«Non c’è un più minuto da perdere. Nel momento in cui la guerra uccide e divide, noi dobbiamo lavorare per la pace, per la vita e unire» dice Sergio Bassoli, coordinatore della Rete italiana Pace e disarmo. E così, dopo le tante iniziative contro la guerra dei giorni scorsi, diffuse in decine di piazze del paese, si è deciso di lanciare una manifestazione nazionale a Roma per sabato prossimo, 5 marzo. Si scenderà in piazza in nome dello slogan: «Contro la guerra, cambia la vita. Dai una possibilità alla pace».
Nel tardo pomeriggio di ieri c’è stata la riunione online, convocata per definire i dettagli organizzativi: «Facendo seguito alle mobilitazioni dei giorni scorsi, visto il peggiorare della situazione in Ucraina, l’aggressione militare russa, gli scontri armati nelle città, le colonne di profughi, la sofferenza della popolazione civile, invitiamo tutte le associazioni, i sindacati che hanno partecipato alla manifestazione di Roma e delle altre città», dicono dalla Rete Pace e disarmo.
Dunque, l’appello parte dalle organizzazioni che hanno manifestato a piazza Santi Apostoli sabato scorso: Cgil, Cisl e Uil assieme ad Arci, Anpi, Emergency, Legambiente, Forum Terzo settore.
Il corteo partirà dalle 13.30 da piazza della Repubblica per arrivare a piazza San Giovanni. Gli organizzatori condannano senza mezzi termini «l’aggressione e la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina», chiedono «il ‘cessate il fuoco’ e il ritiro delle truppe» e invocano «l’azione delle Nazioni unite per il disarmo e la neutralità attiva». «Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari – si legge nel testo di convocazione – Protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura. Siamo con la società civile, con le lavoratrici e i lavoratori ucraini e russi che si oppongono alla guerra con la nonviolenza».
E infine si schierano contro «l’allargamento della Nato» e favore della «sicurezza condivisa». Dai promotori arrivano anche forti critiche alla scelta di inviare armamenti sul campo di battaglia, fatta anche dall’Italia.
Secondo Francesco Vignarca, della Rete Pace e disarmo, «l’invio di armi non serve alla pace. Questa non è una posizione di etica morale dei pacifisti. È una cosa concreta: inviare le armi, in Libia, in Afghanistan, in Iraq, non è mai servito a migliorare niente. In quel caso addirittura non si trattava nemmeno di eserciti così strutturati. In tutto ciò ci sono problemi logistici: non si sa a chi possono finire in mano. Possono diventare non lo strumento che ferma il conflitto ma che lo alimenta». Inoltre, sostiene sempre Vignarca, inviare armamenti «è un modo indiretto che l’Europa sta avendo per entrare in un conflitto. Per alcuni forse è anche un modo per lavarsi la coscienza».
La rete, che oggi partecipa alla giornata di digiuno proposta da papa Bergoglio, si attende molte adesioni e una piazza gremita. «Ci sarà una partecipazione larghissima da tutta Italia – aggiunge Alberti, dell’esecutivo dell’organizzazione pacifista – La richiesta è alla Russia affinché si fermi, ritiri l’esercito. Innanzitutto diamo la nostra solidarietà alla popolazione ucraina e a quella russa che si sta opponendo a Putin».
Per domani, invece, annunciano una manifestazione i giovani ambientalisti di Fridays for future, che raccontano di aver raccolto la paura e il dolore dei loro compagni ucraini.
E ieri, mentre il parlamento votava la risoluzione sulla guerra, la rete No War Roma si è riunita davanti a Montecitorio dietro lo striscione «Vostre le guerre, nostri i morti. Né con la Russia né con la Nato». C’erano anche gli studenti medi del movimento della Lupa. «Siamo in piazza per dire no alla partecipazione del nostro paese alla guerra e all’escalation fomentata dai paesi dell’Unione Europea e dalla Nato», hanno spiegato gli studenti.
GIULIANO SANTORO
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