grezzo e volgare rispetto all’originale britannico; per il sostegno totale alla linea atlantica e imperialista della NATO e degli Stati Uniti d’America nell’attuale guerra in Ucraina che, infatti, è guerra tra due blocchi simili e opposti al tempo stesso e non quella guerra che invece viene propagandata dai media come conflitto tra Mosca e Kiev solamente; per il progetto di deformazione dell’impianto parlamentare della nostra Repubblica.

Se la controriforma di Calderoli sull'”autonomia differenziata” avrà i tempi lunghi per i passaggi che dovrà rispettare con i piani istituzionali che va ad interessare, non di meno deve allarmare e allertare il progetto ampiamente noto di involuzione presidenzialista che è nei programmi di Fratelli d’Italia (e non solo) da sempre.

A quale presidenzialismo poi vogliano puntare le destre di governo non è ancora dato saperlo: probabilmente a quel tipo che meglio si possa adattare ad un compromesso tra spezzettamento regionalista del Paese e riduzionismo parlamentare, cambiando radicalmente il rapporto tra i cittadini e le istituzioni, abituandoli ad un particolarismo localistico del tutto egoista unitamente ad una delega molto ampia ad un Presidente della Repubblica che abbia a che fare direttamente con gli affari di governo.

Non c’è da stare affatto allegri e tanto meno immobili ad assistere a questo scempio duplice e molteplice: del binomio democrazia – uguaglianza e, quindi, dell’impianto costituzionale che subirebbe un colpo veramente mortale nella sua essenza originaria, nella visione solidaristica che i Costituenti misero a fondamento di una rinascita del Paese dopo il ventennio criminale di Mussolini, dopo la fine del liberalismo e l’instaurazione del consociativismo e del corporativismo al posto della mutualità e della reciproca condivisione avanzata dalle lotte operaie dopo la Prima guerra mondiale.

Il progetto delle destre mira a dare ancora più spazio al privato in ogni settore; molto di più quanto fino ad ora ne sia stato concesso e riconosciuto.

Con la scusa del contenimento di un debito pubblico cui i comuni incidono solamente per un 1,5% dell’intero ammontare, si punta ad una devoluzione ulteriore di poteri dello Stato alle Regioni per farne dei comitati di gestione dei localissimi interessi economici, scostandosi da una interezza che è il disposto di un liberismo capitalistico che non accetterà più di tanto questo sostegno alla media imprenditoria soltanto.

Se non sarà la politica a contrastare dal punto di visto sociale e pubblico questi tentativi di astrazione dell’Italia da sé stessa, di regionalizzazione dei bisogni, di balcanizzazione dei diritti e di differenziazione forzata delle aree depresse del Paese da quelle economicamente virtuose, ci penserà il mercato con una stretta ancora peggiore di quelle conosciute fino ad oggi.

Salvaguardare la democrazia, per una sinistra moderna e di alternativa, deve poter significare oggi fare una strenue opposizione di massa, politica, sindacale, sociale, civile, contro questo governo, contro questa destra antiparlamentare, presidenzialista e priva di una concezione veramente egualitaria sia dei diritti (per quanto riguarda l’autonomia differenziata) sia dei doveri (per quanto concerne il ruolo che deve avere nella gestione del Paese sul fronte istituzionale).

MARCO SFERINI

3 febbraio 2023

foto: screenshot

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