Ancora una volta sono le mura domestiche il luogo più pericoloso, e non solo per le donne. Il 42% delle violenze e dei maltrattamenti contro le persone Lgbt+ avviene infatti in famiglia e ha come vittime principali i giovani, soprattutto quelli con un’età compresa tra i 13 e i 29 anni. Certo non è che fuori le cose vadano meglio. Dopo il coming out, segnala sempre un report di Gay Help line relativo al 2021, il 35% delle persone ha avuto difficoltà di accesso e minori opportunità nel mondo del lavoro, denunciando casi di mobbing, stalking e revenge porn (15%), mentre a essere discriminate sono in particolare le persone trans.
In Italia è ancora tutta in salita la strada per il riconoscimento dei diritti di omosessuali, bisessuali e transessuali, come dimostra le difficoltà incontrate dal ddl Zan. Bloccato per mesi al Senato dall’ostruzionismo delle destre dopo essere stato approvato dalla Camera, il testo contro l’omotransfobia è stato ripresentato pochi giorni fa dal Pd con la speranza di riuscire ad approvarlo entro al fine della legislatura.
Un iter che però già si presenta difficile e a cui sembrano fare riferimento le parole pronunciate ieri dal capo dello Stato in occasione della giornata contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia che si celebra il 17 maggio. «Il rispetto dei diritti di ogni persona, l’uguaglianza fra tutti i cittadini, sancita dalla nostra Costituzione e dagli ordinamenti internazionali che abbiamo fatto nostri, non sono derogabili», ha detto infatti Sergio Mattarella sottolineando come occorra «educare a una cultura della non discriminazione, per costruire una comunità che metta al bando ogni forma di prevaricazione radicata nel rifiuto delle differenze».
Anche l’assenza di una legge adeguata fa precipitare l’Italia al 33 esimo posto su 49 paesi europei, ma soprattutto dà una sensazione di impunità a quanti credono di poter offendere una persona per le proprie scelte sessuali tanto da far segnare un aumento dei casi di violenza, specie a danno dei più giovani: più del 50% delle segnalazioni giunte al centralino di Gay Help line riguardano infatti giovani sotto i 35 anni.
Passano invece dal 35% del 2021 al 42% dei primi mesi del 2022 e nel 60% dei casi sono avvenute all’interno della famiglia e soprattutto contro giovani tra i 13 e i 29 anni. Sempre Gay Help line rivela inoltre che il 20% degli utenti tra i 18 e i 26 anni ha chiesto accoglienza presso Refuge Lgbt, la prima casa per giovani discriminati in famiglia.
Il concentrarsi di casi di omofobia contro i giovani è un fenomeno che preoccupa anche l’Arcigay. Nell’ultimo anno l’associazione ha censito 126 episodi di odio riportati dai mass media, 65 al nord, 38 al centro e 23 al sud e nelle isole. «Questi numeri sono una sorta di penombra – spiega il segretario generale di Arcigay Gabriele Piazzoni – una fessura di luce attraverso la quale intravediamo solo una parte del fenomeno che ancora percepiamo come in gran parte sommerso perché radicato».
«Sono numeri che vanno letti tenendo presente due fattori – prosegue Piazzoni – la pandemia e la coda del lockdown da una parte e i dibattito sulla legge contro l’omotransfobia dall’altro, che hanno lavorato in direzioni opposte: mentre la discussione sulla legge acuiva il conflitto sociale, come sempre accade quando si discute di diritti, la pandemia ha compresso quel conflitto nelle case, sottraendolo non solo allo sguardo ma anche all’aiuto e al sostegno. In questo senso deve farci riflettere che 37 dei 126 episodi censiti riguardino ragazzi e ragazze under 20».
LEO LANCARI
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