Al centro della divisione nazional-popolare sull’opportunità o meno di vaccinarsi sta il rapporto tra noi stessi e il resto del mondo, inteso come un insieme di relazioni, tutt’altro che omogenee fra loro, che riguardano il potere economico, quello politico e i risvolti tanto individuali quanto collettivi che si possono riscontrare.
Se per il no-vax il dilemma principe è cosa diamine ci sarà mai in quei vaccini che classificano come “sieri genici“, nonostante la scienza medica lo dica apertamente, per i no-pass il problema è più socio-politico. Ma entrambi si incontrano su un punto di principio: la libertà personale è inviolabile e l’interesse del singolo prevale oltre ogni irragionevole dubbio sulla necessità di proteggersi dal Covid-19 con il vaccino e con il certificato verde.
Al centro della tenzone che tiene banco nel secondo anno della pandemia, c’è dunque la persona, la sua mente, la sua fisicità, il suo essere insieme individuo e cittadino, essere senziente e (si spera) pensante con l’essere civile, morale e sociale. I dibattiti televisivi e le querelle internettiane spesso trascendono questi aspetti strettamente legati alla percezione soggettiva di una oggettività manifesta quale è l’infezione globalmente diffusa.
Ci si concentra sugli effetti e quasi mai sulle cause di determinati comportamenti. Così come si tralascia di analizzare preventivamente tutta una scala di paure e fobie che sono sorrette da incertezze sociali, da disagi psicofisici, da debolezze strutturali che investono milioni di cittadini e che, comunque, non danno adito ad accampare nessun alibi per le manifestazioni di piazza sfociate nelle violenze, negli attacchi ai giornalisti e alla libertà di informazione, nell’insulto gratuito e nell’anatema costante e reciproco tra sostenitori della vaccinazione e acerrimi detrattori.
Perché, se da un lato elementi inculturali, antisociali e sociofobici del tutto personali si manifestano attraverso la rabbia di chi non sente più vicino a sé il ruolo pubblico delle istituzioni repubblicane, dall’altro lato è pur vero che non tutto quel popolo che soffre un pesante disagio personale, dovuto alle condizioni di indigenza più varie (ma ben note), fa spallucce davanti alle evidenze scientifiche con una insopportabile prosopopeica saccenza, oppure si lascia manovrare dai neofascisti e dai fantasisti di complotti per le vie e le piazze del Bel Paese.
Sarebbe fin troppo semplice attribuire delle etichettature classificatrici e semplificatrici del fenomeno no-mask prima, no-vax poi e no-pass ora. Sarebbe molto facile affermare che si tratta di quei soli strati sociali sottoproletari che non conoscono da molto tempo una relazione con quella società che li ha marginalizzati e buttati nel buio dimenticatoio di qualche angolo periferico delle grandi città o anche di piccoli centri di provincia. Non è così. Alle manifestazioni negazioniste del Covid-19 e anti-Green pass partecipano cittadini di (quasi) ogni ceto sociale. Partecipano singoli e gruppi, associazioni, partiti improvvisati e anche storiche formazioni che si richiamano – il più delle volte – al conservatorismo becero dell’estrema destra.
Dunque, la divisione netta tra no-vax e sì-vax non esiste se non nelle forme e nei modi che di volta in volta compongono e scompongono un disomogeneo quadro evolutivo tanto della pandemia quanto del suo riflesso massmediatico su una larga parte della popolazione pronta a credere all’ultima verità probabile (dunque anche possibile) che sia – questo è una sorta di moloch non trascurabile – fermamente antitetica a quel “senso comune” che oggi è di moda chiamare “mainstream“.
Girano per la rete tante di queste cartoline grafiche dove si vedono spiegazioni sui contagi prodotti dai vaccinati, che finirebbero con l’uccidere o, nella meno cruenta delle ipotesi, col contagiare gravemente e consegnare alla pubblica diffamazione proprio colui che viene considerato la vittima quasi predestinata di tutto ciò: il non vaccinato. Corroborate da valanghe di espressioni favorevoli al meme, contro la narrazione del sistema, queste pubblicità regresso fanno il giro della rete, si insinuano nelle menti sprovviste di una protezione critica e diventano l'”altro mainstream“, così dogmatico da essere impenetrabile a qualunque obiezione.
Mentre gli scienziati si confrontano, si mettono a disposizione della critica accademica, di quella più semplicisticamente giornalistica e si lasciano persino sbeffeggiare da una parte minoritaria di popolazione che li deride in quanto servi sciocchi delle multinazionali del farmaco, i no-vax e i no-pass non hanno dubbi: in ogni manifestazione ripetono che il vaccino è uno strumento di controllo delle masse, che i dati ufficiali sono tutti falsi o, comunque, alterati in modo tale da creare panico tra la popolazione, che i bambini non si toccano, che loro sono il popolo e che esiste un più grande complotto mondiale per ridurre il numero degli abitanti umani di questo pianeta.
Il livello di fanatismo che hanno raggiunto queste minoranze rumorose del sabato pomeriggio è tale da incontrare favorevolmente il consenso di altri ottundimenti cerebrali: quelli della minoranza ecclesiastica che considera i vaccini alla stregua di un’opera satanica. Sono finiti però i tempi in cui erano i papi ad affermare che l’antivaiolosa era opera dell’angelo precipitato da Dio nelle tenebre perché frutto delle ricerche di qualche medico che rischiava di fare ombra al potere terapeutico della preghiera… Francesco e la Congregazione romana hanno detto con nettezza che vaccinarsi è un atto d’amore verso sé stessi, gli altri e un dovere quindi morale.
Ma c’è sempre qualcuno che deve fare la parte di chi l’ha capita meglio di un altro e che, quindi, è maggiormente nella ragione rispetto ad una moltitudine di ottusi cui, non si sa bene come, vengono privati della loro volontà, della capacità critica e del (cosiddetto) libero arbitrio per essere asserviti in tutto e per tutto ad un potere politico diretto da quello economico.
E questa sarebbe l’unica vera parvenza di veridicità che si fa avanti in mezzo a tante sciocchezze diffuse proprio per allontanare tanti milioni di poveri sfruttati e anche di ceto medio da una saldatura sociale che permetta loro di rivendicare i veri diritti attraverso cui è possibile rivendicare anche gli altri: quelli sociali, quelli che mirano a migliorare la vita materiale di ognuno di noi fronteggiando le prepotenze confindustriali e quella tendenza liberista del capitalismo moderno a sfruttare tutto e tutti per garantire una concentrazione delle ricchezze in mano a sempre meno famiglie e gruppi di controllo delle multinazionali.
Per sedici settimane, qualche milionata di italiani ha manifestato inscenando le più vergognose esibizioni di un armamentario di aggressività, muscolarità verbale e fisica, avversione pregiudiziale e criminalizzazione di qualunque persona, istituzione o atto volto a sostenere il principio per cui i numeri sono irrefutabili, sono fatti. Ma chi ormai è ricolmo di pregiudizi dogmatici non si lascerà certo convincere dai dati della Fondazione Gimbe sulla differenza che intercorre in questi giorni tra ospedalizzati oppure tra i deceduti non vaccinati e quelli invece che avevano fatto entrambe le dosi.
Si ritorna al principio di queste considerazioni: la divisività è così forte e rigidamente assunta da tanti antivaccinisti e da tanti critici del certificato verde (tanti, molti ma non certamente tutti), perché si tratta di noi stessi, in prima persona.
Ma una primazia personale che va ben oltre la tutela più che logica, giusta, giuridicamente necessaria dei diritti naturali e positivi, soggettivi e collettivi che siano, perché la pretesa è di sovrastare proprio l’etica comune che si esprime attraverso il diritto, attraverso la formulazione di direttive, di leggi che – per quanto imperfette e piegate anche ad altre politiche di segno liberista – disciplinano comportamenti in funzione di una tutela generale della salute.
Il biennio pandemico ha prodotto, tra l’altro, una ondata di manicheismo forse inusitato, tanto quanto il periodo di cosiddetta “eccezionalità” in cui viviamo, che lascerà sul selciato delle nostre strade cicatrici profonde, lacerazioni morali e (pseudo)intellettuali non da poco: molti di noi hanno iniziato ad affermare che finalmente capivano con chi avevano a che fare proprio grazie alla divisione tra “no-vax” e “sì-vax“. E’ una schematizzazione reciproca, che coinvolge tutte le sfumature e tutte le pieghe che intercorrono nelle diversissime posizioni interne tanto all’uno quanto all’altro campo.
Qualcuno un giorno invocherà la “pacificazione nazionale” e una sorta di “memoria condivisa” anche per questo. E la storia si ripeterà – come diceva Marx – ancora una volta in una plateale farsa.
MARCO SFERINI
11 novembre 2021
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