«Nel villaggio di Lützerath prima della mobilitazione vivevano cinquanta abitanti. Oggi siamo oltre 30.000». La giovane attivista di Last Generation decifra così la «vittoria politica» della manifestazione di solidarietà a chi resiste allo sgombero del presidio di Garzweiler.

Smentendo in serie, l’intelligence della polizia federale che attendeva «massimo 8.000 persone», il governo del Nordreno-Vestfalia pronto a liquidare la demo come «pochi irriducibili» e il vicecancelliere del governo Scholz, Robert Habeck, co-leader dei Verdi, convinto che Lützerath sia «un falso simbolo della lotta per il clima».

Anche se la “sbugiardata” più autorevole arriva da Greta Thunberg, ieri in prima fila nella denuncia della svendita del territorio ai padroni della Ruhr con la complicità dei Grünen che governano sia il Land carbonifero che la Repubblica federale. «Gli accordi con il colosso energetico Rwe – proprietario della miniera – dimostra quali siano realmente le loro priorità. Voi siete la dimostrazione che i cambiamenti non arriveranno da chi sta al potere, dai governi o dalle imprese, dai cosiddetti leader.

No, i leader sono qui, sono le persone che da anni difendono Lützerath. I veri leader siete voi!» ripete tra gli applausi alle migliaia di attivisti la leader la mondiale del Fridays For Future, mentre Greenpeace mette in guardia dal rischio di non raggiungere gli obiettivi di Parigi.

Greta contro i Verdi: non è solo un gigantesco problema di immagine per il ministro dell’Economia Habeck e la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock; è una vera grana politica per l’intero partito: dalla parte di Thunberg sono schierati ufficialmente i Giovani Verdi e tre quarti dell’elettorato under-30. Mentre a Lützerath “sfonda” i media quasi solo il racconto dello «scontro violento degli antagonisti» al centro dei comunicati della polizia e l’immancabile «infiltrazione di black block» immaginata da una parte dell’informazione mainstream.

La resistenza delle migliaia di attivisti a Lützerath, in realtà, ieri è stata pacifica; non si può definire passiva solo perché la polizia ha faticato non poco a rincorrere sul fango i manifestanti sparpagliati per mezza miniera, e perché un paio di cordoni di agenti sono stati sfondati da attivisti compressi a suon di spray al peperoncino e idranti. Ma nella rete delle forze dell’ordine ieri sono incappate anche le troupe televisive. A proposito di scontri violenti si segnalano le manganellate incassate dai manifestanti certificate da numerose testimonianze dirette.

Alle 17.30 di ieri si era sparsa la voce che un attivista era stato portato in ospedale con l’elicottero di soccorso chiamato d’urgenza alla luce della gravità delle ferite riportate durante lo sgombero, mentre il tam-tam degli attivisti sui social diffondeva le ultime da Berlino: una lettera della scritta “Nrw” (la sigla del Land), esterna all’edificio della rappresentanza diplomatica del Nordreno-Vestfalia, è stata rimossa per protesta.

La polizia della capitale ha fermato due sospetti. Altro segnale che la partita del carbone non si gioca solo nella miniera della Ruhr dove comunque la lotta non finisce con lo sfratto del presidio.

«Il carbone è ancora nel sottosuolo di Lützerath. Dobbiamo continuare a combattere, siamo ancora in tempo. La sua estrazione non servirà certo a ridurre la bolletta energetica dei tedeschi» ha ricordato Greta Thunberg, camminando a fianco di Luisa Neubauer, leader tedesca del Fridays For Future. Con buona pace dei sostenitori del ritiro di entrambe dalla scena politico-mediatica.

A Lützerath quando il sole tramonta rimangono accese solo le luci dei riflettori installati dalla polizia a bordo della miniera. La maggior parte dei dimostranti si incolonna in direzione della stazione ferroviaria.

La demo è finita, comincia l’analisi del risultato. «Oggi abbiamo ottenuto più di quanto avremmo ritenuto possibile» aggiunge Charly Dietz, portavoce di Ende-Gelände, fra le decine di Ong del cartello ambientalista sceso in campo in difesa del villaggio di Lützerath, l’ultimo dei venti borghi della zona che la miniera di Rwe ha inglobato negli anni passati.

Tutto grazie al via libera esecutivo del tribunale regionale renano che ha respinto tutti i ricorsi degli ambientalisti dando luce verde alle ruspe di Rwe, dopo che l’ultimo residente di Lützerath lo scorso ottobre ha venduto il suo fazzoletto di terra che bloccava la demolizione del borgo.

Da domani la società carbonifera potrà scavare l’area per sfruttare oltre 250 milioni di tonnellate di lignite del sottosuolo: carburante indispensabile per le cinque centrali riattivate dal governo Scholz dopo il taglio delle forniture russe. Ma solo sulla carta della propaganda; secondo gli esperti dell’Istituto federale economico la distruzione di Lützerath è insensata perfino sotto il profilo strettamente dei conti. Il carbone dell’attuale miniera, dati alla mano, basta già a coprire il fabbisogno energetico della Germania.

SEBASTIANO CANETTA

da il manifesto.it

Foto di Alle Dörfer tratta da Flickr su licenza Creative Commons 2.0