Era l’incredulità ieri a occupare i corridoi del tribunale per i reati contro la sicurezza dello Stato di Mansoura, sul Delta del Nilo. Ci si aspettava un rinvio, o addirittura la sentenza. Il giudice ha optato per una terza via: la scarcerazione di Patrick Zaki in attesa della prossima udienza, la quarta, che si terrà il primo febbraio 2022. A piede libero, dunque, o come dicono in Egitto quando un prigioniero politico esce dal carcere «sull’asfalto».
Non c’è stata assoluzione, il processo continua, ma è anche vero che dopo 668 giorni dietro le sbarre il giovane studente egiziano dell’Università di Bologna torna a casa dalla sua famiglia. Non più in una cella piccola, sporca, costretto a dormire a terra. I primi a non crederci erano proprio loro, i suoi familiari. In alcuni video si vede la sorella Marise camminare avanti e indietro fuori dall’aula con il telefono in mano, quasi non ci credesse. E poi il pianto, insieme alla madre.
Sul rilascio effettivo, ieri sera non c’erano certezze: potrebbe avvenire oggi, ma forse dovrà ripassare prima dalla maxi prigione di Tora, al Cairo, dov’era detenuto. Di certo, spiegava ieri all’Ansa Luban Darwish, rappresentante dell’ong con cui collaborava, l’Egyptian Initiative for Personal Rights, che «la procura non può fare ricorso contro la decisione».
L’udienza di ieri, la terza dall’apertura del processo lo scorso 14 settembre, è durata appena quattro minuti, Zaki li ha trascorsi nella cella destinata agli imputati, vestito con la tuta bianca. Al rappresentante diplomatico italiano ha detto di stare bene, ha alzato il pollice.
La sua legale, Hoda Nasrallah, ha chiesto alla corte di poter accedere all’intero fascicolo della procura per preparare la difesa, ai verbali della Sicurezza nazionale e alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo, dove Patrick è stato arrestato il 7 febbraio 2020 di ritorno dall’Italia. Poco dopo, l’annuncio del rinvio e del rilascio.
Non potrà lasciare l’Egitto, ma non sarà sottoposto a obbligo di firma, secondo quanto detto da Nasrallah all’agenzia egiziana Mada Masr. La libertà provvisoria non pone fine al procedimento legale: resta aperto il fascicolo per diffusione di notizie false (considerato reato politico) per cui rischia cinque anni, sulla base di tre articoli scritti per la rivista online Daraj sulle condizioni della minoranza copta.
Ieri l’intero – o quasi – spettro politico italiano ha festeggiato. Anche il governo, a partire dal presidente del Consiglio Mario Draghi che, riporta una nota di Palazzo Chigi, «esprime soddisfazione per la scarcerazione di Patrick Zaki la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione dal governo italiano».
Il ministro degli esteri Luigi Di Maio su Twitter lascia intendere un ruolo dietro le quinte della diplomazia italiana: «Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico». Un tweet che sembra confermare quanto riportato da fonti del ministero all’Adnkronos: Di Maio avrebbe avuto in merito una serie di incontri con l’omologo egiziano Sameh Shoukry.
CHIARA CRUCIATI
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