Sfumature francesi sulle sanzioni alla Russia

La guerra condiziona gli ultimi sgoccioli di campagna elettorale. Condannata l’aggressione, i distinguo dei candidati all’Eliseo. Marine Le Pen, che ha un debito con Putin, continua a crescere nei sondaggi. Mélenchon, che spera di arrivare al ballottaggio: «Né neutri né allineati: indipendenti»

Domani 48,7 milioni di elettori francesi votano per il primo turno delle presidenziali, in un clima pesante, dove gli stati d’animo dominanti sono «inquietudine, incertezza, fatica». Il ritorno della guerra in Europa contribuisce a questo scenario, già gravato dalla crisi del Covid, non ancora finita. Mentre i 12 candidati stanno portando a termine le rispettive campagne, la Francia con la Ue ha approvato il quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca, che per ora riguarda solo il carbone ma non ancora il petrolio (in discussione), mentre il gas resta lontano.

Nella campagna, sono stati soprattutto gli effetti delle sanzioni a interessare i candidati. E, su questo, molti sfumano l’opposizione all’aggressione russa. Al punto che, vista l’incertezza sui risultati finali al ballottaggio del 24 aprile, la Francia potrebbe diventare un problema per la tenuta dell’unità nella Ue. Se si sommano i voti dei candidati che hanno espresso forti sfumature di compiacenza con la Russia, si arriva a circa il 50%, cioè, come è successo in Ungheria con Orbán e in Serbia con Vucic, il relativismo rispetto alla Russia non rappresenta un vero ostacolo neppure in Francia.

Marine Le Pen, che i sondaggi danno a più del 20% al primo turno e segnalano la possibilità di una vittoria al ballottaggio, si è dichiarata contro l’embargo su petrolio, gas, materie prime, perché hanno «conseguenze pesanti per i francesi, sono contro tutto quello che può far moltiplicare le bollette dei francesi per 4, 5 o 6». La candidata del Ressemblement national, che nel bollettino elettorale liscia ancora la sua immagine e si presenta solo come «Marine presidente, donna di stato», senza il pesante cognome, propone un ribasso dell’Iva su tutti gli idrocarburi e una tassazione zero per dei prodotti di prima necessità (cita: shampoo, pannolini per bambini, olio, burro, pasta, pesce).

Marine Le Pen, che nel 2017 ha contratto un grosso prestito con una banca russa vicina a Putin, prestito che deve ancora restituire, vuole «riavvicinare la Russia e l’Europa», propone una «diplomazia indipendente» e di «rifare della Francia una potenza di equilibrio tra i grandi blocchi». Dall’inizio della guerra, è passata dal 14,5 al 21,5% nelle intenzioni di voto. E Valérie Pécresse, candidata dei Républicains, ha detto che non darà indicazioni di voto in caso di ballottaggio Le Pen-Macron.

All’estrema destra, Eric Zemmour, che aveva affermato di voler essere «il Putin francese» per poi smentire, ha sostenuto fino all’inizio dell’aggressione all’Ucraina che «nella storia la Russia non ha mai attaccato». Zemmour ha perso terreno nelle intenzioni di voto perché non ha espresso nessuna compassione per gli sfollati ucraini.

La sinistra è divisa sulla guerra. Jean-Luc Mélenchon, che potrebbe arrivare al ballottaggio se funziona l’appello al «voto efficace» aspirando i voti di socialisti, verdi e comunisti, propone: «Né neutri né allineati: indipendenti», in un mondo che cambia, «la Francia ha interesse a essere un paese che non appartiene a nessun blocco». Mélenchon condanna «l’invasione russa» come «intollerabile», propone una «conferenza europea straordinaria per le sicurezza e le frontiere», un «protezionismo negoziato» per «rilocalizzare le produzioni industriali e agricole» in Francia. Ma ritiene che nel passato le sanzioni si sono rivelate «inefficaci» (cita Iran, Siria) e che adesso «bisogna fare attenzione che non puniscano prima noi».

Questa posizione non è condivisa dalla socialista Anne Hidalgo e dal verde Yannick Jadot, secondo il quale il voto di domani è un voto «di civiltà: la questione climatica, prima di tutto ciò che significa la nostra dipendenza dal gas russo, la compiacenza di fronte ai dittatori e la questione del potere d’acquisto devono essere al centro del voto». Il comunista Fabien Roussel, con lo slogan a contro-tempo «la Francia dei giorni felici», è contro le sanzioni.

Ieri, Emmanuel Macron ha condannato «l’attacco abominevole» contro la stazione di Kramatorsk e ha dovuto far fronte a una polemica con la Polonia, che ha convocato l’ambasciatore francese a Varsavia per spiegazioni, in seguito a una frase sul primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, «antisemita, di estrema destra, che mette al bando le persone Lgbt». Morawiechi qualche giorno fa si è opposto ai contatti di Macron con Putin, «non si negozia con Hitler». Macron «assume la responsabilità» di questi tentativi «per costruire una nuova prospettiva di pace».

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto: screenshot

altri articoli