Dopo una settimana di colloqui infruttuosi tra Russia e Stati Uniti, l’attacco informatico di venerdì scorso ai danni di diversi portali governativi ucraini infiamma nuovamente le tensioni sull’evoluzione della crisi nel paese esteuropeo. Le minacce in russo, polacco e ucraino con cui gli hacker hanno sostituito i normali contenuti dei siti web hanno riacceso i timori sulla possibilità di un’escalation, dopo che dall’Estremo oriente russo sarebbero ripresi, accusano gli Stati uniti, i movimenti verso Ovest di mezzi ed equipaggiamenti militari – sempre in territorio russo.
D’altra parte, è stato proprio il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, ad affermare che Mosca avrebbe inviato agenti nell’Ucraina orientale per condurre un’operazione «false flag», tesa a creare il pretesto per un’invasione. «La nostra comunità di intelligence ha sviluppato informazioni secondo cui la Russia sta gettando le basi per un’invasione», ha detto. Parole riprese in maniera quasi analoga dai rappresentanti di Pentagono e Casa Bianca.
Sebbene il Cremlino abbia smentito prontamente le accuse, ribadendo quanto detto a Ginevra dal viceministro Sergej Rjabkov, erano anni che la situazione al confine russo-ucraino non era così tesa. A tal punto che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, starebbe cercando di organizzare un vertice trilaterale in videoconferenza assieme a Biden e Putin – mentre l’Ucraina aspetta il rientro dell’ex presidente Poroshenko per arrestarlo per «alto tradimento».
All’attacco informatico attribuito a Mosca è seguita la pronta risposta di Nato e Ue a sostegno di Kiev. «Nei prossimi giorni firmeremo un accordo per una maggiore cooperazione informatica», ha fatto sapere il segretario dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. Una ferma condanna è arrivata anche dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, che ha annunciato di aver convocato gli ambasciatori europei nel formato del Comitato politico e di sicurezza, per «analizzare la situazione e considerare ogni forma di sostegno alle autorità ucraine».
È il momento, ha aggiunto, che l’Europa agisca «come un attore politico», ma la Ue non ha una politica estera autonoma se non quella della Nato.
Comunque i paesi occidentali si allertano nell’eventualità di un nuovo conflitto su larga scala. Non solo in termini di sostegno a Kiev – nei giorni scorsi si sarebbe intensificato il programma di addestramento delle forze speciali ucraine che gli Stati Uniti conducono dal 2015, con la supervisione della Cia – ma anche economici.
Secondo la Reuters, il governo Usa avrebbe incontrato nei giorni scorsi le compagnie energetiche nazionali per discutere un piano teso a garantire le forniture di gas all’Europa, nell’eventualità di un’escalation in Ucraina. Una possibilità a cui le aziende guarderebbero con sospetto, vista la scarsa disponibilità di gas a livello globale e «nella difficoltà – hanno risposto – di corrispondere le quantità che ora arrivano dalla Russia». Il nodo dell’energia è decisivo: non solo per il caro prezzi e la dipendenza del continente dal gas russo,ma soprattutto perché Borrell ha legato il futuro del Nord Stream 2 (ancora in attesa delle ultime autorizzazioni delle autorità tedesche) pericolosamente alla crisi in Ucraina. «Non si può pensare di imporre sanzioni con una mano e aprire l’infrastruttura con l’altra», ha detto.
La settimana, iniziata con buoni auspici per la ripresa di un dialogo costruttivo tra Mosca e Washington, si conclude in un contesto di tensioni ancora maggiori. Dopo il secco «no» dei paesi Nato alla possibilità di sospendere la politica di allargamento ad Est, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha affermato che il proseguimento del dialogo «dipenderà dalla risposta specifica di Washington sulle garanzie di sicurezza, che Mosca si aspetta in forma scritta».
Il capo della diplomazia di Mosca ha ribadito che la comparsa di armi d’attacco e basi militari occidentali in Ucraina e nel Mar d’Azov, insieme all’arrivo di istruttori occidentali nel Donbass, rappresentano «linee rosse» per la Russia. «Nel 2008 in Georgia furono istruttori militari statunitensi ad insegnare all’esercito locale come utilizzare diversi tipi di armi: non vogliamo che ciò accada in Ucraina, sarebbe uno scontro diretto tra i cittadini russi e i militari della Nato», ha concluso.
ESTER NEMO
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