Un segno dei cambiamenti climatici è l’aumento delle notti tropicali. Ovvero quelle in cui il termometro non scende sotto i 20 gradi. E, in questi giorni bollenti dove da Bolzano a Roma si toccano i 40 gradi e l’anticiclone africano denominato non a caso Apocalisse4800 la fa da padrone, è un dato palpabile. Più concretamente, è uno degli indici utilizzati dalla World Meteorological Organization delle Nazioni Unite per la misurazione di eventi estremi meteo-climatici.

Secondo i dati Istat, in Italia le notti tropicali – soprattutto nelle grandi città dove si formano «isole di calore» fotografate dai satelliti e diffuse dall’agenzia spaziale Esa – sono esponenzialmente cresciute rispetto al periodo 1971-2000. Napoli e Milano, nel 2020, erano quelle che avevano fatto registrare un maggiore incremento, più 53 nel capoluogo partenopeo, più 34 in quello lombardo. La prossima infausta classifica del 2022 potrebbe riservare ulteriori sorprese.

Oggi, in base al bollettino del ministero della Salute, salgono a diciannove le città bollino rosso. Alle precedenti – Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Firenze, Frosinone, Genova, Latina, Milano, Perugia, Rieti, Roma, Torino, Trieste, Verona e Viterbo – si aggiungono Venezia, Pescara e Civitavecchia. A Roma, ci sono volute undici ore per spegnere l’incendio divampato venerdì pomeriggio all’interno della pineta di Castel Fusano, polmone verde nella capitale.

Un uomo, rimasto bloccato all’interno di Castello Chigi, è stato tratto in salvo dalla polizia locale. Non si esclude l’origine dolosa del rogo partito dall’ex Country Club, ora ristorante. Già nell’ottobre scorso il locale era stato interessato da un incendio. E, in Friuli, sembra sotto controllo il mega incendio nel Carso; ieri sono continuate le operazioni di spegnimento tra le province di Trieste e Gorizia. I danni sono ingenti. Il vicepresidente della regione con delega alla Protezione Civile Riccardo Riccardi ha comunicato che la macchia bruciata dagli incendi divampati si estende per circa 900 ettari.

Quella degli incendi è un’emergenza europea. Dal primo gennaio a oggi nei 27 Paesi Ue sono andati in fumo 515mila ettari, un’area più grande delle Baleari, la cifra più alta registrata negli ultimi 16 anni rivela lo European Forest Fire Information System della Commissione europea.

Il caldo opprimente si fa sentire pure nei luoghi di lavoro. All’aperto, nei campi, e al chiuso: sono, infatti, sempre più frequenti i malori nelle fabbriche metalmeccaniche.

Il caso più grave a Rivoli (Torino), alla Dana Graziano, dove giovedì è morto, per un malore causato dal gran caldo, un operaio di 61 anni, Luca Capelli. «Nell’azienda non ci sono impianti di condizionamento», hanno denunciato Fiom e Fim. Martedì scorso la Fiom aveva indetto uno sciopero alle Carrozzerie di Mirafiori per protestare contro ritmi di lavoro intensi e il caldo insopportabile. «È da settimane che arrivano telefonate, lamentele ai delegati perché nelle fabbriche fa un caldo infernale.

Le macchine girano e fanno calore, si arriva a 40 gradi», spiega Edi Lazzi, segretario generale della Fiom torinese. «Oltre alla salute e alla sicurezza nelle fabbriche, ora dobbiamo ragionare sul clima. Abbiamo fatto seguire dei corsi ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, devono controllare la temperatura in fabbrica e se l’azienda non collabora chiamare l’Asl. Bisogna rendere i luoghi di lavoro più sicuri», aggiunge il segretario della Uilm torinese, Luigi Paone. «Ci sono aziende come quelle di stampaggio a caldo del Canavese dove la situazione è intollerabile. Abbiamo allertato i delegati, stiamo monitorando.

La priorità è fare rispettare la legge» sostiene Davide Provenzano (Fim). Ieri, in Liguria un 47ennne, dipendente di un albergo in provincia di Imperia dove svolgeva le mansioni di lavapiatti, è stato colto da un malore mentre era in servizio e a nulla è servito l’intervento del 118.

MAURO RAVARINO

da il manifesto.it

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