I sondaggi indicano un lieve vantaggio per Lula, ma visti gli abbagli del primo turno c’è da stare cauti. Oggi 156 milioni di brasiliani eleggeranno il prossimo presidente della Repubblica e 12 governatori degli Stati federali del paese più grande e più ricco dell’America Latina. Ma tra fake news e violenza, digitale e reale, difficile capire come andrà a finire. E soprattutto che ne sarà della democrazia nel paese.
Il dibattito di venerdì sera su Globo Tv è l’ultimo atto del rito elettorale. Un format estenuante, in cui conta più la battuta sagace che la proposta politica. Un incontro di boxe in cui viene fuori poco di nuovo: Bolsonaro ripete i suoi slogan e diffonde bugie. Lula non svela i non detti del suo programma, soprattutto l’agenda economica. Fa spesso riferimento al giornale Folha de Sao Paulo e alle statistiche ufficiali. Non è casuale: il discorso tecnopopulista di Bolsonaro evita le fonti ufficiali e inventa le proprie. E si fonda su uno strumento essenziale: lo smartphone.
Rompe l’intermediazione della stampa, della scienza. E anche dei preti che interpretano la lettura della Bibbia. Così, il verbo bolsonarista arriva senza filtri a milioni di brasiliani, il popolo che passa più tempo attaccato a un telefonino, secondi i dati State of Mobile 2022. Per il 79% di loro Whatsapp è la principale fonte di notizie, il 49% preferisce Youtube alla tv per informarsi, scrive la giornalista Campos Mello. Secondo lei, oggi in Brasile esiste «un ecosistema parallelo di notizie: youtubers, bloggers e siti di notizie spazzatura che si muovono con facilità tramite WhatsApp e Telegram. Ciò crea una realtà parallela per metà della popolazione».
Bolsonaro si vanta di aver ridotto i disboscamenti in Amazzonia, benché sia smentito dalle cifre ufficiali. «Non è vero? Che importa? La verità non esiste, esiste quello in cui crede la gente» commenta rassegnata Marielle, consulente di marketing politico.
Uno degli attacchi più efficaci di Lula, durante la sfida tv, è contro il «pistolero di Bolsonaro», l’ex-deputato federale Roberto Jefferson. Domenica scorsa una pattuglia della Polícia Federal ha bussato a casa del bolsonarista Jefferson per arrestarlo dopo che aveva violato gli arresti domiciliari. Lui ha risposto con cinquanta colpi di fucile e tre granate. La sparatoria di Jefferson ha sconcertato gli elettori bolsonaristi “legge e ordine” e Bolsonaro non è riuscito a smarcarsi. Soprattutto quando la polizia ha trovato in casa di Jefferson un arsenale.
La circolazione delle armi è uno dei temi che più divide il paese. Bolsonaro ha rispettato la promessa fatta nel 2018 di facilitare l’acquisto di armi e l’idea di avere una pistola in casa si è normalizzata.
Dall’arrivo di Bolsonaro a Planalto ad oggi, il numero delle armi è triplicato: ce sono 1 milione in circolazione, secondi i dati dell’Istituto Sou da Paz. Uno dei modi più facili per acquistarle è rivolgersi ai club privati CACs. Come quello di Campo Limpo, a sud di San Paolo. «La gente viene qui al poligono di tiro per scacciare lo stress. Ci sono avvocati, medici e operai. Siamo aperti 24 ore al giorno. Abbiamo 2200 iscritti, circa la metà viene almeno una volta al mese. Un terzo sono donne. Gente soprattutto di destra conservatrice» dice Daniel, 29 anni, proprietario del CAC di Campo Limpo.
Su una parete, colma di pistole, revolver, carabine e fucili, ci sono due foto di Bolsonaro. «Di lui mi piace la difesa della libertà di possedere un’arma – dice Daniel -. Non temo la vittoria di Lula perché la bancada della bala, che difende gli interessi del nostro settore, ha eletto 44 deputati federali e due senatori. Magari ci sarà un rallentamento, ma indietro non si torna».
Intanto, poco lontano, un killer uccide un dirigente del Pt, Zezinho, 51 anni. La polizia non esclude nessuna ipotesi, nemmeno quella politica, legata alle denunce fatte dalla vittima di uno schema di corruzione nella sua città. Il giorno prima, a Curitiba, la giornalista Magalea Mazziotti, 43 anni, viene aggredita per strada. Ha ricevuto quattro punti di sutura al viso. «Non mi ha rubato nulla. L’unica ragione può essere questo» dice, mostrando l’adesivo pro-Lula che indossava.
I casi di violenza politica sono sempre più comuni in Brasile, soprattutto negli ultimi mesi. Gli effetti della liberalizzazione delle armi si vedranno nei prossimi anni. «Un’arma comprata oggi, non viene utilizzata immediatamente» segnala Daniel Cerqueira, del Fórum Brasileiro de Segurança Pública. Oggi è l’ora della verità, nella notte italiana scopriremo chi sarà il prossimo presidente. Ma la post-verità ha avvelenato i pozzi e le armi sono sempre più diffuse. Come farà il Brasile a ritrovare pace?
FEDERICO NASTASI
Foto di Thiago Kai