L’evoluzione della pandemia porta sui tavoli della politica il tema di un obbligo vaccinale generalizzato, e di un green pass «rafforzato». Al tempo stesso, assistiamo a follie di massa come il covid party in Alto Adige, volto a cercare la compagnia degli infetti al fine di contagiarsi. Visti i numeri, è l’ultima cosa di cui l’Alto Adige ha bisogno, e un regime di restrizioni si avvicina. Ma la provincia di Bolzano ci ha già mostrato una pandemia differenziata, figlia dell’autonomia.
La Costituzione permette l’obbligo vaccinale, con la chiara formula «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Il vincolo è sull’atto formale – esclusivamente una legge – che può imporre l’obbligo.
Certo, vanno rispettati principi di precauzione, proporzionalità, necessità. Per questi, si predispongono gli strumenti e i limiti utili, sufficienti e necessari a prevenire o ridurre un pericolo temuto. Principi che una valutazione obiettiva dei fatti, e consapevole del sapere scientifico (salvo opinioni del tutto isolate), ci mostra pienamente osservati da un obbligo generale di vaccino.
Conosciamo già, in qualche caso da molti anni, vaccinazioni obbligatorie. È davvero singolare la sollevazione per il Covid-19 di una frangia del tutto minoritaria, ma non inconsistente, della popolazione, che si muove tra la negazione dell’evidenza dei numeri e ridicole tesi complottiste. In specie, è certo possibile una speculazione di Big Pharma sulla vendita dei vaccini. Che però non si contrasta rifiutando il vaccino, ma piuttosto battendosi per il superamento dei brevetti e la liberalizzazione della produzione.
Il tutto nulla ha a che fare con la libertà di manifestazione del pensiero o altra libertà. Lo suggerisce, ancora, l’art. 32 della Costituzione con la formula per cui la salute è «fondamentale diritto dell’individuo», ma anche «interesse della collettività». Un obbligo vaccinale è imposto anche e soprattutto per la tutela di tutti. Un solido fondamento – sempre nell’osservanza dei principi prima esposti – per limiti nella vita di relazione.
Le stesse considerazioni valgono per il green pass rafforzato. Se mai, una debolezza la vediamo proprio per il caso che manchi il fondamento di un obbligo di vaccino, che è sempre stato la strada più sicura e incontestabile. Era ragionevole il dubbio sin dal primo momento prospettato da parte sindacale sul green pass sui luoghi di lavoro, e la contestuale preferenza per l’obbligo di vaccinazione. Che, introdotto per tempo in termini generali, avrebbe probabilmente contribuito anche a prosciugare l’area del dissenso e il rischio di infiltrazioni di forze eversive tra i No-Vax e i No-Pass.
Per qualche improvvisato giurista un obbligo vaccinale non potrebbe essere garantito nell’applicazione. Ma la nostra vita è costellata di obblighi, la cui effettività viene dalla spontanea osservanza. Se così non fosse, ad esempio, bisognerebbe presidiare con un carabiniere ogni semaforo rosso. Né vale argomentare che obbligo vaccinale e green pass rafforzato introdurrebbero discriminazioni a danno di alcuni. Non è violato il principio di eguaglianza, essendo evidente la situazione diversa – per la maggiore possibilità di infettarsi e capacità di contagiare – di chi non è vaccinato.
Ma perché, a fronte di una amplissima maggioranza di vaccinati, la politica si preoccupa tanto dei non vaccinati? Perché un pensoso governatore leghista come Fedriga guarda ai pochi che potrebbero perdere il posto di lavoro, e non ai molti che sarebbero indebitamente esposti a maggiori rischi per l’ambiente di lavoro condiviso con chi rifiuta il vaccino? La risposta è nelle flatulenze interne a singoli partiti e nella fragilità di una politica liquida, sotto pressione dai social, con una maggioranza di separati in casa a Palazzo Chigi, e la possibilità di elezioni a breve. Si gratta il fondo del barile, e nel pastone quotidiano vince il gossip. Salvini controlla i suoi, in specie a Nordest? Conte è il vero leader di M5S? Letta che vuole fare con Renzi? E chi va al Quirinale?
Un contesto paludoso può portare ad errori. Ad esempio, la direttiva dell’Interno sul divieto di manifestazioni è sicuramente incostituzionale se applicata in prospettiva a tutte quelle svolte nei centri storici, a prescindere dalla natura, dagli obiettivi, dalla pericolosità. Per la pandemia che ha da tempo contagiato la politica il vaccino non l’abbiamo.
MASSIMO VILLONE
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