Le tensioni e le accuse che Kiev e Mosca si lanciano reciprocamente continuano ad alimentare l’incertezza su ciò che sta realmente accadendo nella centrale nucleare di Zaporizhzhia. La Aiea non ha accesso al sito dallo scorso febbraio e questo trasforma automaticamente l’area formalmente in una zona «fuori controllo», non perché sia tecnicamente ingestibile, ma perché gli ispettori internazionali non possono avere il polso della situazione.

I bombardamenti che martellano la zona attorno alla centrale, pur non rappresentando alcun pericolo per i reattori che sono comunque protetti da sistemi di sicurezza attivi e passivi e da un triplo strato di scudi di calcestruzzo rinforzato e di acciaio, costituiscono una minaccia alla salvaguardia della vita dei lavoratori (ucraini).

Le notizie che provengono dai diversi fronti parlano di missili che avrebbero colpito aree interne ed esterne alla centrale, ma, senza la presenza di osservatori neutrali e indipendenti, nessuno può confermare in modo assoluto la veridicità di tali affermazioni e la responsabilità degli attacchi.

Questo è il senso delle parole di Mariano Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica il quale ha denunciato che «ora più che mai la presenza dell’Aiea nella centrale è di vitale importanza per aiutare a ridurre il rischio di un possibile disastro nucleare», e che ieri ha ribadito l’urgenza dell’ispezione al Consiglio di sicurezza dell’Onu convocato d’emergenza proprio per discutere la questione di Zaporizhzhia.

In questi giorni  la carcassa di un vettore che sembra appartenere ad un B-27 Uragan è stata mostrata dall’agenzia russa Zvezda nei pressi del deposito di stoccaggio a secco delle scorie nucleari e un incendio alla sottostazione elettrica da 750 kV (situata all’esterno del perimetro della centrale) ha indotto la direzione di Zaporizhzhia a mettere in stand-by uno dei tre reattori in funzione (ora, su sei reattori, solo due forniscono energia al 50% della loro potenza).

Non è chiaro chi abbia lanciato gli attacchi (il B-27 Uragan è in dotazione in entrambe le forze armate e gli analisti militari hanno fatto notare che è stato mostrato lo scheletro di un solo missile, mentre ne vengono sparate a salve di 16 da lanciatori mobili), ma di fronte ad una sorta di assestamento dei due fronti militari, l’escalation attorno alla centrale nucleare conferma che l’atomo sta diventando un punto cruciale nella propaganda di entrambi gli schieramenti, specialmente dopo che la Russia ha manifestato l’intenzione di utilizzare Zaporizhzhia per agganciarsi alla rete elettrica in Crimea (cosa non di immediata e facile attuazione).

Si spiegano anche in questo modo le parole di Yevhen Balytskyi, il governatore dell’Oblast di Zaporizhzhia sotto controllo russo. Balitskyi, dopo aver confermato che Mosca è disposta a ricevere la vista degli esperti dell’Aiea, ha aggiunto che “siamo pronti a mostrare come i russi controllano e proteggono (la centrale di Zaporizhzhia, ndr) mentre l’Ucraina, che riceve armi dall’Occidente, usa tali armi, inclusi i droni, per attaccare la centrale nucleare comportandosi come delle scimmie che giocano con granate».

La disponibilità russa non facilita necessariamente le cose per l’Aiea: la centrale appartiene formalmente all’Energoatom, l’agenzia atomica ucraina, che ha negato il nulla osta ad un’ispezione internazionale. I motivi non sono solo nazionalistici: Zaporizhzhia rappresenta un precedente pericoloso per lo status delle centrali atomiche mondiali.

Sino ad oggi nessuna nazione ha preso il controllo di una centrale nucleare appartenente ad un altro stato con la forza e varcare l’ingresso del sito significa strappare gli accordi tra l’ente che gestisce la centrale (in questo caso l’Energoatom) e la Aiea stessa. La Russia ha fatto sapere che ogni ispezione dovrà passare attraverso il territorio da lei controllato e i passaporti degli ispettori avranno visti russi.

Vi saranno anche tecnici della Rosatom e l’intera squadra sarà scortata da militari russi. Accettare queste regole significherebbe dare un segnale di debolezza internazionale e riconoscere l’indipendenza, se non l’annessione, dei territori occupati da Mosca.

Ora grossi ha due possibilità: accettare gli accordi internazionali e rassegnarsi a non inviare squadre di esperti fino a quando i russi non si saranno ritirati oppure rischiare di inasprire ancora più i già critici rapporti con Kiev accettando lo status quo e entrare a Zaporizhzhia accettando, almeno in parte, le richieste di Mosca.

C’è una terza opzione, da sempre invocata dall’Ucraina e recentemente rispolverata dal consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak: convincere le Nazioni unite ad intervenire con decisione nel conflitto creando una zona cuscinetto di trenta chilometri attorno alla centrale di Zaporizhzhia entro cui nessuna forza militare può sostare. Una soluzione che Mosca ha già respinto, ma che le stesse Nazioni unite, nella loro sterile politica di mediazione, non sarebbero in grado di mettere in atto.

PIERGIORGIO PESCALI

da il manifesto.it

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