Lettere di lotta e di disperato amore

Due anni fa, prima che scoppiasse la pandemia, girovagavo, come spesso mi accade con compiaciuta consapevolezza e voglia, tra gli scaffali delle librerie. Non quelle internettiane, che pure sono...

Due anni fa, prima che scoppiasse la pandemia, girovagavo, come spesso mi accade con compiaciuta consapevolezza e voglia, tra gli scaffali delle librerie. Non quelle internettiane, che pure sono ricchissime di titoli, ma quelle dove puoi sbirciare i titoli dei libri da cima a fondo, soffermarti a guardarne le copertine curvando un po’ il capo, procurandoti anche un certo torcicollo.

Nella sezione dei libri appena freschi di stampa vedo Rosa Luxemburg che incede per le vie di Berlino, in una foto che è un piccolo capolavoro di ritratto. Afferro il testo e ne leggo il titolo: “Lettere di lotta e disperato amore“, con la pregevolissima prefazione di Lelio Basso, il più grande studioso italiano della rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca. Un libro così ha la precedenza negli acquisti su qualunque novità editoriale: è un po’ come andare a vedere un film che prescinde dai circuiti commerciali e sfugge alla moda del momento. E poi si trattava, e si tratta tutt’ora, di un evergreen, di un cult per chi si interessa tanto di politica quanto di sociologia, senza per forza essere comunista o socialista.

Rosa Luxemburg si può anche scoprirla ed iniziare a conoscerla guardando il bellissimo film di Margarethe von Trotta “Die Geduld der Rosa Luxemburg(nella versione italiana il titolo è “Rosa L.“).

Oppure tramite il migliaio di lettere e cartoline che ha lasciato ma, obiettivamente, se si vuole davvero comprendere la sua corrispondenza privata è necessario prima di tutto viverla pubblicamente, per quel che la sua vita è stata nella vera essenza, nell’ancestralismo vigoroso della rivoluzionaria che ha interpretato tutta l’esistenza come dedizione alla conoscenza delle condizioni di sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano e sulla necessità del superamento di questo degrado frutto del cosiddetto “sviluppo economico” e sociale.

Lelio Basso appunta e nota con grande cura che tracciare un ritratto psicologico della Luxemburg sarebbe un vero azzardo se lo si volesse fare solamente tramite le lettere scritte al grande amore della sua vita, Leo Jogiches; così come se si pretendesse di attribuirsi questa prerogativa attingendo dalle altre relazioni epistolari tenute da Rosa, ad esempio con Franz Mehring o Klara Zetkin. Ognuna di queste opere letterarie, non volutamente tali, è, presa a stante, una miniera di informazioni sui rapporti personali tra la più vasta pletora possibile dei dirigenti dei partiti operai e socialdemocratici dell’epoca.

Dalla Polonia alla Russia, dalla Germania alla Svizzera, dalla Francia persino all’Italia. Rosa Luxemburg intreccia vita privata e vita pubblica, lavoro per sopravvivere e politica per vivere e alimentare la propria passione, e distingue solo se si tratta di andare nel privato del privato, in quello specialissimo interscambio di sentimenti dolcissimi e rabbiosi, teneri e disperati che sono l’esclusività che vive con Leo.

Mentre condivide con lui giudizi critici su questo o quell’articolo dei quotidiani su cui scrive, sui resoconti dei suoi comizi e dei suoi interventi alle riunioni di partito, la necessità di abbandonarsi alla vita intima, all’interiorità che cova desideri spesso soffocati dalle dure esigenze del tempo (la lontananza, l’indigenza, le repressioni poliziesche, la censura, l’antisocialismo dei governi e – ovviamente – della classe borghese, le guerre, la prigionia…), Rosa gli rimprovera spesso di essere un pedante maestrino, un esegeta eccessivo, umorale e poco presente nel rapporto affettivo che lei tiene vivo.

Come in qualunque coppia costretta a vivere per corrispondenza molto tempo del proprio amore, le lettere si susseguono più ancora quando le crisi sono dietro l’angolo; ed è un vero peccato che si sia salvata solo il carteggio di Rosa e non ci sia giunta integra nemmeno una risposta di Leo. Sarebbe stato davvero molto interessante conoscere anche i suoi giudizi su personaggi e scritti dell’epoca, nonostante il parere della Luxemburg, per ciò che ha rappresentato (senza nulla togliere all’impegno sociale e politico di Jogiches), debba considerarsi oggettivamente più rilevante rispetto a quello del suo compagno.

Sarebbe certamente di notevole interesse se, accanto all’antologia di lettere pubblicata da Feltrinelli, ne seguissero altre, così da poter ricostruire sempre meglio quella straordinaria visione dell’esistente che faceva di Rosa Luxemburg non solo una donna innamorata sempre pronta a mettersi in discussione in un rapporto dialettico tanto con l’amore quanto con il resto della realtà che la circondava, ma pure una rivoluzionaria comunista priva di intransigenza dogmatica ma assolutamente determinata a far valere la sua critica senza appello al capitalismo: soprattutto nella sua moderna espansione imperialistica tramite il fenomeno del colonialismo.

Sebbene Lenin le avesse benevolmente rimproverato tutta una serie di errori («…si è sbagliata sulla questione dell’indipendenza della Polonia; si è sbagliata nel 1903 nella sua valutazione del menscevismo; si è sbagliata nella sua teoria sull’accumulazione del capitale; si è sbagliata quando nel luglio 1914, accanto a Plechanov, Vandervelde, Kautsky, ecc., ha difeso l’unificazione dei bolscevichi e dei menscevichi; si è sbagliata nei suoi scritti dalla prigione nel 1918 (per altro, essa stessa, dopo essere uscita di prigione, alla fine del 1919 ha corretto una gran parte dei suoi errori). Ma malgrado i suoi errori essa è stata e rimane un’aquila»), valutazioni soggettive e decisamente influenzate dall’esperienza sovietica dei primissimi vittoriosi anni del bolscevismo e della strutturazione del nuovo ordine economico, sociale e statale, Rosa Luxemburg, a distanza di oltre un secolo dalla sua morte, è una effervescenza di un marxismo antidogmatico e libero dalle ombre di qualunque autoritarismo perpetrato nel nome del comunismo.

Anche dal rapporto epistolare con Leo Jogiches, si percepisce una crescita politica che si nutre di teoria, di studio, di approfondimenti che sono essenziali, tanto quanto il suo amore per un uomo, per avvicinarsi sempre di più alle ragioni di una vita troppe volte crudele e incomprensibile.

La contemplazione naturalistica presente in tanti suoi scritti si affianca ad un socialismo dal volto non solamente umano, ma anche animale, a misura di essere vivente e di tutto quello che ci circonda: la descrizione puntigliosa e meticolosa dei suoi fuori, degli uccellini che le fanno visita tra le sbarre della prigione o del piccolo giardino ricavato dentro le mura delle vecchie carceri prussiane, somigliano a tanti variegati dipinti, fatti di mille colori e sfumature.

Rosa coltiva la bellezza della vita nella lotta allo sfruttamento, al capitale, al profitto e alla sopraffazione. La coltiva nell’opporsi lei, donna e rivoluzionaria, ai pregiudizi maschili che le vengono risparmiati perché è una eccellente studiosa, che sa utilizzare le parole scritte e che sa trasportarle in appassionate perorazioni contro i giudici e i pubblici ministeri che la accusano di disfattismo antinazionale o di eversione. Accuse che rivendica e fa proprie e che, purtroppo, non possiamo leggere nelle lettere perché per tutto il periodo del primo conflitto mondiale non abbiamo traccia di corrispondenza alcuna.

La lotta e il disperato amore sono Rosa Luxemburg. La seconda parte delle lettere che troverete nel libro mostrano un distacco molto forte con Leo Jogiches. Qualcosa è accaduto, ma non sapremo mai con certezza cosa sia avvenuto per spingerla a non volerlo vedere nella Berlino dei primi anni del ‘900, nonostante a dividerli vi siano pochi isolati. 344 lettere fanno così un percorso breve: c’è sempre meno spazio per l’amore; vi si parla di questioni interne al partito, del precipitare di eventi antisociali nella Germania che ha sogni di gloria imperiale al di là dei suoi confini. Addirittura Rosa dà del “voi” a Leo che, affettuosamente, chiamava sempre “Dziodzio“.

Gli anni si susseguono in un vortice di cambiamenti continentali e mondiali che travolgeranno anche le vite di Rosa e di Leo. Spezzandole. Ma la lotta nel suo nome, in quello di Karl Liebknecht e del clandestino, inafferabile Jogiches, continuerà. Soprattutto in Germania, nonostante la catastrofe nazista che si sarebbe abbattuta sull’evanescente sogno democratico del primo dopoguerra…

LETTERE DI LOTTA E DISPERATO AMORE
ROSA LUXEMBURG, FELTRINELLI, 2019
€ 9,90

MARCO SFERINI

17 novembre 2021

foto: particolare della copertina del libro

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