MATERIALITA’ DEL PENSIERO MAGICO E SFIDUCIA EPISTEMICA
Solitamente ci si aspetta che in una persona adulta (magari bianca, come pensava quel signorino di un filosofo di John Locke, mentre traeva ingenti profitti dalle azioni della Royal African Company, impegnata nella tratta degli schiavi) gli elementi raziocinanti dominino i comportamenti dimenticando che ci attraversano permanenti striature di pensiero magico/infantile, nevrosi e pregiudizi.
Questo articolo che ha la pretesa di una certa serietà, non di meno vuole iniziare con alcuni brevi dati nello stesso tempo realissimi e tragicomici, i quali caratterizzano una minoranza qualificata della società.
Secondo recenti statistiche, negli Stati Uniti dove vi sono 2 milioni di studenti in homeschooling, il 15% degli americani prende per buona la bufala che Bill Gates abbia creato il coronavirus, accusandolo di voler impiantare microchip che ci trasformeranno in docili cyborg. Venendo a noi, nel 2017, 3,6 milioni di Italiani hanno ricevuto almeno una prescrizione di antidepressivi mentre l’esercito che chiede aiuto a maghi e santoni si attesta sui 13 milioni, il tutto condito dal 47% di analfabeti funzionali di livello 3.
Così, quando un gran numero di persone sono afflitte dalla angoscia, da una mancanza di scopo oda una qualsiasi condizione di insicurezza mentale, i loro tentativi di fornire spiegazioni della loro condizione assumono un ritmo frenetico e la lotta a favore dell’irrazionale viene portata avanti con particolare disperazione. Il complottismo come segmento irrazionale contrapposto ad uno sgomento di un presente che ci terrorizza con la sua complessità, fornisce così una compensazione illusoria, specialmente, ma non solo, in soggetti debolmente istruiti.
Dietro ogni crisi sociale, c’è sempre una crisi psicologica, a cui dobbiamo saper contemporaneamente guardare sia in chiave individuale sia in chiave collettiva, come ci ha insegnato Freud, in un famoso saggio: “Psicologia delle masse e analisi dell’Io’’.
In alcuni periodi può verificarsi che certe disposizioni personali si incrocino con tendenze sociali e culturali pericolose: per esempio quelle che segnano il momento attuale, l’era della “post-verità”. Un’epoca in cui l’evidenza empirica dei fatti (a più vaccini corrispondono meno ricoveri; a più green pass corrispondono meno contagi) è quotidianamente messa in discussione con appelli emotivi alle credenze personali. Un processo accelerato dalla rivoluzione digitale che, assieme a un accesso generalizzato alle fonti di informazione (positivo, se si è capaci di discriminare nella rete), ha portato con sé la possibilità di diffondere a gran velocità informazioni manipolate o distorte.
Al di là di atteggiamenti di oscurantismo antiscientifico (presenti in ogni epoca e in molte tirannie ideologiche o politiche), i sentieri tortuosi della sfiducia epistemica possono arrivare a rifiutare i progressi della ricerca medica e scientifica, con le loro ricadute sulla collettività, in nome di convinzioni e sentimenti del tutto personali.
Come tutti i meccanismi psicologici di difesa, la sfiducia epistemica è una “scelta” di semplificazione autoprotettiva (di base individualistica ma facilmente organizzabile in una dimensione collettiva) a fronte di una complessità vissuta come troppo incerta o pericolosa.
In definitiva, sembra venuta meno quella capacità adattiva, fondamentale per lo sviluppo filogenetico della nostra specie, la quale prende forma nell’ambito delle prime relazioni e consente ai bambini di apprendere dal prossimo le conoscenze necessarie a orientarsi nel mondo complesso che li circonda. Fidarsi dell’autorevolezza del comunicatore significa anche non dover tornare sulle conoscenze precedenti ogni volta che si incontrano nuove informazioni.
PSICOLOGIA DEL COMPLOTTISMO
Si possono individuare due matrici fondamentali di quella degenerazione che possiamo definire con il termine complottismo, ossia la tendenza ad immaginare azioni malvagie ordite e compiute da altri in maniera organizzata per colpire la nostra libertà individuale, una comunità o un paese. Entrambe queste matrici si riferiscono ad un funzionamento infantile del pensiero.
La prima matrice consiste nel meccanismo della proiezione. Attraverso questo processo, il bambino reagisce ad eventi ostili. L’angoscia originata dalla separazione avvenuta con il parto, dalla frustrazione dei bisogni e dalla condizione fisiologica del bambino, minaccia di travolgere l’Io ancora scarsamente coeso, oscillante tra integrazione e frantumazione, e assume precocemente il carattere di angoscia persecutoria.
Il meccanismo psichico della proiezione esteriorizza quei moti pulsionali che il bambino avverte come una sorta di minaccia interna poiché sovrastano la sua capacità di padroneggiarli. Questa proiezione si rivela efficace nel difendere il soggetto perché trasforma l’indeterminatezza dell’angoscia che non ha un oggetto definito, in localizzazione esterna attraverso un oggetto pauroso, ad esempio un grosso cane, consentendo di circoscriverla e di solito di disinnescarla. È il notevole vantaggio procurato dalla fobia: evitando l’oggetto della paura si neutralizza l’oggetto dell’angoscia. Nel caso della pandemia, la strategia fobica (misure igieniche, comportamenti prudenti, distanziamento sociale, etc.) si è rivelata insufficiente ed ha suscitato in molti una regressione infantile del pensiero.
La seconda matrice, di stampo animista, definisce un atteggiamento magico/superstizioso, tipico dei popoli primitivi, che consiste nel conferire intenzionalità, cioè anima, agli eventi della natura che rivelano la nostra impotenza: una tempesta o una siccità non sono semplici fenomeni naturali, ma manifestazioni di una volontà soprannaturale. L’esito è quello di attribuire un senso recondito a qualcosa che in sé non ne ha alcuno. L’inadeguatezza dell’uomo a governare i fatti naturali trova nel pensiero animista una sorta di rifugio irrazionale.
Non è difficile cogliere come questo atteggiamento si possa rintracciare nelle tendenze complottiste, oggi particolarmente attive: quando l’umano è confrontato a qualcosa che lo sovrasta e che scompiglia l’ordinario senso delle cose, egli può tendere a fantasticare l’esistenza di causalità misteriose per ricostruire in qualche modo la trama lacerata del senso. La fantasia che trame politiche, grandi interessi finanziari, alleanze internazionali, industrie farmaceutiche, minaccia cinese che abbia creato un virus fasullo, permettendo così legislazioni autoritarie emergenziali che privano i cittadini dei loro diritti fondamentali, è un chiaro esempio di pensiero di tipo animista.
Invece di affrontare consapevolmente la precarietà oggettiva della nostra condizione che il Covid ha messo drammaticamente in evidenza, appare meno angosciante attribuire questo incubo a forze oscure. Individuando nella volontà igienista della vaccinazione di massa uno Stato sadico al servizio del sistema e del potere, il complottismo preserva l’innocenza dell’uomo primitivo che attribuisce la tempesta o la siccità alle forze sovrumane di dei senza pietà.
SUL GREEN PASS
Lo spirito del tempo, il nostro tempo, storico e culturale, è quello della rivendicazione di libertà individuale, sottratta a ogni condizionamento e mediazione con la libertà collettiva, connotato, sempre più, per una moltiplicazione e ipertrofia dei diritti individuali del singolo, di contro ai diritti comuni e sociali. L’impianto accusatorio, quello sul ‘’green pass’’ poggia infatti in buona misura sui concetti di limitazione della libertà personale e di discriminazione.
Fortunatamente, in realtà, siamo ancora all’interno di un contesto nel quale le libertà individuali sono pienamente garantite per almeno tre semplici ragioni:
-1 siamo di fronte a un’emergenza sanitaria e tale emergenza richiede procedure che sono sempre state adottate in questi casi a tutela degli interessi della comunità: si pensi alla vaccinazione di massa svolta ai tempi del colera di Napoli del 1973, per cui è assolutamente improprio sostenere che ci troviamo in un’epoca in cui l’eccezionalità è diventata la regola, e che l’obbiettivo sia il controllo dello Stato sulla cittadinanza;
-2 non vi è alcuna pretesa di discriminazione tra cittadini. Contro quanto sostenuto, offensivamente, da chi ha paragonato l’adozione del Green Pass all’istituzione delle leggi razziali contro la popolazione di origine ebraica nel 1938, tale adozione non induce nessuna discriminazione tra classi di cittadini, avendo come suo scopo semplicemente la protezione della società nel suo complesso, riducendo la possibilità di contagio nell’incentivare le vaccinazioni;
-3 non vi è nessuna repressione della libertà individuale, in quanto è condizione arcinota nelle comunità che la libertà di una persona finisca quando lede la libertà di un’altra. Pensare il contrario sarebbe equivalente a sostenere che l’adozione di regole di circolazione sia lesiva della libertà individuale di movimento.
Parole come “stiamo preparandoci a un regime” nel quale “la tessera verde costituisce coloro che ne sono privi in portatori di una stella gialla virtuale” o riferirsi a pratiche consolidate all’interno di Stati, come Cina ed ex Unione Sovietica, non sono che volgari boutades, che fra l’altro richiamano quelle rappresentazioni che sono frequentemente utilizzate dalla destra conservatrice per osannare gli imperativi del mercato e invocare l’arretramento dello Stato, ma che con la pandemia non hanno alcuna attinenza.
Si può ritenere allora il No green pass, tendenzialmente come un movimento, contraddittorio e politicamente del tutto frastagliato che esprime una concezione aristocratica e allo stesso tempo stracciona della libertà. Ovvero, un’altra faccia della vasta egemonia della destra.
La responsabilità non è soltanto di pochissimi intellettuali, quasi tutti disgraziatamente filosofi, traditi dalla propria appartenenza piccolo borghese, in irreversibile declino di autorevolezza nel dibattito pubblico; mancati filosofi-re con un ego ipertrofico, i quali si calano sulla cronaca spicciola credendo di potersi inventare chissà quali battaglie.
I dati, inconfutabili, ci dicono che la stragrande maggioranza degli esseri umani è ancora in salute grazie al vaccino. I controlli sono necessari, poiché lo Stato non può consentire che la libertà sfrenata e pericolosa di qualcuno possa compromettere la libertà e, ciò che più conta, la vita di altri.
Una volta si scioperava per le morti bianche, per i salari, per la disoccupazione. Ora i porti si fermano per opporsi alla scienza. Il degrado è figlio di alcuni partiti e di quel sistema mediatico che insiste sul tema, abbassandone sempre più la qualità mentre asseconda quel vezzo di giustapporre tutte le opinioni, come se avessero la stessa dignità (persone con evidenti zoppie grammaticali di base che virano sulla epidemiologia etc.).
Non si entra tanto nel merito delle questioni, quanto l’occasione che tali posizioni offrono di sentirsi parte di una visione e soddisfare il proprio bisogno di (ridicolo) protagonismo ed alterità.
CHE FARE?
Le regole, come sempre, da sole non bastano. Ci vuole un investimento politico e culturale che creda nella possibilità di trasformare la sfiducia, l’esitazione, il rifiuto di milioni di italiani nei confronti del vaccino e in generale della scienza medica. Una visione di tutta la comunità politica, alleata con quella scientifica, che aiuti le persone a orientarsi nella crisi sociale e culturale della post-pandemia.
Consapevoli di non poter convincere tutti, bisogna puntare sulla costruzione e il finanziamento di un rapporto più solido tra la scienza, la medicina e il cittadino, un dialogo che parta dalle scuole e arrivi agli ospedali, un insegnamento che dia priorità alle evidenze scientifiche, ma ascolti le emozioni sul nascere e sappia decostruire i pregiudizi.
E’ probabile che non sarà lo Stato a riparare sentimenti di sfiducia nati anche nell’infanzia, amplificati da una scarsa istruzione scientifica e poi coltivati su internet. Mancano, dietro e dentro di noi, le figure di riferimento per attivare quella fiducia epistemica di cui abbiamo parlato.
Infine, cari no vax, che ritenete che un vaccino a RNA messaggero possa alterare il vostro DNA cellulare, pensateci bene, per voi sarebbe davvero l’opportunità della vita.
LUCA PAROLDO BONI
26 novembre 2021
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