Un mese di «reddito di cittadinanza» in meno a 660 mila «occupabili» che hanno firmato un «patto per il lavoro» nei centri per l’impiego, con un risparmio di circa 200 milioni di euro forse utili per finanziare l’aumento delle pensioni minime. Se così fosse il sussidio terminerebbe a luglio, e non ad agosto 2023, diversamente da quanto annunciato dal governo.
Bisognerà però aspettare le carte e non inseguire le voci sugli emendamenti. Senza contare che ieri, durante la giornata conclusiva del decennale dalla fondazione di Fratelli d’Italia, sono stati fatti altri annunci. Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti si è sostituito alla collega al lavoro Marina Calderone e ha detto che quest’ultima starebbe già lavorando alla «riforma dell’assistenza insieme alle «modifiche in senso restrittivo del reddito di cittadinanza».
Giorgetti ha aggiunto elementi utili per spiegare che cosa ha in mente la destra leghista e postfascista quando parla degli «occupabili». «Nel Pnrr sono previsti 4 miliardi per la ri-formazione dei lavoratori». Sì, ha detto proprio «ri-formazione». E poi ha fatto un esempio tratto dal settore dell’automotive dove «nel giro di pochi anni» è stato necessario «addestrare» i lavoratori a operare sui nuovi motori non più «endotermici».
In queste parole c’è una tragica confusione, o strabismo, sugli «occupabili». In maggioranza queste persone non lavorano da anni e non hanno saperi paragonabili a un operaio in cassa integrazione o disoccupato. E se li hanno, possono applicarli lavorando nel settore dei servizi poveri, ben lontani dalla manifattura.
Potrebbero anche vivere a centinaia di chilometri da imprese che non cercano manodopera inoccupata. A meno che non sia possibile costringere queste persone a trasferirsi in cambio di salari da fame. Sempre che le imprese li vogliano. In questa fantasia sono caduti i Cinque Stelle che, nel 2018-9, hanno scritto la legge sul «reddito» insieme alla Lega. I novelli teorici del Workfare coltivano gli stessi incubi.
Alla guerra tra poveri (togliere il «reddito» e pagare le pensioni minime) potrebbe aggiungersi un altro attacco. Il fondo sociale per il contributo agli affitti e per la morosità incolpevole è stato cancellato. Gli emendamenti che li rifinanziavano, presentati da Verdi-Sinistra Italiana e dal Pd, sono stati bocciati dalla commissione Bilancio. I soggetti destinatari di queste misure sociali possono certamente non essere gli stessi.
Ma ipotizziamo che lo siano: chi lavora precariamente, o chi cerca un lavoro, potrebbe perdere sia il «reddito» che la casa a seguito di uno sfratto provocato anche dal fatto che il governo ha cancellato il sostegno utile per contribuire all’affitto. L’Unione degli inquilini ieri ha parlato di rischio di «pandemia sociale». Sono 150 mila gli sfratti esecutivi, il 90% dovuti a morosità incolpevole, cioè alla mancanza di reddito e salario. Ora si spera in un maxiemendamento del governo per ovviare a una «scelta folle».
ROBERTO CICCARELLI
Foto di Stefano Ferrario da Pixabay