«Invito alla trattativa», «Spiragli di trattativa», «Trattativa, non invio di armi»: sono le parole più sagge che si possono dire dinanzi alla tragedia in corso. Purtroppo però fino ad oggi queste parole si sono rivelate fuori della realtà. Perché una vera trattativa si è rivelata impossibile da Antalya in poi. Tale impossibilità deriva però dall’ermeneutica dei fatti che risulta sbagliata fin dall’inizio ma come vediamo con sgomento è quella che comanda sia tutti i commenti che tutti i comportamenti.
Se le cose stanno come vengono oggi spiegate, per l’Ucraina e la Russia è in gioco la sopravvivenza, per l’una ad opera della Russia, per l’altra ad opera degli Stati Uniti. Putin come si dice “ha aggredito senza ragione Zelensky e deliberatamente ammazza i bambini e bombarda ospedali”, Zelenski non può deludere “il mondo contro Putin” come titolano a tutta pagina i nostri giornali, il mondo per il quale si immola, né può “tradire i suoi concittadini che ferma alla frontiera se hanno compiuto 18 anni, mariti, padri, e li rimanda indietro a combattere in città”; se le cose così vengono raccontate, è chiaro che tutti e due, pur incontrandosi, non hanno in mano la chiave del futuro. Anzi.
È fuori della realtà che Zelensky e Putin si siedano a un tavolo e aggiustino la guerra e il mondo. Ciò è inverosimile. Forse la disperazione farà il miracolo, ma non possiamo fare appello al miracolo. Non è invece inverosimile che al tavolo si siedano Putin e Biden. Anzi è tanto verosimile che già ci stanno, anche se virtualmente per uccidersi.
Se vogliamo tornare a una realtà non virtuale bisogna abbandonare quel racconto della guerra in cui tutti fanno finta di credere e che non è quello vero e unico. Il fallimento maggiore è quello dei giornalisti che dovrebbero capire e spiegare i fatti come sono veramente (queste sono le “notizie”) e invece sono quasi tutti tragicamente embedded. Per i quali a volte anche Papa Francesco viene indicato come filo-Putin, semplicemente perché, diversamente da tutti gli altri, si pone il problema di una possibile mediazione di pace oltre le narrazioni contrapposte. È questione di vita o di morte “vedere come stanno le cose”, come ha detto Claudio Napoleoni morendo,
La guerra non è tra Russia e Ucraina, e questa è la ragione per cui il continuo ritorno su di essa nel discernere aggredito e aggressore, moralmente più che ineccepibile, è fuorviante, cioè ci porta fuori dalla via della soluzione. Pur ricca di argomenti, la condanna dell’aggressione non va a segno se non vede che questa non è in una sequenza duale, ma in una catena che comincia lontano e non finisce qui. La guerra è tra la Russia e gli Stati Uniti, anzi per essere ancora più veri è tra lo schieramento dei partecipi alle sanzioni sotto la guida americana e la Russia.
Dentro ci siamo anche noi e perciò abbiamo titolo per parlare. In ballo c’è l’assetto del mondo, dopo l’uso perverso della fine dei blocchi, tra gli Stati Uniti che vogliono il comando e tutto “il secolo americano” per sé, la Russia che non vuole essere messa ai margini o esclusa addirittura dal mondo e dalla storia, e la Cina che aspetta. L’Ucraina non c’entra niente anche se oggi paga per tutti e questa è la ragione principale della nostra pietà e del nostro dolore per lei, che è stata gettata da tutte le parti nella fornace senza alcun bisogno.
La vera risposta politica, non impotente e declamatoria (e se vera potrebbe essere meno irrealizzabile di quanto per il 99 per cento oggi appare), sarebbe una immediata trattativa da aprire tra Biden e Putin, che metta subito fuori della tragica scena l’Ucraina con un cessate il fuoco che lasci tutte le bocce ferme come in un fermo immagine, e postuli un mondo capace di sussistere (noi suggeriamo di dargli una Costituzione della Terra).
Se è vero come dicono i generali e i cultori machiavelliani della realpolitik che i negoziati e la pace si fanno tra nemici, quali nemici più veri di questi? Certo ci vorrebbero uomini di un’altra tempra. Ma Biden fin dall’inizio sta nella parte e lo sa benissimo anche se fa la bella figura di chi dice di non volere la guerra, non voler metterci dentro i soldati e la bomba, punendo piuttosto e aspettando il cadavere del nemico. Anche Putin sta assai nella parte e mentre era il più debole ha ostentato la forza di carri e soldati e poi ha compiuto il crimine di metterci la guerra e le bombe, ma più di Biden ha bisogno di uscirne senza arrivare al redde rationem finale. Il lancinante appello del Papa può aprire un varco, ma sono i protagonisti che devono oltrepassarlo, che devono fermare il massacro.
Dunque ci vuole qualcuno che rompa il cerchio magico (diabolico) della falsa ermeneutica corrente, che dica qual è il vero problema, che indichi la vera non impossibile soluzione, che riaccenda la perduta speranza.
RANIERO LA VALLE
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