Non solo i libri tradizionalmente intesi, perché sono la maggioranza assoluta dei volumi pubblicati, hanno diritto di stare sia sugli scaffali delle nostre case, nelle biblioteche scolastiche o in quelle pubbliche. Eppure c’è una categoria di libri che non sono nemmeno quasi considerati tali: forse perché già dal nome si tende ad escluderli in quanto tali e a metterli altrove rispetto a dove si posizionano classici latini, greci, delle letterature di mezzo mondo e di svariate epoche.
Mi riferisco agli “atlanti storici” che, a differenza di quelli geografici o dell’universo, subiscono l’ignominia di non venire trattati come veri e propri libri di testo. Si obietterà: per forza, ci sono più che altro cartine in cui leggere i nomi degli imperi, delle repubbliche e dei canati che si sono susseguiti nel tempo e non poi così tanto testo…
E’ una obiezione sensata che, almeno in parte, negli ultimi vent’anni è stata ascoltata da molti editori: imitando l’ingegnosa opera della Garzanti, il cui atlante storico è quello che oggi – in gergo giovanile o modaiolo – si direbbe essere “un must” o, per i “boomer” come me, “un cult“, molte opere, che sono state pensate e realizzate per mostrare geopoliticamente la storia di questa sciagurata umanità, hanno affiancato alla pur generosa produzione cartografica anche qualcosa di più di una semplicistica didascalia.
“Leggere” un atlante storico è possibile, prescindendo anche dalle spiegazioni che si elencano accanto alle cartine, la cui cura meticolosa – va riconosciuto – spetta per eccellenza alla De Agostini di Novara che ha da sempre unito la precisione geografica delle carte alla puntigliosa e straordinaria descrizione degli eventi del cammino umano con una uniformità di trattamento dalla prima all’ultima pagina dei propri atlanti.
Leggere un atlante storico, si diceva, è possibile: soprattutto partendo dalle carte. E’ ovvio che, per chi è completamente digiuno del tema trattato in una pagina del libro (sì, chiamiamolo per una volta così!), anche la sagoma più semplice e meno fitta possibile di nomi di città, luoghi, battaglie, scontri e sommovimenti di chissà quanti tipi, apparirà come qualcosa di estremamente vago e su cui tracciare un immaginario punto interrogativo.
Per leggere un atlante storico bisogna necessariamente prima conoscere un po’ la storia. Ma è anche vero che, senza la guida e l’accompagnamento delle carte di un ottimo atlante, l’apprendimento della logica consequenzialità dei fatti di qui a “solo” qualche migliaio di anni fa, può essere percepito dallo studente come un mero esercizio di assimilazione di nozionismi che, davvero molto poco efficacemente, vengono inoculati nella mente delle ragazze e dei ragazzi facendo enormi danni ad un potenziale di apprendimento critico invece rilevante.
Ma li comprendo quegli studenti che si lagnano della Storia e che preferiscono studiare qualcosa di più eccitante e aderente alla realtà d’oggi. Non è colpa loro se la tradizione scolastica – forse non solo italiana – ha, programmi ministeriali alla mano ed eccessivo zelo degli insegnanti nell’essere pienamente aderenti agli stessi, costretto i pubescenti a pensare al passato come a qualcosa di inutile per il futuro, perché, letteralmente, «…ormai è passato».
Fa raggelare il sangue sentire parlare della straordinaria storia dell’umanità in questi sempliciottissimi termini, con una locuzione liquidatrice millenni di involuzione ed evoluzione al tempo stesso. Parliamo di una Storia per la maggiore intrisa di autolesionismi di massa – chiamati “guerre“, “olocausti“, “genocidi” e così via… – e di pregiudizi, precondizioni, anatemi, condanne che non è così seducente come imparare le vie dell’informatica oggi o l’astrofisica del domani, per cui un certo tasso di giustificazionismo lo si deve agli studenti refrattari.
Eppure, la consegna del passato a sé stesso, come qualcosa di irrecuperabile e di indicibile nell’odiernità, può essere sconfitta soltanto se la Storia (rigorosamente con la esse maiuscola, quella quindi che ci comprende tutte e tutti) la si vede, letteralmente, nella sua interezza che è composta da un sincretismo imprescindibile.
Racconto, attraverso il metodo, lo studio, e apparizione dei fatti nel mondo di allora attraverso tanto quello che di tangibile ci resta (monumenti, disegni rupestri, ritratti, grandi affreschi e, infine, fotografie e oggi la presa diretta del cinema, della tv e di Internet) quanto quello che di unidimensionale possiamo osservare attraverso una carta storica.
La straordinaria comunicazione che un atlante storico ci regala è il poter rendersi conto che la Storia è nei luoghi oltre che nelle epoche, perché sono proprio queste ultime a rivivere permanentemente la loro consunzione progressiva nel diroccamento delle rovine del Colosseo, lasciandoci però la traccia attraverso cui percorrere tutta l’epopea della repubblica prima e dell’impero dell’Urbe poi.
L’ottimo studio della Storia, proprio in una estasiatica e quasi mistica adorazione per la conoscenza ultradimensionale, che attraversi il tempo con una macchina e ci porti in quello che per molte persone è l'”ormai è passato” (inutile, scartabile perché irrecuperabile veramente) è una combinazione tra studio dei testi, visione geopolitica negli atlanti e presenza sul luogo precisamente dato di quel singolo fatto storico.
Avendo la possibilità di unire questi tre fattori, ecco che si è praticamente quasi nella Storia che si sta studiando.
Ed oggi, con il proliferare di nuove ricerche e studi, con un pullulare di pubblicazioni anche mensili, a tratti un po’ gossipare e morbosamente attratte ed attraenti per la suspense che vogliono generare attorno ad un dato personaggio o ad una battaglia, piuttosto che interessare il lettore all’approfondimento dei temi trattati, bisogna notare positivamente un rinverdimento della curiosità e di un certo senso critico nei confronti del cammino dell’umanità.
Con tutte le stigmatizzazioni opportune e già citate, è utile attingere da molte fonti, preferendo comunque sempre avere per le mani un buon atlante della Storia per non smarrirsi nel fitto bosco delle notizie false sul e dal passato: in particolare se si fanno ipotesi e illazioni e non si riportano le fonti.
Così come queste sono preziose basi per l’avvicinarsi ad una veridicità storica che si fa lacunosa quando mancano gli opportuni incroci, le prove del nove per poter determinare se la corresponsione esiste e se quindi si può ritenere, altrettanto fondamentali sono le partizioni non tanto tra vero e falso quanto tra esistito e non esistito, tra Storia e mito.
Christian Grataloup ha redatto un “Atlante storico mondiale” che ci aiuta in tutto questo processo di acquisizione della conoscenza del tempo andato e la proietta in un oggi globale, riportando, a sua volta, la globalità terracquea indietro nei secoli, nei millenni, mostrandoci che una linea di sviluppo delle civiltà c’era anche nel 3.000 avanti Cristo.
Il fatto che non ce l’abbiano mai mostrata nei parapiglia bislacchi e confusi del nozionismo scolastico, non ci esime oggi dal non trarne una consapevolezza tutta moderna, eppure utilissima per reinterpretare ciò che davamo per assoluto, per scontato, per immarcescibilmente acquisito.
La lettura mondiale della storia che Grataloup, con tutta l’equipe della celebre rivista francese “L’Histoire“, è persino una novità anche paragonata alla genialità dell'”Atlante Storico Garzanti“. Non si va oltre il classico del genere, ma si compenetra il tutto che c’era con una novità quasi disarmante: vedere l’Europa come uno dei punti di nascita della Storia umana, ma non certo come il solo.
Così vale per la storia orientale. La Cina e il Giappone non più i soli a cui fare riferimento con poche carte in striminziti atlanti pseudo-tascabili, ma comprimari delle vicende degli imperi indiani, dello sviluppo dell’Indocina prima di sé stessa (e quindi della sua colonizzazione europea), nell’epoca dei colonialismi che hanno percorso, con la fase imperialista del capitalismo, un po’ tutti i continenti.
Il lavoro del “L’Histoire” e di Grataloup è davvero una eccellenza da maneggiare con cura, con la delicatezza dell’apprendimento accompagnato da un desiderio, da una sete di allargamento del campo visivo della Storia attraverso longitudini e latitudini di mappe elaborate con cura, anche se non con la millimetrica precisione della De Agostini che unisce, ormai con tradizione plurisecolare, la minuziosa e meticolosa geografia alla sovrapposizione dei colori degli imperi, dei regni e delle repubbliche che hanno trapassato i secoli e i millenni.
Un unico neo, davvero macroscopico (che non può essere perdonato così facilmente…), la mancanza di una o più carte dedicate alla Rivoluzione inglese del ‘600 puritano di Cromwell, della vittoria del parlamentare “New Model Army” su Carlo I, la cui testa venne fatta cadere per mano del boia e, da quel momento per un breve periodo di anni, l’Inghilterra divenne formalmente una repubblica, meglio definita come “Commonwealth”.
Per il resto, l’atlante storico mondiale della Ippocampo edizioni merita di stare negli zaini degli studenti, nelle biblioteche piccole e grandi, perché è una finestra di 500 mappe su una storia umana ancora tutta in divenire, ancora tutta da inventare. Un libro a tutto tondo, un libro nel vero senso del termine, un libro senza se e senza ma.
ATLANTE STORICO MONDIALE
CHRISTIAN GRATALOUP
IPPOCAMPO EDIZIONI
€ 29.90
MARCO SFERINI
14 settembre 2022
foto: la mappa sulla caduta del Terzo Reich