La giustizia è fatta? Probabilmente sì, perché sia che fosse assolto sia che fosse condannato, tutti sapevamo e sappiamo che le responsabilità maggiori di Silvio Berlusconi sono purtroppo incensurabili dai tribunali dello Stato e spetterebbe un giudizio in merito ad una coscienza popolare che si esprimesse nelle urne mettendo una volta per tutte la parola “fine” alla corrente di azione, pensiero e comportamento antidemocratico e antisociale che possiamo sintetizzare nel termine “berlusconismo”.
La ferita più grande che l’Italia ha da vent’anni a questa parte non è stata prodotta dagli atti di corruttela che Silvio Berlusconi ha compiuto nei suoi affari privati, ma nell’uso della cosa pubblica, delle istituzioni repubblicane piegate all’interesse privato, alla torsione delle più nobili espressioni di difesa dei diritti sociali e civili verso una logica imprenditorialista dello Stato, del governo e di tutti i suoi apparati.
La sentenza della Corte di Cassazione stabilisce, quindi, solamente un passaggio storico nel chiarire definitivamente la responsabilità penale in merito alla frode fiscale nell’affare Mediaset.
Sembra che si ripeta la favola italiana di pasoliniana memoria dell’ “io so ma non ho le prove”. Oggi abbiamo queste prove. Ma da tanti, troppi anni abbiamo le prove di un utilizzo così personalistico della politica, di uno sdoganamento di tanti confini un tempo invalicabili per scendere nel deperimento della democrazia, che sono divenuti comune sistema di comportamento nell’agire politico.
Si è formata un’etica (sarebbe meglio definirla un’ “anti-etica”, se volessimo e vogliamo stare su un piano di giudizio tra ciò che è “costituzionale” e quindi giusto per tutte e tutti e ciò che invece è “a-costituzionale” e “in-costituzionale”) della prepotenza privata, una muscolarità istituzionale che ha finito per penalizzare ancora una volta i più deboli nella scala sociale delle differenze.
L’anti-etica berlusconiana del personalismo esasperava ed esaspera tutt’ora le pietre angolari del diritto costituzionale, facendo del patto sociale del 1948 quanto di più distante vi possa essere da una nuova intesa nazionale fondata sul legame tra imprenditoria e pubblicismo istituzionale.
Gli stessi italiani, molti sicuramente, che lo hanno votato ripetutamente in questi lustri, ora lo vorrebbero in galera a vita. Una galera che proprio nel caso di Berlusconi servirebbe a poco, a niente. Sarebbe anzi un boomerang, se non fosse superata persino dalla normativa penale che esclude il carcere in molte situazioni per chi ha oltrepassato la veneranda età dei 70 anni.
Condivido l’analisi di chi mi dice: “Questo popolo ha il vizio dell’ “affidamento” più che della delega: si affida al salvatore della patria di turno salvo poi riconoscere in lui un profittatore, uno sfruttatore delle amministrazioni pubbliche per interessi privati, per difendersi dalle imputazioni mossegli dalla magistratura, per evitare, questo sì, il carcere quando ancora aveva una cinquantina d’anni.
Berlusconi è riuscito a traghettarsi sino ad oggi con camaleontici trasformismi e non ha nemmeno dovuto mettere in campo molte armate brancaleone per battere un centrosinistra ridotto alla parodia di sé stesso ed incapace oggi di contrastarlo.
La ricosegna di potenzialità scomparse per il centrodestra è venuta proprio da una linea politica che il PD ha messo in essere fin dal sostegno al governo Monti, evitando di ricostruire una alleanza progressista in Italia e preferendo sostenere esternamente un governo “tecnico” suggerito dal Quirinale.
Le istituzioni da funzionali al privatismo imprenditorialista berlusconiano hanno qui fatto un ulteriore salto di squalificazione: si sono piegate nella loro sovranità nazionale alle regole imposte dall’Europa, dalla BCE che controlla i traffici di capitali, i tassi di interesse sull’Euro e, di comune intesa con la Commissione Europea, l’applicazione dei trattati capestro internazionali sui vincoli che regolano l’andamento univoco degli Stati membri sulla tutela del capitalismo continentale.
Dunque, a coronamento di tutte queste parole, penso che si possa tranquillamente dire che la vicenda Berlusconi scontenta il governo Letta. E l’avrebbe scontentato e messo in difficoltà comunque fosse andata: l’assoluzione avrebbe rischiato di innescare non poco imbarazzo nel PD e nella tenuta dell’escutivo oltre a proteste in tutta Italia (mitigate solo dal fatto che è estate…); la condanna può porre il governo davanti al dilemma di stare a Palazzo Chigi con una forza politica capitanata da un delinquente passato in giudicato.
Comunque vada, il Paese non ne guadagnerà niente. Soprattutto chi non ha il lavoro, chi lo perde troppo presto, chi non l’hai mai trovato e chi viene schiavizzato nei call center e ovunque si possa tornare a ridurre la forza-lavoro al rango del servaggio medievale.
E, tuttavia, oggi diciamocelo: “Buongiorno, Italia!”.
MARCO SFERINI
2 agosto 2013