La figura di Carlo Smuraglia ha incarnato uno degli ultimi corpi fisici e politici dei padri e delle madri della Repubblica. Ciò perché il segno indelebile della Resistenza contro il nazifascismo, da lui combattuta come volontario del Corpo Italiano di Liberazione nella Divisione Cremona (inquadrata alle dipendenze militari della Ottava Armata Britannica), ha guidato ed indirizzato l’intera biografia pubblica dell’ultimo partigiano presidente dell’Anpi.
La Liberazione d’Italia, infatti, non coincise con la fine della lotta per la democrazia ma anzi avviò da subito l’impegno di Smuraglia sia in difesa del patrimonio rappresentato dalla Resistenza sia per l’applicazione integrale del lascito di quella esperienza emersa dal fuoco della «guerra totale»: la Costituzione repubblicana.
La Guerra Fredda rovesciò le alleanze internazionali del Secondo conflitto mondiale trasformando l’Italia in un Paese non solo collocato sulla frontiera che separava l’est sovietico dall’ovest atlantico ma anche abitato dalla «questione comunista», ovvero dalla presenza del più grande partito comunista dell’Occidente, e dalla «memoria ingombrante» della Lotta di Liberazione che aveva visto proprio il PCI come forza preponderante.
In questo quadro se da un lato si assistette al cosiddetto «congelamento costituzionale» (la sospensione dei principali istituti e delle leggi della nostra Carta fino al 1956) i governi conservatori del dopoguerra a guida Dc permisero (quando non promossero) quell’autentica persecuzione giudiziaria antipartigiana avviata dalla magistratura, quasi integralmente ancora fascista. Carlo Smuraglia, insieme ai fondatori dei Comitati Solidarietà Democratica Umberto Terracini e Lelio Basso, fu avvocato difensore dei combattenti della guerra di Liberazione e riuscì a farne assolvere un intero gruppo in Corte d’Assise a Pisa.
A riprova di come la storia partigiana in Italia non sia finita con il silenzio delle armi, Smuraglia negli anni della «democrazia difficile» assunse il ruolo di avvocato di parte civile dei familiari delle vittime dell’eccidio di Reggio Emilia del 7 luglio 1960, quando le forze dell’ordine dell’allora ministro dell’Interno Giuseppe Spataro (già rappresentante della Dc in seno al Comitato di Liberazione Nazionale di Roma durante l’occupazione nazista) uccisero cinque operai che manifestavano contro il governo Tambroni sostenuto dai fascisti del Msi.
Ritroveremo il partigiano/avvocato in un altro drammatico snodo della vita della democrazia repubblicana ovvero all’indomani della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 allorché divenne difensore della famiglia del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli (già staffetta partigiana) morto in Questura a Milano dove, illegalmente trattenuto oltre i termini del fermo di polizia, «volò» dal quarto piano dell’ufficio del commissario di polizia Luigi Calabresi dopo essere stato sottoposto per tre giorni ad un interrogatorio che avrebbe dovuto fargli «confessare» la sua responsabilità per quella che invece fu la prima delle stragi di Stato di mano fascista e coperta dagli apparati politici e militari delle istituzioni.
Di fronte a quei rovesciamenti del senso della storia (l’ex direttore fascista del confino di Ventotene Marcello Guida che nel 1969 da questore di Milano interroga una ex staffetta partigiana accusandolo di strage) Smuraglia mantenne lo stesso spirito degli anni della Resistenza dimostrando l’innocenza di Pinelli. Nel 1976 seguì le famiglie di Seveso travolte dal disastro ambientale della fuga di diossina.
Le sue battaglie per la difesa della Costituzione dentro le istituzioni presero sempre più forma e corpo quando fu eletto membro del Consiglio Superiore della Magistratura e poi senatore della Repubblica diventando la ragione profonda del suo mandato da presidente dell’Anpi nel 2011.
Da quella posizione Smuraglia guidò il largo fronte di cittadine e cittadini che respinsero, con il voto nel referendum del 2016, lo stravolgimento della Costituzione voluto da Renzi e da quelle classi dirigenti italiane e non solo (basti pensare al noto rapporto della Banca d’affari JP Morgan del 2013 contro le costituzioni antifasciste) che hanno sempre guardato alla revisione della Costituzione (e con essa della storia della Resistenza) come alla rivincita definitiva sugli esiti del 25 aprile 1945.
Una eredità che al contrario Carlo Smuraglia ha rappresentato fino all’ultimo operando da presidente emerito dell’Anpi e respingendo (con una lettera pubblica su Il Corriere della Sera in cui sosteneva l’attuale presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo) anche recenti tentativi di strumentali polemiche rispetto alla guerra in Ucraìna all’indomani di un’intervista su La Repubblica. Un partigiano fino in fondo.
DAVIDE CONTI
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Venerdì alla Casa della memoria di Milano l’ultimo saluto. Carlo Smuraglia – partigiano, parlamentare, consigliere del Csm e presidente emerito dell’Anpi morto ieri a quasi 99 anni – riceverà l’ultimo saluto venerdì prossimo, 3 giugno, alla Casa della memoria di Milano. L’Anpi fa sapere che alle 10 aprirà la camera ardente e dalle 11 si terrà la cerimonia. Tantissime le espressioni di cordoglio del mondo politico e sociale. «Scompare una delle ultime figure del movimento partigiano che concorse alla fondazione della Repubblica e a vivificarne la democrazia», ha affermato il capo dello Stato Sergio Mattarella.